22.

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Felicità, gioia, allegria, contentezza, lietezza... Sono tutti sinonimi di qualcosa che mi manca, qualcosa che per una persona come me risulta irraggiungibile. In diciassette anni di vita non mi sono mai sentito veramente felice. Non ho mai assaggiato una tale allegria che potesse farmi venire i brividi, o il pensiero di commuovermi.
L'unica sensazione che si possa anche solo lontanamente avvicinare a quella della gioia, è stata la frenetica contentezza nell'ammazzare qualcuno che veniva considerato un "microscopico pezzo di merda da eliminare". Ma tale emozione non potrà mai essere paragonata a quella che quasi tutti gli esseri umani inseguono. Anche perché, in fondo, non mi tangeva poi granché della vita di quei porci, sia se avessero continuato a vivere o se fossero crepati. Facevo solo finta che me ne importasse qualcosa, perché in quel momento era giusto così.
Mi chiedo se un dannato come me sarà mai capace anche solo di sfiorare un'emozione tanto magnifica come quella della felicità.
E se ti dicessi che a te queste stupide cose non servono? Non hanno il minimo valore, e poi quando iniziano ad averlo, ecco che ti scappano dalle mani. Tu non sei un comune essere umano, per cui non hai bisogno di tali scemenze.
Però io sento di averne bisogno. Io non mi sento completo, quindi...
Quindi vorresti provare lietezza per "sentirti completo"? Ma non ti rendi conto di quanto sei ridicolo? Fai veramente pena, quasi mi vergogno nell'essere parte di te. Tu non hai la benché minima idea di cosa potresti diventare, di quanti esseri potresti far prostrare ai tuoi piedi. Però preferisci inseguire qualcosa di futile come la felicità! Fai schifo, rimarrai per sempre un bamboccio inutile. Non sei neanche in grado di suicidarti, perché il tuo corpo non te lo permette. Che pena mi fai... E adesso che ti prende? Non metterti a frignare come un moccioso! Sai che non ti sopporto quando fai così.
Io non ti comprendo! Non capisco che cosa tu voglia dire, che cosa tu voglia da me! Sono anni, troppi anni che accadono cose come questa! Non ne posso più. Ti prego...
Ehi, ehi! Non trattarmi come se fossi un banale amico! Io non sono un tuo conoscente. Io sono te. Rappresento la parte dominante del tuo lato più malsano. Sono parte integrante del tuo "io" tanto quanto te. Per cui... sai che per te sarebbe impossibile mandarmi via, vero? Forse saresti in grado di ridurmi al minimo, di sopprimermi, ma dubito che un debole come te ci riesca. Codardo come sei, ovvio che non ci riuscirai mai. Al contrario, io posso estirpare dalla radice questo tuo lato noioso, in maniera molto più facile e veloce. In altre parole, sai perfettamente che sono più forte di te.
Ti prego... smettila...
Sta' zitto e alza lo sguardo. Tu non sai cosa vuoi diventare? Ma fammi il piacere! Sappiamo entrambi che cosa "Akai" vuole diventare. Avanti, dillo insieme a me...
P... Pa... PADRONE DI QUEL MONDO.
Ah ah ah... Bravissimo! Così mi piaci! Stai anche sorridendo, non vedi? Ah ah! Adesso riapri gli occhi, il tempo della nanna è giunto al termine.

Akai si era finalmente svegliato dal profondo sonno che lo teneva prigioniero. Era disorientato, a stento ricordava dove si trovava. Gli sembrava di aver dormito per ore.
Non appena riprese la piena coscienza, si affrettò a controllare in che condizioni era la ferita al fianco. Appoggiò delicatamente la mano nelle vicinanze di quello che ricordava essere un profondo taglio, ma non notò nulla di anomalo. La sua pelle era liscia come il dorso di un delfino. Non sentiva alcun dolore, la ferita non c'era più. Ne ebbe conferma nel momento in cui controllò con lo sguardo. Vide che nonostante tutto la maglia era strappata, quindi non poteva esserselo sognato. Non era frutto di nessuna fantasia, era realmente successo: Aries aveva brutalmente lacerato la sua carne per poi sferrare un potente calcio proprio su quel punto. Se lo ricordava, aveva fatto un male bestiale. Ma adesso, tutto ciò sembrava non essere accaduto.
