Kaneshi, che stava osservando i suoi ospiti attraverso la sfera di cristallo mentre sorseggiava di tanto in tanto il suo prezioso Rosé d'Amour, sorrise non appena vide il suo esercito prendere vita dal rosso pavimento. Fece di più, si lasciò andare ad una risata, che mano a mano diveniva sempre più folle, fino a renderla incontrollata.
Kaneshi ebbe un attimo in cui perse completamente la testa, e in considerazione di ciò lanciò il bicchiere ancora con un po' di vino all'interno dall'altra parte della sala. Si alzò dalla poltrona, rinunciando alla sua comodità. Inarcò la schiena e spalancò le braccia più che poteva. «Finalmente, FINALMENTE! Il mio esercito si è risvegliato dal suo profondo sonno! Tutti i miei sudditi avranno l'occasione di vedere i volti dei nuovi ospiti e di fare la loro più lieta conoscenza!». Inarcò la punta delle sopracciglia verso l'alto e corrugò di poco la fronte. «Ve ne prego, umili ospiti: fateli tornare a ballare! Sono rimasti immobili per molto tempo. Fate in modo che con voi possano tornare a ballare come un tempo». Prese fiato nei polmoni. «Soprattutto voi: giovani dai capelli platinati e aurei! Sono certo che il mio esercito si ricordi dei vostri volti e dei vostri sguardi tanto differenti quanto identici!». In quel momento all'interno della sfera di cristallo comparirono i volti zoomati dei due fratelli Jonesty, dal più grande al più piccolo. «Visto che per voi sarà la seconda volta, chiedo di accontentare la mia richiesta più chi chiunque altro nella sala! FATELI BALLARE COME SI DEVE!». Dopo aver detto ciò con tutto il fiato e l'enfasi che aveva, Kaneshi si lasciò cadere all'indietro, atterrando subito dopo sulla poltrona, ritornando al suo comfort.All'interno della sala rubìno erano comparse un numero esorbitante di quelle strane figure raccapriccianti. I Senshi non avrebbero saputo dire quante. Quaranta, o forse cinquanta. Tutte, nessuna esclusa, sembravano impegnate a muoversi sul posto, come se si stessero stiracchiando. Però, non si udiva il benché minimo rumore di ossa che scrocchiavano.
«C-Che cazzo sono queste orripilanti merde deformi?!», disse Alex, inarcando marcatamente un sopracciglio.
«M-M-Ma sono comparsi dal nulla! Cioè, dal terreno! Com'è possibile?», commentò Matt, con sguardo più che smarrito.
«Sicuramente si trattava di una trappola», intervenne Aaron, a bassa voce, come se fosse impegnato a riflettere.
Un frangente più tardi, Candy iniziò a domandare ad Irina come mai l'avesse fatta salire così in alto. Mentre la maga raccoglieva lo scettro da terra, riferiva alla sua compagna ciò che aveva visto. «Era un gufo... Anzi, una civetta».
Nello stesso momento, la ragazza di ghiaccio sentiva i commenti di Alex riguardanti l'aspetto delle figure comparse dal suolo, oltre a Matt che parlottava con sé stesso domandandosi se i nemici fossero forti come Aries o meno.
«E poi... ho visto la sua testa girata dall'altra parte», continuò a dire Candy.
La temperatura corporea di Irina scese di ben quattro gradi e dai suoi piedi si formarono delle scie di ghiaccio, che viste dall'alto formavano un fiocco di neve. «Fate silenzio», disse, creando all'istante una gelida quiete. Subito, i suoi compagni di squadra la guardarono. Anche le sagome nere si erano immobilizzate per dei brevi attimi. Alex sembrava sul punto di dirgli qualcosa per averlo zittito, ma non ebbe tempo, poiché la russa ricominciò immediatamente a parlare. «Siamo caduti nella loro trappola. Quasi sicuramente sarebbe stato impossibile evitarla, e forse non ha nulla a che vedere con la civetta che ci stava osservando». Gli occhi di Candy si spalancarono, poiché si rese conto del perché le avesse chiesto di raggiungere quell'angolo in alto.
