23. ☼
La squadra giunse finalmente ai piedi delle montagne Sangaku, e intenzionati a liberare le loro menti dall'effetto di queste ultime, sostarono in un tratto di boscaglia, il quale era molto diverso da quelli precedenti. Prima di tutto perché gli alberi avevano una posa che impediva ai raggi solari di penetrare tra i rami ed illuminare la zona, con i tronchi ricurvi e dalla forma minacciosa. Di conseguenza, quell'area di appena una trentina di metri era molto fresca e soprattutto buia. Sembrava di essere all'interno di una casa le cui le alette delle persiane non lasciavano intravedere neanche il frammento più microscopico di un raggio di sole. E, in verità, questo regalava a quello spazio un'atmosfera per nulla inquietante, ma alquanto pacifica. I Senshi erano felici di ricevere un po' di aria fresca dopo aver passato delle intere sotto al sole, senza riparo.
Irina era seduta a gambe incrociate in una maniera quasi perfetta, davanti e di spalle agli altri. Dietro di lei, la ragazza spagnola che interruppe la sua magia di volo e si sedette sul nero prato, notando quanto fosse inaspettatamente crespo. Candy fece viaggiare lentamente la mano tra quei duri fili d'erba, e non appena li toccò con un po' più di forza, questi si spezzarono come se fossero dei bastoncini bruciacchiati. Qualcosa attirò la sua attenzione: il suo bastone di zucchero stava per cadere. Lo prese al volo, impedendogli di fargli fare rumore. Sarebbe stato meglio poggiarlo in maniera più adeguata. Candy lo guardò, e totalmente per caso lasciò che i suoi verdi occhi notassero le rifiniture di quello scettro. Nonostante fosse privo di imperfezioni, la maga era stanca di vedere sempre quella forma ricurva ad una sola estremità. Pensò che era giunto il momento di cambiare la forma del suo scettro, e di far in modo che non fosse più un bastone di zucchero.
Akai e Aaron erano seduti vicini, ma nessuno dei due aveva rivolto la parola all'altro. Il moro notò che il canadese aveva gli occhi chiusi e pensò che fosse per riprendere al meglio le forze. Dopodiché si guardò un po' attorno, imitò la sua compagna di squadra giocando col prato e poi si sistemò meglio contro il tronco di un albero — talmente scuro che sembrava che fosse stato vittima di un incendio.
Alex era seduto a circa due metri da Matt e si fermò ad osservarlo. Quest'ultimo muoveva in continuazione il suo corpo, lasciando scrocchiare le ossa in maniera rumorosa e stiracchiandosi più volte per sciogliere i muscoli che gli parevano ancora vagamente indolenziti.
Il ragazzo statunitense aggrottò le sopracciglia. «La vuoi smettere di scrocchiarti le ossa di continuo? Non lo sopporto. E poi non hai proprio nessuno straccetto per coprirti? A nessuno interessa di vedere i tuoi pettorali fino al termine della missione», gli disse, in maniera più che malaccetta.
Matt si girò verso Alex, e con lui anche gli altri, tranne la russa che continuava a stare con lo sguardo fisso davanti a sé. «Se proprio non ci tieni a guardarli, allora non farlo, non ti obbligo mica», rispose, sorridendo in un modo bizzarro poco prima di dire le ultime parole.
«Che cosa hai detto?», domandò Alex, assottigliando lo sguardo.
«Hai paura che possa distrarti mentre sarai impegnato in combattimento?», insistette Matt.
«BRUTTO COGLIONE! NON PROVOCARMI O TI AMMAZZO!», sbottò Alex. Subito dopo gli occhi di Irina si chiusero delicatamente, le sopracciglia si aggrottarono lievemente e le labbra si strinsero.
Immediatamente, il ragazzo dai capelli a punta scoppiò in una risata. «Ho finalmente capito come fare per sopportarti!», e poi continuò a ridere. La sua risata era talmente allegra, che anche Candy e Aaron ne furono contagiati. Solo che a differenza sua, si contenevano di più.