Akai si mise una mano sul volto, lasciando un occhio scoperto. Che cosa sta succedendo? Come mai la ferita non c'è? Da quando è iniziata questa spedizione, ci sono state altre ferite che sono magicamente scomparse dal mio corpo. Quelle precedenti erano di poco conto, quindi non ci ho fatto più di tanto caso, però questa qui... l'ultima che ho ricevuto... Non sentivo un dolore simile da molto tempo. Com'è possibile che sia sparita come se nulla fosse? Non è nemmeno presente un minimo accenno di cicatrice. A questo punto, io inizio a dubitare di essere un umano.
«Oh, sei sveglio», disse una voce nelle vicinanze. Il moro si guardò attorno, e vide qualcuno a petto nudo di fianco a lui. Era Matt, e non appena i loro sguardi si incrociarono, gli sorrise, facendogli l'occhiolino.
«M-Matt! Come... come stai?», chiese Akai.
«Ah, se devo dire la verità, mi sento un po' rintontito. Ho anche male alla testa... Forse è l'effetto della magia che ha usato Candy per curarmi le ferite», rispose, mentre si grattò testa e nuca. «Per un breve istante dopo il mio risveglio ho anche sentito il mio corpo meno caldo del solito. In genere, quando accade non è un buon segno».
«Quindi è stata Candy a guarire le tue ferite», disse Akai, ignorando le ultime parole del ragazzo inglese - sembrava che non le avesse nemmeno udite.
Matt rispose di sì.
«Per caso sai se ha guarito anche le mie, di ferite?».
«Uhm, non mi pare. Nel senso, quando mi sono svegliato, tu eri semplicemente addormentato, non mi pare di aver poi notato delle ferite sul tuo corpo».
Akai lasciò che la sua bocca si aprì lievemente. Potrebbe anche avermi curato prima del risveglio di Matt, ma se così non fosse, allora il modo in cui le mie ferite si rimarginano rimane ancora un'incognita.
«Piuttosto... Tu stai bene?», domandò Matt, piegando leggermente il volto di lato.
Akai tornò a guardarlo e dopo dei lunghi secondi gli rispose: «C-Credo di sì... Sì...».
Il castano rimase ancora un po' con la testa piegata, quasi come per accertarsi che il suo compagno stesse dicendo la verità. Poi accennò un sorriso e disse: «Beh, meglio così. Ora fammi attirare l'attenzione di quei due, così vedranno che sei sveglio anche tu». Successivamente unì le due punte del pollice e dell'indice e se li mise in bocca, per poi fare un fischio. Quel suono attirò immediatamente l'attenzione di Aaron, Candy e Alex, che erano girati di spalle.
Nel momento in cui Aaron e Candy si avvicinarono ai due ragazzi, Akai si accorse che ai piedi di Alex giaceva la pallida ragazza russa. Non ebbe neanche il tempo per notare se avesse o meno delle ferite, che subito gli altri suoi compagni giunsero faccia a faccia con lui.
«Akai, come ti senti?», domandò il canadese, con tono vagamente agitato. Akai rispose la stessa cosa che aveva detto a Matt. «Sei sicuro? Aries non ti aveva colpito?». Akai rispose in maniera confusa con delle sillabe scollegate fra di loro, ma ripeté che stava bene. «Forse sarebbe meglio se Candy ti controlli, per curare eventuali lacerazioni», insistette Aaron, poiché ricordava precisamente che la creatura che avevano appena affrontato aveva colpito il ragazzo asiatico, al fianco per essere precisi. Akai dovette insistere ripetutamente, ripetendo almeno altre tre volte che andava tutto bene e poi si trovò obbligato a rivelare che in realtà la ferita causata da Aries non era più presente sul suo corpo.