«Ehi, ehi... di che diavolo stai parlando?», domandò Alex.
Irina lo guardò. «Volete davvero dirmi che sono stata l'unica a rendersene conto?». Poi guardò Akai, come per dire: "Neanche tu l'avevi notato?". Ad ogni modo, lo sguardo di Akai lasciava trasparire smarrimento, di conseguenza la risposta sarebbe stata negativa. La ragazza sospirò. «Da quando siamo entrati in questo territorio, mi sono stranamente sentita osservata. Avevamo appurato che nelle vicinanze non vi era nessuno, ma comunque questa sensazione non accennava ad abbandonarmi. Entrati nel castello, l'ho percepita in maniera esponenziale, e dopo un po' ho individuato l'artefice di tutto ciò. Tuttavia, non potevo esserne pienamente sicura, e per esserlo ho mandato Candy lassù. Avevo bisogno di una persona che potesse osservarlo da vicino, e lei era l'unica adatta a fare ciò, poiché è capace di volare. Ho mandato Matt nelle vicinanze di quella porta appositamente, perché immaginavo che lo scopo di quell'essere era quello di tenerci tutti e sei nel suo campo visivo. Anche se probabilmente quella civetta aveva intuito il mio piano, è andato tutto come avevo previsto. Sicuramente perché, oramai, non conta poi così tanto, visto che ci troviamo all'interno del castello».
Questa volta, gli altri Senshi non sembravano poi così tanto sorpresi. Sui loro volti vi erano espressioni interrogative. Si domandavano come fosse possibile che nessuno di loro fosse stato in grado di percepire ciò che aveva percepito Irina.
«Mi stai dicendo che una civetta ci stava osservando da quando abbiamo messo piede in questa zona?», domandò Matt.
«Magari anche da prima, o forse anche da prima di iniziare la spedizione», rispose.
Matt assunse un'espressione ancora più stranita — questa volta era buffa. «Se permetti, ne dubito».
Alex strinse denti e pugni. Dopodiché tirò un pugno ad una colonna vicino a lui, rompendola all'istante. «Fanculo! Non mi sono accorto di una cosa così semplice! Come ho fatto a non accorgermi che un uccello di merda ci stava osservando?». Akai lo guardò con occhi vitrei. «Ma che cazzo ci stanno a fare le civette in un posto del genere?». Un altro pugno, questa volta a terra.
«Non credo si trattasse di un animale in carne ed ossa», gli disse Irina, concedendogli di guardarlo con la coda dell'occhio.
«È vero, non era per nulla una civetta come tutte le altre!», intervenne Candy. «Era grigia, con occhi rossi. Erano dello stesso colore di quelli di Akai!». Lo indicò, e il giovane chiamato in causa aprì lievemente la bocca. «Non assomigliava per nulla ad una civetta normale, se non per la forma!».
«E ALLORA CHE COSA CAZZO ERA? VOLETE DIRMI CHE IN QUESTO POSTO CI SONO DELLE CIVETTE DIVERSE RISPETTO A QUELLE CHE LE PERSONE SONO ABITUATE A VEDERE?». Alex era di nuovo arrabbiato. La sua voce fu così alta che le sagome che riempivano la stanza si fermarono ad osservarlo, per poi ritornare a muovere gli arti sul posto.
«Potrei sbagliarmi, però io penso che quella civetta fosse...». Irina esitò per un istante, poiché non era pienamente sicura di quello che stava per uscire dalle sue labbra. «Una marionetta», disse poi.
«Una marionetta?», domandò Aaron.
«Sì. E se dovesse essere così, io so chi è il proprietario».
Leggendo la mente della russa, il canadese comprese che si trattava della persona che voleva a tutti i costi eliminare. Gli tornò in mente ciò che disse nella foresta Mori, sul fatto che gli importava solo di portare a termine la missione che si era prefissata. Aaron si morse il labbro inferiore.
