Erano passate due settimane dall'ultima conversazione con Manuel e sentivo terribilmente la sua mancanza. Era come se mi avessero amputato un braccio. Non mi ero mai divisa da lui così a lungo e questa attesa estenuante mi stava facendo diventare pazza. Non lo avevo più chiamato e lui non mi aveva più cercata. Mi sembrava assurdo passare dal frequentare una persona assiduamente a non vederla per niente. Non riuscivo a comprendere come potesse andare bene a lui, quando era il primo a telefonarmi continuamente.
Era il compleanno di Caterina e aveva invitato i suoi amici più stretti in un locale che aveva affittato, promettendoci divertimento assicurato. Il mio umore non era molto in vena di festeggiamenti, ma se avessi saltato la sua festa, probabilmente mi avrebbe uccisa. Fortunatamente, Denise era tornata e mi stava riempiendo di vocali tramite WhatsApp per sapere come mi sarei vestita. Ero grata di averla al mio fianco in un momento complicato come quello.
Il telefono lampeggiò, facendo comparire il nome di Manuel. Il cuore iniziò a tamburellarmi energicamente nel petto. Dovetti sedermi prima di aprire la nostra conversazione.
"Ginevra. Ci vai alla festa?" Immaginai la sua faccia mentre componeva quelle parole. Lo immaginai esitare sul pulsante d'invio e pentirsene poco dopo. Quantomeno, apprezzai il suo tentativo di ripristinare il nostro rapporto ai primordi. Aspettai qualche minuto prima di rispondere, ma non seppi resistere. Denise mi avrebbe sicuramente detto di farlo attendere, ma eravamo così diverse e le mie dita viaggiarono da sole sui tasti.
"Manuel. Ciao. Sì, vengo con Denise. E tu?" Vidi il suo contatto rimanere online per qualche minuto. Pregai che mi rispondesse subito perché odiavo aspettare.
"Ci vediamo lì."
Gli risposi con una faccina che tirava un bacio, pensando che era la prima volta che il mio migliore amico mi trattava con tale freddezza da gelarmi dentro. Non riuscivo a capire come qualcuno potesse cambiare tanto dopo un evento che, in realtà, avrebbe dovuto unirci, solidificare il nostro rapporto, fino a renderlo indissolubile.
Cenai con mia madre ed Elisa, che era estasiata dalla gita che avrebbe fatto la settimana dopo in Liguria. Io e mamma la prendemmo in giro, accusandola di essere soltanto una girandolona che amava perdere tempo. Lei di risposta ci fece le boccacce e il dito medio. Adoravo il suo modo di fare scherzoso, che la rendeva innocente e mi faceva venire voglia di proteggerla dal mondo intero.
Mia madre aveva invitato dopo cena alcune sue amiche: avrebbero bevuto qualcosa insieme e sparlato di uomini per tutta la sera, ne ero sicura. In cuor mio speravo che qualcuno potesse arrivare nella sua vita, per renderla felice di nuovo, per permettermi di non vedere più quel suo sguardo spento rivolgersi alla foto di mio padre.
Corsi a prepararmi, scegliendo un abito nero che mi arrivava a metà coscia, molto scollato sul davanti e strettissimo, dove abbinai un paio di stivali alti fino al ginocchio con la zeppa. Mi truccai con molta cura perché volevo essere assolutamente perfetta, misi un rossetto rosso fuoco e un ombretto argentato, dopodiché lasciai i capelli sciolti e decisi di fare la piastra. Sperai di essere abbastanza attraente, tanto da attirare l'attenzione del mio migliore amico. Non appena ebbi infilato le scarpe, Denise suonò il clacson della sua Panda verde pisello. Era veramente orribile: l'unico mezzo che poteva permettersi quando aveva preso la patente, poi non era più riuscita a liberarsene.
«Amore mio», mi gridò appena salii e ci abbracciammo come se non ci fossimo viste per dodici anni di fila. La sua personalità eccentrica la rendeva la persona più particolare che conoscessi.
«Deny, ma sei una figa da paura questa sera. Li stenderai tutti, diamine», le dissi guardandola negli occhi, che sorrisero insieme alla sua bocca fatata.
Era meravigliosa: aveva deciso di indossare un vestito lungo dorato, stretto in vita e più morbido sui fianchi. Vi aveva abbinato delle zeppe dello stesso colore e tonalità e degli orecchini che le ricadevano sulle spalle, facendole illuminare il volto, truccato leggermente.
«Si, perché tu? Ma dico, ma ti sei vista?» Mi guardò, pensando che mi fossi vestita così soltanto per Manuel, e in fondo aveva ragione, ma fortunatamente, preferì non mettermi in difficoltà ulteriormente.
