ღ Prologo ღ

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Chiuso in me stesso, osservavo Ginevra dormire forzatamente di fronte alla mia, ormai, inutile presenza. Avrei dovuto proteggerla da quel mostro che infestava la sua vita, che le rubava il sonno e il sorriso. Il rumore assordante dei macchinari impediva al flusso dei miei pensieri di uccidermi. Diedi un pugno alla colonna portante, riempiendola di sangue e risvegliando l'attenzione dei medici, che si precipitarono nella stanza, terrorizzati dall'idea di trovare il suo assalitore. Quel bastardo sarebbe finito dove meritava di stare. Se solo mi avessero permesso di uscire a cercarlo, gli avrei tolto quel ghigno soddisfatto una volta per tutte. I loro volti paonazzi scrutavano i miei occhi, spenti, svuotati dall'accaduto. Temevo che non si sarebbe più svegliata, che quei meravigliosi zaffiri non avrebbero più ballato con i miei nella danza più importante: quella della vita. Per la prima volta nella mia esistenza, percepii me stesso sull'orlo di un precipizio. Se lei se ne fosse andata per sempre, una parte di me sarebbe morta con lei. L'avevo allontanata, maltrattata. Avevo giocato con i suoi sentimenti come il peggiore degli stronzi. Ma in quell'assurdo momento, l'amara verità non aveva tardato ad arrivare. Ero spaventato. Una inconscia, illogica, inconcepibile paura di amare. Di amare lei. Perché sapevo, che se mi fossi legato a lei pienamente, sarebbe durato per sempre. Era proprio questo che mi atterriva. Uno spirito libero come me, poteva donarsi a qualcuno completamente?

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