D'un tratto, le oscure sagome smisero di compiere quegli strani gesti e guardarono i Senshi dritto negli occhi. Almeno così sembrava, poiché gli occhi non li avevano. Tutti capirono che stava per avere inizio lo scontro.
Le figure nelle vicinanze di Matt avanzarono velocemente, ma il ragazzo fece un salto e schivò i loro attacchi. Successivamente ricorse alla tecnica che gli sarebbe piaciuto usare contro Aries, ossia il Blazing Flick. Però, questa volta avrebbe dovuto regolare l'intensità dell'esplosione.
Schioccò le dita, e neanche un secondo dopo i nemici davanti a lui presero fuoco, dimenandosi come dei folli.
Matt atterrò e poi commentò dicendo: «Mah, sono proprio deboli. Così non c'è per nulla gusto». Poi chiuse gli occhi e sospirò.
Aaron provò ad usare la telepatia contro i tre nemici che lo volevano attaccare, ma non sembrava avere effetto. In verità non riusciva nemmeno a sentire i loro pensieri. Sembravano delle marionette.
In considerazione di ciò, dovette ricorrere alla sua forza fisica, quindi si abbassò e fece lo sgambetto a uno dei tre, quello che si trovava più in avanti. Poi, gli si buttò addossò, creando una grande crepa nel pavimento. Dopodiché sistemò anche gli altri due in un batter d'occhio e senza fare troppe scenate, a differenza del fratello, che invece stava facendo l'opposto.
Ben cinque sagome cercarono di colpire Alex, ma quest'ultimo schivò all'ultimo i loro attacchi servendosi della sua abilità. Poi, comparve dietro e tirò un potente calcio a quello in mezzo, e lo fece finire praticamente fuori dal castello. Con l'aiuto del suo coltello tagliuzzò alcuni arti ai quattro rimasti, e poi li colpì a suon di pugni come se non ci fosse un domani.
Quando le sagome caddero a terra, lui comunque continuò a colpirle con dei calci sul volto, fino a quando l'intera testa non scomparve. Il suo sguardo adesso metteva i brividi.
Candy scelse un metodo un po' più particolare, data la sua vasta gamma di abilità. I nemici contro di lei erano in sette, ma questo non presentava alcuna difficoltà per la maga, che subito alzò la mano al cielo intenta a fermarli.
Attorno al braccio di Candy iniziarono a modellarsi delle forme circolari di colore fucsia e gialle. Quando la creazione fu completa, si poté vedere che si trattava di ben tre anelli dalle dimensioni spropositate. Avrebbe potuto usarli per il hula hoop.
Per la precisione, quegli anelli avevano la funzione di limitare abbondantemente i movimenti dell'avversario. Nonostante fossero fatti interamente di caramelle, erano parecchio resistenti e svolgevano egregiamente il loro compito.
Candy muoveva soavemente il braccio, facendo roteare gli anelli attorno al suo polso. Le forme circolari, sfregando l'una con l'altra, davano vita ad uno strano suono scoppiettante. Dopodiché, la maga si decise a scagliarli contro le sagome che correvano verso di lei. Gli anelli si posizionarono sulle teste di tre nemici e dopo aver agganciato il bersaglio, si fiondarono verso il basso fino all'altezza del petto, stringendosi almeno quattro volte la loro dimensione originaria. In quel modo impedivano anche la semplice azione respiratoria. I nemici colpiti si fermarono all'istante, lasciando proseguire gli altri.
Gli anelli creati da Candy erano solo tre, poiché per gli altri quattro avversari aveva in mente altro. Afferrò lo scettro con la mano destra, mentre con la sinistra era intenta a creare qualcosa, sempre dalla forma tondeggiante.
Sotto la mano della maga comparvero all'incirca dieci forme ovali di colore viola, con i bordi seghettati. Visto che oramai le sagome l'avevano raggiunta, Candy schivò i loro colpi con estrema facilità. In volto un espressione che pareva vagamente sorpresa, con occhi tondi.