A quel punto, Alex sembrava furibondo del fatto che Matt stesse ridendo di lui. «Va' a farti fottere, stupido inglesino del cazzo!», disse, non appena ebbe sferrato un calcio con l'intento di colpire Matt. Fallì, dato che il castano l'aveva schivato, mentre continuava ancora a ridere. Non sapeva bene perché, ma era molto divertito dalla situazione e iniziava a sentire qualcosa, come se stesse per incominciare una sottospecie di legame anche tra loro due. Matt era un ragazzo molto espansivo, aperto con chiunque, era ovvio che nella sua testa frullassero pensieri simili. Aaron lesse quei pensieri, e ne fu più che contento.
Alex provava continuamente a colpire Matt, ma non ci riusciva. Era ovvio che non stesse facendo sul serio, perché se fosse stato così, l'avrebbe già colpito numerose volte. Non stava recitando, ma non era neanche intenzionato seriamente a fare del male al suo compagno, per quanto la sua espressione potesse provare il contrario. E per quanto riguardava queste particolarità, se n'erano resi conto tutti — tranne forse Matt, che era troppo intenzionato a ridere a crepapelle.
Akai osservava la scena con un lieve accenno di sorriso, non di più.
«SMETTILA DI RIDERE! GUARDA CHE SONO SERIO! TI SCUOIO VIVO, MALEDETTO!», urlò Alex, facendo volare via alcuni uccellini che si trovavano nei dintorni.
«Va bene, va bene! Va bene, la smetto», disse Matt, alzando le mani, ancora col sorriso in volto.
Alex sbraitò ancora un pochettino contro il ragazzo inglese e questo fece del suo meglio per non cadere in un'altra risata, perché poi le avrebbe davvero prese.
Il ragazzo dagli occhi rossi guardò alla sua sinistra, oltre la sagoma di Aaron, verso Irina. Poi, ritornò con lo sguardo a terra e quando la situazione si placò, fece una domanda ai suoi compagni di squadra, in un tono scialbo. Chiese che cosa avrebbero fatto al termine della missione, se avrebbero fatto ritorno alla loro routine quotidiana, oppure se sarebbero fuggiti, lontano da qualsiasi cosa potesse causare loro turbamento.
Gli altri Senshi lo scrutarono con attenzione, si vedeva che era molto pensieroso, e poi alcuni iniziarono a pensare alla risposta. Alcuni, perché Alex sapeva ciò che voleva fare, lo aveva detto subito dopo l'incidente in elicottero. Avrebbe salvato la sua vita e quella di suo fratello, iniziandone un'altra insieme a quest'ultimo, lontano da tutti, solo loro due, come si erano promessi anni prima. Akai si ricordò di questo non appena fece la domanda, quindi non si aspettò una risposta da parte di nessuno dei due. Ad ogni modo, Alex lo disse nuovamente. Spiegò il piano che aveva pensato per la sopravvivenza di lui e Aaron nel mondo, al di fuori della "cupola di vetro" dentro la quale la loro vita li aveva intrappolati. Sembrava... un buon piano. Ovviamente sarebbe stato difficile integrarsi al meglio nella società, senza uno straccio di soldi, di documenti e con dei superpoteri. Alex pensava che con un po' di impegno ci sarebbero riusciti. Lui e Aaron avrebbero passato la vita ad aiutarsi l'un l'altro, senza mai voltarsi le spalle.
Poi, un paio di secondi dopo che lo statunitense ebbe detto tutto ciò che riguardava la vita futura che si era programmato col fratello, arrivò il turno di Matt, che però non seppe di preciso che cosa rispondere.
