6.Akai aveva momentaneamente interrotto i pensieri all'interno del suo groviglio mentale per concentrarsi sul vasto panorama che vedeva attraverso il finestrino dell'elicottero. Non si era mai reso conto di quanto fosse grande quella catena montuosa che divideva l'edificio dal mondo. Al contrario però, si rese conto che la città che osservava continuamente dal suo balcone, non era poi così grande come sembrava. Agli occhi di coloro che abitavano a Tokyo, sarebbe sembrato al massimo un piccolo paesino di montagna.
Un paio d'anni prima, durante il suo addestramento, gli fu difficile attraversare tutta la catena montuosa, in estate e in inverno, di giorno e di notte. La prima volta ci mise ben sei ore. Adesso avrebbe potuto percorrerla tutta in poco meno di un'ora, e battere il record dell'ultima volta che ci aveva provato.
Smise di guardare fuori dal finestrino, ritornando con gli occhi all'interno dell'elicottero.
Il suo accompagnatore sedeva alla sua destra, con le braccia conserte e sguardo fisso davanti a sé. Questo era un uomo diverso, non lo aveva mai visto. O magari sì, non se lo ricordava. Non era Rick, quello con cui aveva più contatto. Con lui si trovava molto bene, tant'è che durante il viaggio nella sua strana macchina "super tecnologica" scherzavano molto spesso e si prendevano in giro. Akai pensava che un accompagnatore dovesse avere un minimo di rapporto con il Guerriero, per farlo sentire a suo agio il più possibile. Sfortunatamente, quasi nessuno la pensava così.
Ripensò a tutte le caratteristiche di Rick, e gliene venne in mente una fondamentale: aveva sempre qualcosa tra le labbra. Una sigaretta, uno stuzzicadenti, alcune volte anche un lecca lecca. Ad Akai scappò una piccola risata, ma nessuno la sentì.
Anche se non lo aveva notato, Aaron stava sorridendo insieme a lui.
Davanti ad Akai sedevano Alex, Candy, Irina e Matt. I due ragazzi erano nella stessa posizione: braccia conserte e con le gambe accavallate. Candy stava parlando con Irina di qualcosa, anche se quest'ultima non sembrava molto coinvolta nel discorso. La stava ascoltando con quel suo sguardo inespressivo. La maga gli parlava come se fosse la sua migliore amica, e per degli attimi quasi impercettibili rivolgeva il suo sguardo verso Akai.
Al ragazzo sembrò strano che non si fosse seduta vicino a lui, visto che era stata lei ad averglielo chiesto.
«Scusami...», era una voce che proveniva dalla sua sinistra, «avresti preferito sederti vicino a Candy», gli disse Aaron, con un sorriso imbarazzato e nascondendosi dietro al suo ginocchio. Akai sapeva che quella era la posizione che assumeva una persona insicura. Libro di psicologia, o qualcosa del genere.
«No, non ti preoccupare», gli rispose. «Mi è sembrato strano perché è stata lei che... Aspetta, ma tu come fai a saperlo?».
Aaron sorrise, questa volta non di imbarazzo, e si mise a gambe incrociate.
«Beh, io... riesco a leggere nelle menti delle persone», rispose il biondo, con voce estremamente tenera, sperando che Akai non fosse come gli altri, che provavano fastidio nei confronti del suo potere, tra cui anche il fratello stesso.
Akai aprì leggermente la bocca. «Oh... capisco». No, non sembrava infastidito, né tantomeno a disagio, anzi, sembrava interessato. «Posso chiederti... come funziona?». Gli fece questa domanda su due piedi. Si erano appena visti, ma non gli importava. Se c'era un potere che l'aveva sempre affasciato, era la telepatia.
Sul volto di Aaron si formò un'espressione sorpresa, nessuno gliel'aveva chiesto prima.
«Ma certo. Cosa vorresti sapere?», domandò, mantenendo sempre quel sorriso affettuoso in volto.
Akai ci pensò un attimo. Nel tempo libero leggeva molto spesso, e si ricordò di quando lesse un libro che aveva come protagonisti dei personaggi con dei superpoteri. L'antagonista, oltre al potere del magma, possedeva quello che sul libro chiamavano "Mantra", ovvero la telepatia.
«Quando in una stanza ci sono più persone riesci a distinguere ogni loro pensiero? Ho letto un libro il cui antagonista aveva il tuo stesso dono, e ho sempre avuto una grande incognita su questo», sorrise.