Senza perdere ulteriore tempo, con un pizzico di teatralità, Candy lanciò tutte e dieci i dischi viola che aveva creato contro i nemici, colpendoli subito dopo in più punti. Scalpo, nuca, schiena, fianchi, lombare, gambe e addirittura talloni. Successivamente, schioccò le dita e i dischi conficcati nella pelle — se si poteva chiamare così — delle figure nere si ingrandirono. Questo causò un evidente sussulto nei corpi dei nemici. Poi, dopo neanche dieci secondi, caddero a terra, privi di vita, e i dischi creati dalla maga andarono in frantumi.
Sul volto di Candy vi era ancora quella strana espressione, quella che assume una persona che cerca di testare qualcosa, rendendosi poi conto che nulla rispecchiava l'idea che si era formata nella sua mente.
Simultaneamente con Candy, anche Irina pose immediatamente fine allo scontro tra lei e i dieci nemici che avevano tentato di attaccarla. Gli era bastato muovere un braccio per congelarli tutti e far in modo che non si avvicinassero oltre i tre metri.
La russa si accorse che qualcosa aveva urtato una delle statue di ghiaccio che aveva creato. Era una sagoma scaraventata da Alex, il quale stava facendo volare qua e là figure nere a non finire.
Per quanto riguardava Akai, invece, quest'ultimo era circondato da molti più nemici. Un numero che, stando ai suoi magnifici occhi cremisi, ammontava sulla ventina. Non capiva perché un numero così grande di nemici avesse circondato proprio lui. Anche se non disponevano dei tratti facciali, si capiva che lo stavano fissando, in maniera intensa, per giunta. Sembrava aspettassero con ansia che facesse lui il primo attacco.
Akai questo lo aveva capito, e senza gingillarsi, fece subito fare un paio di giravolte al suo coltello. Una per ogni figura che mi sta guardando, si disse. Quindi ne fece venti, ma ovviamente, per quanto veloce fu il tutto, sembrava ne avesse fatte sì e no otto. All'ultima, mise bene in mostra la sua arma, con la lama parallela al suo braccio, che squadrava battagliera ogni sagoma che aveva davanti.
Akai non pensò a quale strategia adoperare, si buttò semplice nella mischia, rapido come un gatto che attraversa la strada. Fece la sua entrata tra quell'ammasso inespressivo di sagome pugnalandone una proprio dritto al cuore. Era sicuro al cento per cento che quelle creature non disponessero di nessun organo, però era altrettanto consapevole che, se quel nemico fosse stato un essere umano, il cuore sarebbe stato trafitto in pieno dalla lama del suo coltello.
Non appena le sagome nere videro quello che aveva fatto, cercarono in tutti i modi di acchiapparlo, ma ovviamente era un'impresa impossibile cercare di catturare uno dei Senshi più rapidi. Irina era veloce quanto Akai — se non un pizzico in più —, eppure sarebbe risultato difficile anche per lei raggiungerlo, e viceversa. Quindi sarebbe stato sciocco da parte dei nemici pensare che sarebbe bastato un semplice scatto in avanti per fermare Akai. Il fatto era che se ne resero conto solo quando videro che molti dei loro compagni stavano cadendo, quasi in preda ad un malore improvviso. In realtà era il giovane dai lineamenti orientali che li stava colpendo uno ad uno, con tagli profondi che non avrebbero lasciato alcuna possibilità di intravedere uno spiraglio di salvezza.
Fuori uno, pensò Akai, anche prima di colpire la prima sagoma — poiché era già consapevole che non sarebbe stata in grado di schivare quel colpo. E poi ancora, numeri che aumentavano con una velocità impressionante. Fuori due, fuori quattro, fuori otto, fuori undici, fuori quindici. Era impossibile seguire una normale sequenza numerica, poiché Akai era fin troppo veloce nelle uccisioni. In questo momento si stava scatenando, infatti nei suoi occhi si era formata una fiamma, che ardeva fortemente, a ogni nemico che toccava il freddo suolo. Quando, anni prima, gli altri capi chiesero a Higuma di descrivere in poche parole il suo Senshi, egli disse queste parole: «Più nemici vengono marchiati dalla sua ruggente ira, più la sua follia aumenta». Ed era proprio così: la sanità mentale di Akai lo stava abbandonando vertiginosamente, tanto che, anche se avesse voluto, non sarebbe stato in grado di fermarsi.
