Nel pomeriggio Alessandro passò a trovarmi, con un mazzo di rose grande quanto tutto il mio corpo. Mi fece sorridere.
«Ginevra. Non sapevo che tu fossi in ospedale, sarei passato prima altrimenti.»
Sicuramente era un po' contrariato dal fatto che nessuno avesse pensato a lui minimamente.
«Scusami Ale. Purtroppo, non ho più usato il telefono, devo cambiare numero e ancora non sono riuscita a farlo stando qui dentro.»
Mi toccò i capelli e mi scoccò un rumoroso bacio sulla fronte. Era così diverso dal mio migliore amico, sempre così selvaggio, possessivo. La sua dolcezza mi spiazzava ogni volta.
«L'importante è che tu stia bene piccola, davvero.»
Piccola? No. Luca mi chiamava piccola. Chiusi gli occhi e sentii una lacrima rigarmi una guancia.
«Ho detto qualcosa di sbagliato» corrugò la fronte in segno di confusione.
«Nulla Ale. Non mi piace quel nomignolo... Lo usava... Lui.»
«Lui... Quel bastardo che ti ha ridotta così?»
Annuii. Lui mi strinse forte a sé. Era bello sentire il suo profumo di vaniglia, anche se non somigliava affatto a quello di Manuel.
«Non appena ti rimetterai, ti porto in un posto meraviglioso.»
«Voglio saperlo ora!» piegai la testa di lato e lui si mise a ridere.
«No, scordatelo. Sorpresa!».
La sua compagnia mi piacque moltissimo. Parlammo per tutto il pomeriggio e mi raccontò che doveva fare un progetto, in quanto lavorava in un team di manager per una società molto importante. Ero rapita dal suo modo di parlare del suo impiego, era veramente un uomo realizzato. Vederlo così mi fece desiderare un futuro con quella stessa luce negli occhi. La luce di chi ha trovato il proprio luogo nel mondo.
Pensai a Luca. Chissà se avrebbe ricevuto l'aiuto necessario per migliorare la sua personalità, per guarire dal dolore che si celava nel profondo del suo animo. Mi sentivo sciocca, perché nonostante tutto il tormento, in fondo mi dispiaceva saperlo sofferente.
Denise discusse con Manuel perché voleva essere lei ad accompagnarmi.
«La porto io basta. Taci» sentivo la sua voce rimbombare nella stanza.
Era davvero buffa.
Uscii dall'ospedale assaporando l'aria calda del sole estivo, che ormai ci avrebbe abbandonati presto. Percepivo ancora vari dolori al ventre, per cui avrei dovuto continuare la terapia prescritta dai medici.
«Stai bene?»
Denise notò la mia espressione mentre mi allacciavo la cintura.
«Si, non vedo l'ora di tornare»
«Gin, ma che vuoi fare con Alessandro?»
«In che senso?» indagai nei suoi occhi come per poter scovare la risposta.
«Gin, lo sai in che senso diamine. Stai rimandando l'inevitabile. Dovresti parlare con lui. Digli la verità. Credo sia cotto di te.»
Non risposi, mi limitai ad osservare il panorama scorrere velocemente da dietro il finestrino. Non avevo mai riflettuto su cosa avrebbe potuto significare avere una vera e propria relazione con lui. Inevitabilmente, avrei dovuto smettere di vedere Manuel, e non ero ancora disposta a farlo.
«Non mi rispondi?»
«Non ci ho riflettuto abbastanza.»
Alzò gli occhi al cielo e mi parcheggiò davanti casa. La ringraziai e le diedi un abbraccio per salutarla.
Mia madre ed Elisa si lanciarono verso di me, facendomi sentire la persona più fortunata del mondo. Se ci fosse stato mio padre, si sarebbe forse permesso di ridurmi così? Era inutile fare questi pensieri. Il mio continuo impeto di voler studiare le persone iniziava a infastidire anche me stessa.
Manuel passò a trovarmi quella sera stessa, per accertarsi che stessi bene.
«Gin» entrò nella mia stanza con un sorriso sinceramente sollevato.
«Ehi... Sono tornata a casa poco fa» sospirai gettandomi sul letto.
«Tutto ok?»
«Si... Secondo te, cosa faranno a a Luca?»
«Ginevra. Non dovresti preoccuparti di uno che ti ha quasi uccisa» lo sentii sospirare.
«Non riesco a non farlo...» sprofondai nel cuscino.
Iniziò a giocherellare con i miei capelli e istintivamente chiusi gli occhi, rapita dal movimento fluido delle sue mani calde.
Appoggiai la testa sulle sue gambe e mi lasciai andare. Non pensavo più a nulla. Ero in paradiso.«Gin... Ho preso accordi con una società francese... Dovrei partire per fare un traineeship tra un mesetto. È una società di progettazione importante.»
«Uh.»
«Cosa?» il suo sguardo era un po' deluso dalla mia reazione.
«Cioè volevo dire, wow ma è grandioso. È la tua occasione!» strinsi forte la sua mano.
«Si l'ho pensato anche io. Starò via minimo sei mesi... Ma se mi trovassi bene... Anche di più. »
Le sue parole mi ferirono. Mi sentii dannatamente egoista, percepii un senso di abbandono salire sempre più. Mi avrebbe lasciata. Sola. Senza di lui. Non potevo dirgli che non volevo che partisse, dovevo accettare la sua scelta. Ma non ci riuscivo.
«Davvero bello. Sei nato per fare grandi cose.»
«Lo pensi davvero?» mi guardò stupito.
«Certo. Io credo in te, l'ho sempre fatto.»
Mi strinse, senza parlare. Entrambi sapevamo. Sarebbe cambiato tutto, ma era il taglio netto che ci serviva. Era la dimostrazione che il destino è in agguato, pronto a rovinare i tuoi piani. Che sarebbe stato di noi?
STAI LEGGENDO
Bed's Friends
RomanceGinevra è una ragazza nel pieno della giovinezza, appena uscita da una relazione tormentata e abusiva, che si aggrappa disperatamente alle persone che ama. Il fantasma del passato si scontra fragorosamente contro di lei e la sua volontà di andare a...