Aaron guardò in basso. «Beh, in realtà no. È possibile farlo, ma ci vuole molta pratica. Per esempio, se tante persone mi parlano all'unisono, non riesco a capire quel che dicono». Lo sguardo interessato di Akai involveva Aaron a continuare. «Per me è possibile concentrarmi su una singola persona e sentire solo quel che sta pensando, e tutti i pensieri degli altri spariscono. Sarebbe troppo per un ragazzo della mia età. Ho iniziato a sentire i primi pensieri all'età di cinque anni, ma ho imparato ad usare questo potere solo a tredici. Il Mantra è qualcosa di superiore alla telepatia, lo posseggono solo gli esperti. Evidentemente l'antagonista di quel libro era un maestro nella telepatia». Gli si formò uno sguardo pensieroso in volto.
«Che differenza c'è tra la telepatia e il Mantra?». La curiosità di Akai aveva preso il sopravvento.
«Con la telepatia puoi sentire i pensieri di un essere umano o animale, è possibile anche prevedere i loro movimenti. Il Mantra consiste nella stessa identica cosa, ma percepisci i pensieri di qualunque essere vivente, quindi non solo di umani o animali, ma anche degli alberi. Inoltre, riesci a percepire pensieri e movimenti dell'avversario molto prima. Mio fratello possiede il dono del teletrasporto», lo indicò con un gesto impercettibile, «quindi, in un certo senso, supera il concetto di velocità. Appunto per questo, in un ipotetico scontro tra noi due, sarebbe lui il vincitore. Oltre alla sua maggiore forza fisica, non sarei in grado di percepire la sua presenza al momento giusto. Riuscirei a farlo solo dopo un suo attacco. Ma se possedessi il Mantra, riuscirei a competere con lui. Adesso ti è chiaro?»
«Oh, sì, ho capito», rispose Akai.
Aaron gli sorrise, ma poi provò un po' di imbarazzo quando le iridi color sangue del ragazzo orientale vennero a contatto con le sue, così puntò i suoi occhi color lime sulle scarpe di Akai. «Tu leggi molto?», gli domandò.
«Abbastanza. Non ho un genere preferito, mi piace semplicemente informarmi».
«Su cosa?». In quel momento fu Aaron quello incuriosito tra i due. Cercò di non concentrarsi sui suoi pensieri, voleva sentire le parole accompagnate dal suo tono di voce. Sentirle nel momento esatto in cui le labbra si muovevano.
«Su tutto. Sul mondo. Vedi», tornò a guardare fuori dal finestrino, e lo fece anche il ragazzo canadese, «mi piacerebbe molto saperne di più. Su tutto ciò che ci circonda, sulla storia di un posto e visitarlo anche. Che sia una città, un bosco, il mare...». "Il mare". Lo aveva solamente visto nei film e sui libri. Ogni volta che lo vedeva pensava sempre alla stessa cosa: alla sua bellezza. Una vasta distesa d'acqua che si estende per migliaia di chilometri... Pensare che, sotto quell'acqua, erano presenti delle altre forme di vita. Un vero e proprio mondo sottomarino. Tutto questo lo incuriosiva.
«È... davvero una bella cosa», disse il ragazzo biondo ad Akai, poiché anche lui era interessato al mondo che li circondava. «Noi non ce ne rendiamo conto, ma là fuori ci sono cose a dir poco sensazionali. Il mondo è così vasto, così vario... Neanche gli abitanti si rendono pienamente conto di ciò che li circonda». Akai tornò con gli occhi su di lui, e vide che stava sorridendo. Pensò che da questo punto di vista erano uguali. Entrambi avevano voglia di vedere con i propri occhi il cosiddetto "mondo esterno". Evidentemente anche lui era stanco di vedere il solito pezzetto di terra dal balcone della sua stanza. «Sai, è un peccato che esistano le guerre», continuò Aaron. «Perché quei bei territori devono essere distrutti? Se la guerra non circondasse alcuni paesi, quest'ultimi sarebbero molto più belli. Invece è tutto avvolto dalla paura, dalla distruzione... Questa cosa non la sopporto». Raccolse il ginocchio al petto, coprendosi lo sguardo vuoto che gli si formò in volto.
Se avesse potuto scegliere autonomamente di prendere parte alla missione, non lo avrebbe fatto. Aaron odiava il combattimento, odiava le guerre, odiava tutto quel che coinvolgeva la violenza. All'inizio pensò solo cose negative, ma adesso qualcosa di positivo c'era: aveva conosciuto altre persone.