Ti stai divertendo, vedo. Immediatamente, il ragazzo dai capelli mori si fermò. Alle sue spalle un nemico che aveva appena marchiato con la sua arma che perdeva la capacità di stare in piedi. Nel momento in cui questo nemico arrivò a toccare terra col busto, ecco che Akai risentì quella voce nella sua testa.
Mi piacerebbe lasciarti continuare, ma in questo momento non posso proprio fare a meno di farti notare che i tuoi occhi non si adattano al tuo animo.
Akai era ora immobilizzato, al centro di quelle cinque figure che lo fissavano, come se avessero assistito ad un avvenimento terrificante. Il ragazzo aveva il fiatone, gli occhi spalancati e tremava. Non capiva cosa gli stesse succedendo, si sentiva in modo strano.
Se non mi credi, allora perché non guardi in basso? A quel punto, ad Akai non restò che seguire il consiglio datogli da quella voce che si faceva spazio nella sua testa, che, tra l'altro, gli sembrava familiare. Abbassò lo sguardo, mentre la sua mascella fremeva, e ciò che vide lo inquietò a dismisura. Nel riflesso dello scintillante pavimento, poteva chiaramente vedere che i suoi occhi, anzi, il suo intero sguardo aveva una forma totalmente diversa. Il resto del volto era normale, ma dalle sopracciglia fino alle palpebre inferiori sembrava tutto scombussolato. Quasi sembrava non appartenergli, quell'espressione.
«M-Ma... cosa...». Quella frase incompleta era destinata a rimanere tra i suoi pensieri, non si rese conto che balbettò quelle due parole servendosi della voce.
Allora? Cosa c'è? Sei semplicemente tu, gli disse la voce, come se stesse facendo finta di niente. Poi, all'interno della sua testa, Akai udì un suono. Sembrava il suono che fa la bocca di una persona quando cerca di trattenere una imminente risata.
"Questo non sono io", avrebbe voluto dire Akai, per rispondere a ciò che aveva sentito nella sua testa. "Io non ho uno sguardo simile". Ma non ci riusciva.
I suoi occhi erano sproporzionati, piuttosto gonfi. Le sclere completamente nere con un'abbondanza di vene color rosso scuro che sembravano saette e al centro delle grosse sfere, ossia le iridi, completamente rosse e iniettate di sangue. Le sopracciglia erano curvate in maniera strana. Era spaventoso anche solo pensare che delle sopracciglia umane potessero assumere quella forma. Dopodiché, da quegli occhi demoniaci, iniziò a colare una vasta quantità di sangue. Akai pensò che quell'immagine fosse solo nel riflesso, ma quando vide delle gocce rosse ai suoi piedi si coprì immediatamente lo sguardo, facendo cadere il coltello. Contemporaneamente lasciò che le sue ginocchia toccassero il pavimento e gridò. Attirò l'attenzione dei suoi compagni, che subito controllarono che non fosse ferito. Dal punto di vista fisico, sembrava stesse bene. Anche perché non stava davvero perdendo sangue dagli occhi: era tutto nella sua testa.
Matt e Aaron si fiondarono in suo aiuto.
Akai aveva paura a togliere le mani dal volto, poiché sentiva il sangue colargli anche sui palmi.
Togli immediatamente le mani da davanti agli occhi, gli disse di nuovo la voce. Il fatto che tu ti sia coperto il volto, dimostra in primo luogo che sei debole. Tenendole ferme in questo modo, non farai che rafforzare questa credenza che tutti hanno nei tuoi confronti.
Akai sentiva che la testa stava per esplodergli. «C-Chi è... Chi è che sta parlando? Dove sei? N-Non sei qui. Dove sei, da dove mi stai parlando?».
Togli le mani da quel tuo ridicolo volto.
