♥ 38 - Blazes ♥

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Arrivata a casa scrissi un messaggio a Manuel, chiedendogli se stesse bene, l'attesa era snervante. Il suo contatto di WhatsApp mi avvertiva della sua presenza, per cui indugiavo come un ossesso sulla parola "online". Con chi diamine stava parlando a tarda notte? Schioccai la lingua nervosamente, percorrendo la mia camera per ben dieci volte consecutive, finché un trillo fastidioso interruppe la mia agonia.

Il display rivelò la sua breve e concitata risposta: "Tutto ok", seguito dalla sua immediata disconnessione. Non replicai. Lanciai l'aggeggio infernale dall'altro lato della stanza, premendomi le tempie con i palmi. Lo amavo? La ragione mi imponeva di ribattere in modo negativo. Lo volevo? Sempre.

Trascorsi un'ora intera a fissare le piccole stelline fosforescenti incollate al soffitto. Mi sembrò addirittura di vederle muoversi in modo da formare sagome buffe e insensate. Mi scoppiava la testa a causa del mio migliore amico. Avrei voluto che non fosse mai diventato tale. Sarei voluta tornare indietro a quella fatidica notte in cui avevamo ceduto all'impeto della passione rovinando per sempre il nostro rapporto.

Mia madre varcò la soglia con un'espressione seriosa: «Va tutto bene piccola? Ti vediamo strana in queste settimane... Non ci sono quasi mai a casa, ma non pensare che non me ne sia accorta, signorina.»

Gli occhi sinceri e limpidi della mia eroina mi chiedevano sincerità, ambivano da me l'unica verità che temevo l'avrebbe ferita e delusa. Si accostò, prendendomi il viso tra le mani e sistemandomi i capelli ribelli dietro alle orecchie.

«Va tutto bene, non ti devi preoccupare, veramente», mentii a me stessa e anche a lei, che sembrò voler credere alle mie parole. Provai a cambiare discorso: «Che ci fai sveglia a quest'ora?»

«Amore, puoi parlare di qualsiasi cosa con me, intesi?» mi carezzò le spalle con la dolcezza infinita che solo una mamma possiede. Proseguì: «Mi sono svegliata perché ho visto la luce, amore. Poi non dormo molto ultimamente.»

«Mi dispiace, mamma», la strinsi in un caldo abbraccio, immaginando che la mancanza di mio padre fosse più difficile in alcuni periodi dell'anno, soprattutto quando si avvicinava qualche speciale ricorrenza.

«Amore, domani sera ceniamo insieme, ok? Voglio sapere tutto di Alessandro!», mi diede un tenero buffetto, minacciando di farmi il solletico.

«Certo! Notte, ma'», mi salutò, socchiudendo la porta.

Decisi di togliermi i vestiti per infilarmi sotto la doccia. Non sarei più riuscita a coricarmi, ormai, quindi la vedevo come l'unica soluzione per rilassarmi. Sentii il campanello suonare e mia madre alzarsi dal letto sbuffando e imprecando. Poverina, pensai, aveva già i suoi piccoli problemini d'insonnia. La paura, però, si fece strada dentro di me. Cercai di origliare chi fosse il possibile disturbatore notturno, ma non appena udii le sue risate, mi tranquillizzai: doveva essere qualche sua collega. Capitava spesso che venissero a trovarla a orari improponibili.

Entrai in bagno e feci scorrere l'acqua per scaldarla, perdendomi nel getto dirompente che fuoriusciva impetuoso. Azionai la playlist, permettendo alla musica di distrarmi dai miei assurdi pensieri. Mi tolsi il reggiseno, che cadde dietro alla lavatrice. Inveii, sporgendomi oltre l'elettrodomestico per recuperarlo, quando la porta si spalancò bruscamente, facendomi cadere il cellulare e gridare dallo spavento. La figura di fronte a me sghignazzò rumorosamente: mi aveva colta di sorpresa e inerme.

Il mio bellissimo migliore amico mi scrutò sfacciatamente: aveva i capelli scompigliati e due occhiaie profonde. Eravamo stati privati del sonno dallo stesso motivo. L'uno era l'incubo dell'altra.

Lo insultai con il labiale: «Stronzo!», rendendomi conto di essere quasi completamente nuda e spettinata. Il suo sguardo divenne famelico per un attimo, ma non riuscii a decifrare quale fosse la sua prossima mossa.

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