Akai smise di guardarlo e non si dissero più una parola. Si appoggiò con la schiena sul finestrino, intento a rilassarsi un po'.
Nessuno parlava, si udiva solo il rumore provocato dalla grande elica, che però era quasi rilassante.
Non fece in tempo a chiudere gli occhi, perché percepì qualcosa, così come gli altri Guerrieri. Gli sguardi di Matt, Alex e Irina erano rivolti alla loro sinistra. Aaron non sembrava essersene accorto, ciononostante, sentì dei pensieri confusi provenire all'esterno dell'elicottero. Invece Candy intuì che, qualunque cosa fosse, stava volando.
All'improvviso il silenzio, e poi un enorme botto. Qualcosa aveva colpito l'elicottero, scatenando il panico nella mente del pilota. Akai e gli altri erano rimasti ai loro posti, per via delle cinture di sicurezza, così come gli accompagnatori. Tutte le sopracciglia dei presenti si aggrottarono, cercando di capire cosa avesse provocato lo spostamento dell'elicottero.
«Cosa sono quelli?», chiese Candy, con lo sguardo fuori dal finestrino. Si slacciò la cintura per avere una visuale migliore. A quel punto, anche gli altri guardarono il vasto cielo azzurro. All'inizio non videro nulla, ma poi, improvvisamente, qualcosa simile ad un'aquila sbattè le zampe sul finestrino, tentando di sfondarlo. Candy, spaventata, cadde all'indietro. Alex notò che il vetro era rigato. Sicuramente era stato causato dagli artigli di quelle creature, che nessuno capì cosa fossero.
Ci fu un'altra botta, che fece inclinare nuovamente l'elicottero, e Akai, veloce come il vento, afferrò Candy, impedendogli di sbattere la testa. Sfortunatamente per la maga, quelli furono solo dei brevi secondi, prima che il suo accompagnatore la riportasse al suo posto.
L'accompagnatore di Akai mise il braccio — delle stesse dimensioni di un tronco — davanti a lui, per impedirgli i movimenti.
«CHE CAZZO SONO QUEI COSI?», sbottò Alex, con un tono che esprimeva fastidio e preoccupazione.
Aaron cercò di osservare meglio le creature che volavano attorno all'elicottero. Non erano aquile. Queste avevano sembianze umane, mischiate con qualcosa di animale. A partire dalle ali, grandi, lunghe e bianche. La testa, di forma perfettamente sferica, presentava qualcosa di dorato che la copriva parzialmente, come fosse un elmetto. Gli occhi erano inesistenti, soltanto delle incavature nere. Invece, la bocca occupava la metà del viso, i denti così affilati da sembrare quelli di uno squalo.
Avevano il corpo di una persona umana, con delle strane curve e seni penzolanti. A quel punto, Aaron non ebbe più dubbi su cosa fossero.Higuma aveva promesso ai capi degli altri Guerrieri la loro massima sicurezza — tra capi voleva dire che gli accompagnatori sarebbero sempre rimasti appiccicati a loro senza farli respirare —, e che li avrebbe sempre tenuti sotto stretto controllo. In quel momento lo stavano facendo i suoi sottoposti, ogni tanto lui chiedeva come andava e cosa stavano facendo. Non si aspettava uno scambio di parole tra di loro, gli sembrò strano che Candy avesse chiesto ad Akai di sedersi vicino a lei, tuttavia non lo fece capire. L'unico che sembrava corrispondere alle aspettative di tutti era Alex — e forse anche un po' Matt.
Si stupì anche di Akai; non era il tipo che parlava in maniera così aperta con le persone. Un paio d'anni fa, era come se il ragazzo fosse protetto un grande cancello immaginario, nessuno poteva entrare. A nessuno era concesso sapere quel che gli passava per la mente, quel che voleva...
Higuma aveva sempre pensato che quel "cancello" fosse una protezione, ma per Akai era una prigione.
I sottoposti di Higuma lo fecero tornare alla realtà, scatenando panico all'interno del quartier generale. Il capo si precipitò subito da loro, mettendosi dietro la sedia dell'uomo che aveva le mani sulla tastiera e vide quel che stava succedendo. Delle grandi arpie regine volavano intorno all'elicottero, punzecchiandolo con forti colpi e scatenando rumori assordanti.
«Merda...». Anche Higuma iniziava ad andare nel panico. Erano appena entrati nella Foresta Mori, quello non era il loro territorio. Esso era situato nelle vicinanze del castello di Kaneshi, avvolto dal buio più profondo. Erano creature che attaccavano in gruppo, nonostante le dimensioni di una loro zampa bastasse per afferrare la testa di un uomo.