Gli altri suoi compagni di squadra parvero ovviamente sorpresi e Aaron e Matt chiesero di provarglielo. A quel punto, Akai si alzò la maglia oramai tagliata e sporca di sangue per rendere scoperto il suo intero torso. Non appena compì quel gesto, la maga arrossì lievemente, non modificando però il suo sguardo. Aaron e Matt si resero conto che, effettivamente, su quel corpo perfetto non vi era alcuna traccia di una ferita — né tantomeno la cicatrice, niente di niente.
Quindi Candy non mi ha prestato le sue cure. A questo punto non ci sono più dubbi: la ferita è guarita da sola, nel migliore dei modi, per giunta, pensò Akai mentre si riabbassava la maglietta. Il biondo lesse i suoi pensieri e la sua espressione cambiò.
«M-Ma com'è possibile?», domandò Matt, attonito. «Ora che mi ci fai pensare, sono stato proprio io ad avverti avvertito dell'attacco imminente di Aries, ma tu non sei riuscito a schivarlo».
«Vuoi dire che non ricordavi di averlo fatto?», chiese Candy, inarcando un sopracciglio.
«No... Nel senso... mi era passato di mente. N-Non lo so. So solo che mi sento stordito e con un gran male alla testa. Sicuramente sarà perché ho perso delle ore di sonno!». Non appena gli rispose, la ragazza dai capelli lilla sorrise.
Credo che sia per via di queste montagne, ma loro non possono saperlo. Dovrò riferirlo a tutti. Ho atteso per evitare di dovermi ripetere, ma appena Irina si sveglierà, lo farò, pensò Aaron. Comunque, adesso c'è qualcos'altro che attira la mia curiosità. Guardò i rossi occhi del moro, i quali erano abbassati.
«Akai», disse, e quest'ultimo si girò, «a questo punto devo chiedertelo: per caso hai idea da dove possa provenire questa tua "abilità" che guarisce ogni ferita che il tuo corpo subisce?».
L'asiatico non seppe subito che cosa rispondere, si prese del tempo. Sentiva addosso le varie occhiate dei suoi compagni — anche quella di Alex —, e non era una cosa che gradiva particolarmente. «Onestamente, non lo so. Se pensate che io vi stia nascondendo qualcosa, vi sbagliate. Davvero non so da dove derivi questa mia dote, anche perché non mi è mai successo prima che questa spedizione iniziasse», rispose. Poi si guardò la mano — la stessa mano dove era presente una ferita che era misteriosamente guarita — e disse: «Sto incominciando a pensare che potrebbe trattarsi di un'abilità nascosta perfino a me. Però non ne sono per nulla certo».
Dopodiché, nell'aria calò il silenzio e si sentì solo un forte fruscio dovuto al vento.
«Accidenti, certo che questa spedizione si sta rivelando proprio strana, eh?», commentò Matt, rompendo la quiete. Poi si stiracchiò e disse: «Non starci troppo a pensare. Si tratta comunque di un'abilità estremamente utile. Molto probabilmente sei un soggetto il cui corpo è in grado di contenere più poteri. Che invidia! Non sai quanto mi piacerebbe avere questo tuo nuovo potere», disse, con sguardo triste, anche se, in fondo, quell'espressione aveva anche un qualcosa di divertente.
Proprio in quell'istante, un debole gemito attirò l'attenzione del ragazzo statunitense, che si limitava a guardare il fratello e gli altri da lontano. Irina si stava risvegliando.
«Ehi, Aaron! Sta per svegliarsi», disse, indicandola con noncuranza.
«Seguitemi, devo parlarvi», disse il canadese agli altri suoi compagni di squadra non appena udì le ultime parole di suo fratello. «Siete in grado di camminare?», chiese. I diretti interessati risposero di sì, e successivamente si alzarono.
Irina si svegliò. Aaron e Matt gli domandarono se si sentisse bene e se fosse in grado di utilizzare la sua abilità, visto che prima non ne era stata capace. Lei, dopo pochi secondi, dimostrò loro che poteva farlo, creando una piccola montagnetta di ghiaccio sul suo palmo.
A quel punto, visto che Irina sembrava aver ripreso le forze, Aaron incominciò con la spiegazione del perché tre dei presenti erano svenuti quasi improvvisamente.

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