«DI CHI È QUESTA VOCE?».
Stai per essere colpito. Invece di piangere come un bamboccio, fallo chinare ai tuoi piedi, come hai fatto con gli altri nemici.
Immediatamente, il ragazzo dagli occhi rossi si tolse le mani dal volto, senza badare al fatto se essi stessero ancora sanguinando o meno. Con lo sguardo rivolto alla sua sinistra, Akai vide una spigolosa sagoma nera che si avvicinava a lui. Che cos'è? Non avrebbe potuto schivare quell'attacco, non trovava la forza di reagire. Inoltre, era ancora assorto nei suoi pensieri.
Matt intervenne, a difesa di Akai, aggrappandosi con la mano sinistra alla nuca della figura in movimento e tirandogli una potente ginocchiata dritto sulla trachea. Sarebbe stato logico pensare che l'osso del collo era ormai fratturato, sempre se lo aveva.
Quando il nemico venne scagliato potentemente contro il muro per via del colpo dell'inglese, Aaron toccò la spalla di Akai, facendolo sobbalzare.
Grazie a quel breve e lieve contatto, Akai si riprese e si rese conto che la sagoma che si stava avvicinando a lui era uno dei tanti nemici presenti nella stanza. Guardandosi attorno, si rese anche conto del fatto che Matt lo aveva difeso.
«Va tutto bene, Akai?», domandò Aaron, con sopracciglia che indicavano preoccupazione.
Prima di rispondere, Akai sentì qualcosa di sottile scivolargli sul volto. Si toccò quel punto e guardandosi il dito si rese conto del fatto che era una lacrima. Stava piangendo. Un momento prima vedeva del sangue uscirgli dagli occhi, e adesso delle lacrime. Non era sicuro se anche questa fosse un'allucinazione. Per verificarlo, toccò quella piccola goccia che posava sul lato del dito medio. Anche il pollice si bagnò, e data l'espressione di Aaron, quella lacrima doveva essere vera.
«Sì, non preoccupatevi», rispose, mentre si passava le mani sugli occhi.
Nel frattempo, Matt si girò e pensò a sbarazzarsi delle altre due figure, alle spalle dei suoi due compagni.
«Ne sei sicuro?», domandò Aaron, «Hai urlato molto forte, come se ti fossi ferito gravemente». In sottofondo, il rumore dei nemici che venivano colpiti a ripetizione dai colpi dell'inglese.
Akai non sapeva se Aaron stesse usando la telepatia o meno, ma comunque optò per una mezza verità. «Non so come, ma mi sono tornati in mente dei fatti spiacevoli. Questo mi ha indotto a fermarmi. Non lo so perché. Scusami se ti ho fatto preoccupare inutilmente. Chiedo scusa a tutti».
Il canadese non stava facendo uso della sua abilità, era troppo impegnato a verificare le condizioni di salute del suo compagno. «Mi dispiace molto. E comunque non serve chiedere scusa. Noi adesso siamo una squadra, quindi quando un membro è in difficoltà, lo si aiuta», disse Aaron, sorridendo, tentando di illuminare il volto scosso di Akai. In parte ci riuscì, visto che quest'ultimo ricambiò con un accenno di sorriso.
«Grazie», disse poi.
«Tsk! Ultimamente quello lì è sempre più strano», commentò Alex, poco prima di afferrare un nemico e sbatterlo violentemente a terra. «Continuando così non arriverà nemmeno alla stanza successiva».
Aaron e Akai lo guardarono, ma lui non guardò loro, visto che era di spalle. Aaron, con tono imbarazzato gli disse di non farci caso. Akai avrebbe voluto a sua volta rassicurarlo e dirgli che non c'era bisogno di essere imbarazzati, in quanto, ormai, erano abituati al carattere dello statunitense. Tuttavia, non lo fece.