Quelle arpie non potevano essere lì per puro caso, qualcuno le aveva mandate appositamente in quella zona.
Higuma intuì che la causa del loro arrivo nella foresta era dovuta a Kaneshi. Non c'era altra spiegazione, poteva averle mandate solo lui. Il capo non capiva come avesse fatto a sapere che i Guerrieri stavano viaggiando in elicottero. Se si fosse trattato solo di Akai, allora non avrebbe fatto nulla, era lui quello che voleva. Sicuramente, grazie a qualche suo seguace, era riuscito a scoprire il piano ideato da Higuma. Quell'uomo era pieno di risorse, avrebbe dovuto pensare ad una cosa del genere. Digrignò i denti quando pensò che i suoi sottoposti, dopo una lunga e attenta ricerca, avevano affermato che il viaggio in elicottero sarebbe stato sicuro, visto che Kaneshi non possedeva nessuno in grado di volare nel suo esercito. E infatti, avevano ragione. Quelle arpie non avevano nulla a che fare con lui, si erano lasciate comandare. Forse per intimidazione, forse avevano capito di non poter sfuggire a quello strano essere.
Non ci poteva credere, questa volta era completamente impreparato ad una simile evenienza.
«Capo, dobbiamo far atterrare l'elicottero», disse un suo sottoposto.
Higuma si rese conto di essere rimasto imbambolato tutto il tempo. «Dai il segnale al pilota!». E così fece. Il capo si portò il pollice tra i denti, in un forte stato di ansia. Sperava con tutto se stesso che il pilota riuscisse a far atterrare l'elicottero, e poter lasciare spazio libero ai Guerrieri, affinché eliminassero le arpie. Potevano ancora salvarsi, non era detta l'ultima parola.In quel momento, Kaneshi, seduto comodamente sul suo trono, osservava la scena attraverso una grande sfera di cristallo. Decise che era il momento di chiudere il sipario. Schioccò le dita e una delle arpie venne avvolta da una strana aura viola, non passò per nulla inosservata. Il pilota ricevette l'ordine, ma non fece in tempo a fare nulla. Kaneshi sorrise e l'arpia afferrò l'elica e la bloccò, come se fosse un giocattolo. Tutti i membri del quartier generale osservavano la scena a bocca aperta, e impotenti. Sembrava che il tempo si fosse fermato, per poi riprendere dieci volte più veloce. Gli occhi di Higuma si spalancarono e le iridi si impicciolirono. In poco tempo e con estrema facilità, l'arpia staccò l'elica, lasciando che l'elicottero roteasse verso il basso.
Tutte le persone all'interno venivano sbattuti da ogni direzione: destra, sinistra, in alto, in basso, di nuovo a destra. Akai si aggrappò al punto dove erano seduti lui e Aaron. Per dei secondi fu al sicuro, ma poi qualcuno gli andò addosso. Era come essere all'interno di un frullatore. Vedeva gli altri che cercavano di aggrapparsi da tutte le parti, cercando di non riportare ferite.
D'un tratto, gli occhi di Akai iniziarono a chiudersi, non mancava molto allo schianto. Che confusione che c'era, nell'elicottero, nella sua testa. Iniziò a sentire il suo corpo come avvolto da una dura corazza fredda, ma non controllò, chiuse gli occhi e basta.
Tutti gli schermi all'interno del quartier generale diventarono neri, il segnale era sparito. In quella grande stanza si faceva spazio un silenzio tenebroso, ad alcuni venne la pelle d'oca. Era successo davvero? Gli altri guardarono Higuma, che lentamente perdeva le forze. Il suo corpo era talmente debole in quel momento, che non riuscì neanche a rimanere in piedi, e cadde a terra. I suoi sottoposti lo fecero appoggiare ad una scrivania. Non era svenuto, ma il suo sguardo era quello di chi aveva appena visto un fantasma.
Akai...
Doveva ancora metabolizzare l'accaduto.
Akai...
Non aveva forze neanche per un urlo disperato. Però, alle lacrime non importava se eri privo di forze, loro scendevano indisturbate, silenziose. In queste situazioni, niente poteva fermarle.
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Red Tangle
FantasiAkai è un ragazzo di diciassette anni intrappolato in un labirinto di pensieri infiniti, che lo tiene prigioniero da quando era piccolo. Due occhi rossi come il sangue sono la sua caratteristica principale, in quanto, grazie ad essi, è capace di pre...