Percorremmo la periferia di Roma, facendo attenzione a non perderci, poiché non eravamo mai state in quel luogo. Sembrava un posto isolato, ideale per dare una festa senza essere disturbati. Era situato sul fondo di una stradina sterrata che culminava in un parcheggio. Sulla destra un capannone imponente, da cui riecheggiavano musica e luci colorate, quasi accecanti. Capimmo di essere giunte a destinazione quando vedemmo un gruppetto di ragazzi ubriachi fuori dall'ingresso.
Il locale era immenso e pieno di luci stile discoteca, con banconi pieni di schifezze e di alcool posti ai lati della stanza. Le luci soffuse donavano un'atmosfera quasi magica all'ambiente, dove l'allegria era soprattutto dovuta alla ubriacatezza dei nostri amici. Il Dj stava mixando canzoni Pop che Caterina adorava, mentre incitava tutti a ballare al centro della pista, che avevano accuratamente allestito. Scorgemmo ragazzi che si dimenavano come pazzi, dimenticandosi per un attimo del resto del mondo. Il soffitto era stato interamente ricoperto con della carta da parati che simulava il cielo stellato. Rimasi a bocca aperta, le stelle mi avevano sempre affascinato e vederle impresse sopra la mia testa, mi fece sorridere inavvertitamente. Iniziai a percorrere ogni volto dei partecipanti, cercando affannosamente l'unica persona che mi andava di vedere in quel momento.
Caterina ci venne incontro, salutandoci con una voce stridula: era già brilla. Io e Denise ci guardammo con fare d'intesa, scoppiando a ridere, poiché quando Caterina era su di giri finiva sempre a ballare da sola contro un palo della luce o a parlare con una siepe, scambiandola per le sue amiche.
La mia migliore amica si fiondò sui panini al tonno, scontrandosi con un tizio bellissimo che le chiese scusa, per poi capire che si conoscevano già. Era un ragazzo palestrato, con una faccia pulita, sbarbato e con i capelli biondi portati leggermente lunghi. I suoi occhi azzurri guizzavano allegramente dalla mia amica a me, indugiando sul mio aspetto. Mi mise un po' in imbarazzo, perché mi fissava in modo insistente, ma era dannatamente bello. Indossava una giacca blu, aperta e arruffata sulle maniche, completata da un pantalone di lino dello stesso colore.
«Lei è la mia migliore amica: Ginevra», mi indicò Denise, rivolgendosi a lui.
«Lui è Alessandro, un mio caro amico delle medie», si girò, guardando me.
All'unisono ci guardammo negli occhi esclamando: «Piacere» e poi ridendo perché era sempre bizzarro dire qualcosa insieme a qualcuno.
Alessandro decise di rimanere con noi e percepii che, per gran parte del tempo, mi osservava ripetutamente. Pensai che forse gli ricordassi qualcuno. Provai una bizzarra sensazione familiare nel parlare con lui, era come se avesse il potere di farmi sentire a mio agio e lo apprezzai moltissimo.
La serata proseguì in modo piacevole, tra risate e balli di gruppo improvvisati. Convinsi Alessandro e Denise a seguirmi sulla pista, dove ci scatenammo ballando "Baby Shark": era la canzone più divertente che conoscessi per improvvisare piroette e far ridere i miei amici. Trovai Alessandro veramente spassoso, sorrideva in maniera naturale, aveva un modo di fare quasi tenero, mi piaceva e non doveva nemmeno sforzarsi di farlo.
Mi avviai verso il bancone, dove un ragazzo magrolino miscelava bevande, senza sapere veramente cosa ne sarebbe uscito. Gli chiesi un Gin Lemon, per andare sul sicuro. Sentii un saluto provenire dalle mie spalle, mi ero allontanata solo per un attimo, che fosse Manuel? Il frastuono mi impediva di cogliere la sfumatura della voce, così mi girai.
«Ginevra, ciao».
Il mio cuore fece un capitombolo. Era Luca, piazzato di fronte a me: un uomo alto e possente che sorrideva, vestito di tutto punto. La sua bellezza selvaggia era indiscutibile, percepivo alcune ragazze guardarlo con insistenza, chiedendosi chi fosse quel bel bocconcino. Era anche molto intelligente, premuroso, affettuoso, prima di diventare il mostro che infestava quotidianamente i miei sogni. Non riuscivo a capire perché ogni qualvolta me lo trovassi di fronte, il mio corpo si paralizzasse, incapace di muovere un solo muscolo. Chiusi gli occhi, tentai di respirare, non potevo permettermi di rovinare la festa di Caterina.
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Bed's Friends
RomansaGinevra è una ragazza nel pieno della giovinezza, appena uscita da una relazione tormentata e abusiva, che si aggrappa disperatamente alle persone che ama. Il fantasma del passato si scontra fragorosamente contro di lei e la sua volontà di andare a...