♥ 34 - Vacation ♥

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Anzio era poco distante da casa nostra, per cui io e Denise fummo le prime ad arrivare. Osservai furtivamente le valigie posizionate sui sedili posteriori: avevo scelto il guardaroba arrancando i vestiti e gettandoli in valigia. Pensai al sorrisino che avrebbe fatto Raffaele, se mai gli avessi raccontato, che non avevo scelto il mio outfit in modo accurato. Ultimamente ci eravamo sentiti poco, lui era in vacanza con Pedro e non perdeva occasione per inviarmi foto piccanti di loro due in costume. Il mio cuore sprizzava felicità da tutti i pori per la loro relazione: erano sicuramente anime gemelle.

Parcheggiamo di fianco a un edificio completamente bianco. Il tipico cancello in legno delle località balneari, esposto sul vialetto, ricoperto di ciottoli color panna. Al posto delle finestre, dei profondi solchi rettangolari, con vetrate sottili. Il terrazzo, dotato di una tenda a righe blu. Il portone di un giallo sbiadito, quasi fosse sempre stato lì, ad attenderci, sin dall'alba dei tempi.
Una figura sbarazzina produceva un tintinnio fastidioso sventolando delle chiavi dorate, con un curioso portachiavi a forma di anatra.

Alessandro spalancò la porta d'ingresso non appena ci vide scendere, mostrando un sorrisino compiaciuto. La sua vivacità mi colpì in pieno petto, come al solito. I colori sgargianti posati sopra ai suoi indumenti gridavano spensieratezza, giovinezza. Gli occhi guizzanti si muovevano impazziti. Continuava a guardarmi, preoccupato per ciò che era successo con Luca. Lo avevo rassicurato più e più volte, ma non c'era stato nulla da fare. Mi vedeva come una damigella da proteggere. Un tenero fiore spezzato dalle intemperie. Odiavo percepire me stessa come una sorta di indifesa fanciulla.

«Ciao, Ale», un gridolino inatteso fuoriuscì dalle mie labbra.

«Ciao, Ginny», sussurrò, cingendomi in un abbraccio caldo, avvolgente. Il suo profumo mi faceva venire voglia di scomparire dentro di lui.

La casa era piuttosto grande, comprendeva molti vani, tra cui quattro stanze da letto, ammobiliate soltanto con lo stretto necessario. I colori ocra delle camere, identici, davano una strana aria accogliente all'ambiente. La cucina, in stile moderno, rigorosamente bianca, scintillava nella sua modesta ampiezza: piccola ma funzionale. Essa si posizionava accanto ad un varco che permetteva l'accesso al salotto, di dimensioni contenute, provvisto di un divano rosso e una televisione antica. Il terrazzo donava l'opportunità di godersi il sole mattutino comodamente appollaiati sopra a delle sdraio color pistacchio.

Denise, ovviamente, avrebbe dormito accanto a me. Non vedevo l'ora di farmi rapire dai suoi racconti magici riguardo ai luoghi che visitava grazie al suo impiego. Mi mettevano sempre di buon umore. Forse, la sua semplicità ci riusciva già autonomamente.

La voce melodiosa di Alessandro mi distolse dai miei pensieri: «Ragazze, io purtroppo non potrò rimanere perché ho un impegno improrogabile di lavoro. Sono mortificato. Voi, però, fate come se foste a casa vostra e per qualsiasi cosa chiamatemi.»

Io e la mia migliore amica ci voltammo inebetite.

«Ale, ma come? Cioè, siamo a casa tua e te ne vai?» lo incalzò Denise alzando il sopracciglio sinistro, con fare accusatorio.

«Lo so. Sono imperdonabile. Mi hanno appena chiamato.» Strusciava i talloni sul pavimento chiaro.
Era visibilmente in difficoltà, così decisi di dargli man forte: tempestava di sguardi imploranti nella mia direzione.

«Non preoccuparti. Mi dispiace molto, però il lavoro è più importante. Ci rifaremo.»

Gli sorrisi in modo tranquillo, anche se trovavo un po' strano il suo atteggiamento. In fondo era stato lui stesso a insistere per farmi trascorrere del tempo nel suo paradiso. Che non volesse più la mia compagnia? Mi salutò, sollevato, dandomi un leggero bacio sulla guancia, prima di scomparire nella brezza marina.

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