Matt aveva eliminato un'altra figura, e adesso gliene restava solamente una. Visto che questa non sembrava volersi avvicinare — forse perché aveva compreso che i suoi avversari erano su tutt'altro livello —, il ragazzo optò per usare una tecnica che aveva appreso da poco. Dai polpastrelli uscirono delle accennate scie di quella che sembrava essere cenere. Matt aveva assunto lo sguardo di chi era super concentrato nel fare qualcosa.
Non era chiaro se il nemico vedesse o meno quelle scie di cenere. Ad ogni modo, rimase lì fermo, permettendo alla sostanza fuoriuscita dalle dita di Matt di raggiungerlo.
Quando la figura venne circondata dalla nebbiolina grigia, Matt schioccò la lingua e le sue mani ebbero un sussulto. Appena dopo, le scie di cenere incominciarono a prendere fuoco e in pochi attimi, la sagoma venne circondata dalle fiamme. Dopo essersi mossa in preda al dolore, cadde a terra, e il fuoco si spense.
Matt espirò come se avesse trattenuto il respiro per lunghi secondi. «Evvai! Sono riuscito ad usare il Lighter Ash in modo impeccabile!», disse, e poi sorrise chiudendo gli occhi. Quello che il ragazzo dagli occhi arancioni aveva appena eliminato era l'ultimo nemico. Adesso, nella grande sala rubìno vi erano solamente sei persone.Kaneshi osservò la sfera di cristallo come si osservava lo schermo di un televisore che non riceveva alcun segnale. Sembrava che le sue aspettative fossero state deluse.
Aveva chiesto ai Senshi di "far ballare" il suo esercito, e quest'ultimi, se pur indirettamente, avevano eseguito la sua volontà. Però pareva che si aspettasse qualcosa di più. Non sapeva bene come descriverlo, perché alla fin fine aveva trovato molto interessante il modo in cui i sei ospiti avevano fatto fuori quelle cinquanta figure del suo esercito. Anche se non erano avversari alla loro altezza, aveva dedotto che ognuno possedeva il proprio stile di combattimento. In ordine alfabetico: Aaron tendeva a sbarazzarsi subito dei nemici, quasi come non volesse arrecare loro più sofferenza del dovuto. Akai era estremamente veloce e preciso, ma sentiva che gli mancava qualcosa. Forse era proprio quel "qualcosa" che gli mancava che lo aveva fatto fermare all'improvviso, alla conclusione dei suoi attacchi perfetti. Alex aveva un modo di combattere molto aggressivo, più di qualunque altro Senshi. Sembrava non farsi scrupoli a spappolare la testa di un nemico con l'aiuto del suoi pugni. Era da molti punti di vista l'opposto di suo fratello minore. Anche Candy sembrava tendesse a fare come il ragazzo canadese, ma a differenza di quest'ultimo aveva sempre una nuova tecnica da mostrare — il che era del tutto normale, considerato il suo vasto potere magico. Irina optava per un approccio più freddo, quasi senza alcuna emozione. Ma Kaneshi aveva visto nei suoi occhi una fiamma, che pur non essendo di dimensioni incredibilmente grandi, ardeva potentemente. Se avesse trovato un modo per modificare l'approccio della russa verso l'avversario, ne sarebbe stato appagato. Ed infine c'era Matt, che adoperava un approccio giocoso. Un tipo di combattente che amava piazzare due battutine tra un colpo e l'altro. Inoltre riconosceva a pieno la forza del suo avversario. Kaneshi avrebbe potuto dire che era una via di mezzo tra Alex e Candy, poiché anche Matt aveva parecchie tecniche nascoste. Sicuramente non era come Akai e Irina, poiché la precisione non era mai stato il suo forte.
Kaneshi guardò un altro punto, in alto. Poi si passò la lunga unghia del pollice sul mento e gli venne da ridere. Rise perché aveva compreso quanto fossero interessanti questi suoi nuovi ospiti.
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Red Tangle
FantasyAkai è un ragazzo di diciassette anni intrappolato in un labirinto di pensieri infiniti, che lo tiene prigioniero da quando era piccolo. Due occhi rossi come il sangue sono la sua caratteristica principale, in quanto, grazie ad essi, è capace di pre...