♥ 22 - Regain ♥

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Aprii gli occhi di soprassalto quando mi accorsi che Denise stava letteralmente cercando di buttare giù la porta di camera mia.

«Esci da questa stanza», proseguiva imperterrita a battere sull'entrata, mi veniva quasi da ridere. Era davvero buffa la mia migliore amica. La sfumatura nella sua voce tradiva sdegno verso ciò che era accaduto, misto al rammarico nei miei confronti.

«No», continuavo a rimanere ferma sulla mia decisione precedente. Non avrei partecipato a nessuna inutile festa. Non mi andava di vedere nessuno e avevo il morale così a terra che, se solo ci fossi andata, mi avrebbero scambiata per un attaccapanni. Non potevano neanche immaginare quanto avrei voluto fingere di non essere piombata in uno stato di angoscia insovvertibile.

«Ginevra, per favore. Pensi di risolvere qualcosa comportandoti da ragazzina?» Sbraitò, esasperato Manuel. Lo immaginavo spostare il peso del suo corpo da una gamba all'altra, completamente sbigottito.

In cuor suo, era consapevole del fatto che Luca era in grado di fare aleggiare la mia anima in luoghi tormentati e oscuri. Era solito convincermi e scuotermi nel profondo grazie alle sue parole. Questa volta, però, il mio rancore era rivolto anche a lui. Lui, che mi aveva letteralmente danneggiato la mente. Lui, che non si accorgeva minimamente del mio stato. Non riuscivo più a pensare lucidamente quando mi era attorno, mi sudavano le mani e il cuore mi batteva all'impazzata. E ora si permetteva di darmi della ragazzina?

«Ok, lo hai voluto tu. Chiamo Luca e vado a spaccargli la faccia.» Sentii Denise armeggiare con il telefono e, immediatamente, provai un moto di preoccupazione verso di lei. Probabilmente, lo avrebbe fatto sul serio e non volevo affatto che si mettesse in pericolo a causa mia. Lei non poteva affrontare la bestia al posto mio. Era lui. Il mostro che da bambina concepivo sospirare, avvinghiato alle lenzuola bianche della mia cameretta.

Chiusi gli occhi, inspirai e dischiusi la porta. Me ne pentii all'istante, incrociando lo sguardo del mio migliore amico che esaminava il mio profilo come se fossi una pazza, scuotendo il capo. Diedi la colpa al fatto che avevo infilato il mio pigiama preferito: un misto di porpora e vaniglia con dei maialini adorabili poggiati sulla stoffa.

Denise, invece, saltellava, con le labbra rivolte all'insù, rivolgendomi un sorriso senza eguali. Raggiante e agghindata come se dovesse presenziare a un matrimonio di individui facoltosi. Indossava un lungo vestito dorato, allacciato intorno al suo lungo collo perfetto, colmo di ricami di un intenso azzurro e in vita, una cintura coordinata era chiusa con una fibbia nera. I suoi capelli lunghi, raccolti in una treccia alta, le davano un'aria elegante e sobria, così come il suo trucco, minimale ma preciso.

La ammonii senza proferire parola. Era riuscita nell'intento di farmi uscire dal mio piccolo mondo, in cui mi sarei volentieri rintanata per le prossime settimane. Mi ero lasciata convincere. E se mi avesse seguito?

«Ora sistemati che ce ne andiamo.» La mia migliore amica mi fulminò con lo sguardo, così decisi di ascoltarla e bloccare quei cupi pensieri in un androne sigillato della mia mente.

Manuel ci avrebbe raggiunte alla festa, poiché doveva passare a prendere il suo "amore". Mi veniva da vomitare al solo pensiero. Non mi degnò neanche di un saluto, di uno sguardo. Si era infastidito per il mio atteggiamento infantile. Non provava mai, però, a mettersi nei panni di una ragazza ventenne alle prese con un pazzo psicotico.

Denise si precipitò in bagno, come per accertarsi che non stessi cercando di barricarmi nuovamente in qualche luogo. Mi porse un mascara nero e un rossetto color porpora. Dopodiché, applicò un tocco leggero di fard al di sopra dei miei zigomi, il che mi fece sembrare molto più grande. Il trucco era leggero, impercettibile, ma lo adoravo. Mi porse un abitino argentato, obbligandomi a infilarlo senza potere di obiezione. Accasciavo le spalle a ogni sua richiesta di spensieratezza. Non potevo esserlo o fingere che nulla fosse accaduto.

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