«In verità non saprei. Cioè, sarebbe bello iniziare una nuova vita, una normale intendo, e vivere con dei nostri coetanei. Però, se tu ci pensi bene, Akai, noi siamo bravi solo a fare ciò che vogliono i nostri superiori: noi sappiamo solo uccidere. Non è una vita che mi regala soddisfazioni, devo essere onesto, ma perlomeno ho un tetto sopra la mia testa, dei pasti di cui non posso lamentarmi e ciò che faccio, lo faccio anche bene. Per questo, penso che, se ne esco fuori, da quel castello, ritornerei al tuo edificio, per poi fare ritorno al mio». Mentre parlava, Matt sorrideva, ma diversamente da prima, questo era un sorriso che lasciava una scia amara dentro di lui. Spostava lo sguardo svariate volte, segno che stava pensando a quel che doveva dire.
«Io non la penso in questo modo», intervenne Candy, guardando Matt. «Io credo che con un po' di impegno sarai in grado di omologarti alla perfezione nella società. Tu sei un ragazzo estremamente solare, chiunque avrebbe bisogno di una persona come te al suo fianco. Sarebbe difficile per tutti, non solo noi, ma credo che per te lo sia un po' di meno, Matt».
Detto questo, la maga arrossì, e anche Matt non potette trattenersi dal farlo. «Non tutti riescono ad integrarsi alla perfezione nella società, ma grazie lo stesso. Apprezzo molto queste tue parole. Sai, non ricordo l'ultima volta che qualcuno si è rivolto a me in maniera così gentile. Ah, mi è tornato in mente, ma si parla di almeno una quindicina di anni fa... Comunque, anch'io penso lo stesso di te, Candy». La ragazza lo guardò incuriosita. «Non lo dico solo per ricambiare, davvero. Lo dico perché penso veramente che valga la stessa cosa per te», disse, e poi si grattò la parte posteriore della testa, mentre spostava lo sguardo alla sua sinistra.
Le guance di Candy divennero dello stesso colore di un lampone, tanto che con le mani se le coprì. «A-Ah, ti-ti ringrazio molto, Matt!».
«Figurati!», rispose lui, chiudendo gli occhi e sorridendo scoprendo i denti.
«Io farò ritorno in Russia, nel mio edificio», disse Irina, con voce che rapidamente congelò l'atmosfera. Gli occhi di Akai vennero attirati verso la sua direzione, in attesa che proferisse altre parole. «L'idea di voler ricominciare una nuova vita cercando di omologarsi al meglio in questo mondo è molto nobile, da parte vostra. Anzi, credo che sia quasi normale. D'altronde, anche se siete bravi nel vostro lavoro, voi odiate questo stile di vita. Invece a me piace. Ovviamente, stroncare la vita di una persona a me sconosciuta non provoca assolutamente nulla nel mio animo, neanche un brivido di follia, niente. Però, proprio come ha detto Matt, ho un bel posto in cui stare, e inoltre ormai ci sono abituata. Di conseguenza, una volta uccisa la persona che cerco da anni, se sarò ancora viva, domani starò ad ammazzare qualche uomo che si è macchiato di un peccato imperdonabile agli occhi del mio capo, mentre è sul letto, mezzo nudo, eccitato dalla mia presenza. Una volta che l'avrò ammazzato, mi rivestirò e leverò le tende, per poi riposarmi. È questo quello che farò, Akai». La voce della ragazza dai capelli bianchi riecheggiò aspramente nella mente dei suoi compagni. Non seppero perché, alla fine aveva detto delle cose giuste, almeno seguendo il tipo di persona che era.
Akai continuò a guardarla, e lei faceva lo stesso. Occhi glaciali, capaci di congelare anche l'animo più ardente, penetravano in occhi sanguinolenti, capaci di atterrare anche la più forte delle bestie.
Dopodiché, lo sguardo di Akai cadde in basso, e disse: «Capisco perfettamente, Irina». A quel punto, la russa smise di guardarlo.
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Red Tangle
ФэнтезиAkai è un ragazzo di diciassette anni intrappolato in un labirinto di pensieri infiniti, che lo tiene prigioniero da quando era piccolo. Due occhi rossi come il sangue sono la sua caratteristica principale, in quanto, grazie ad essi, è capace di pre...