Raggiunsi l'ospedale, osservando quella imponente struttura che, dal giorno della morte di mio padre, mi inquietava terribilmente. Il colore grigio pallido, le finestre smunte e scolorite dal tempo. L'altezza stratosferica dell'edificio, l'odore che si avverte al momento dell'ingresso. Tutto di quel luogo mi faceva accapponare la pelle, aumentando il mio stato d'angoscia, già elevato.
Mi diressi all'entrata, scrutando le figure di fronte a me, individui diversi, uniti in quel loco per lo stesso motivo: una persona amata. Le poltroncine marroni ai lati, colme di sconosciuti assonnati e addolorati, l'intero circondario infondeva un'infinita tristezza lacerante. A sinistra l'ascensore, anch'esso brulicante di notti insonni, di salvataggi e di morte. Lo evitai: il mio terrore per i luoghi chiusi mi impediva di imbattermi in tali situazioni.
Salii in fretta e furia sei piani, recandomi a quello indicatomi da Alessia. Le mie gambe tremavano come in preda alle convulsioni. Non avrei mai immaginato di trovarmi in quella orribile circostanza. Non di nuovo. Manuel però non mi avrebbe lasciato, vero?
Non sarebbe sparito così, senza che nemmeno avessimo avuto il tempo di salutarci, giusto?
Avevo le lacrime agli occhi e gemevo per il tormento di trovarlo in uno stato pietoso. Arrivai di fronte alla porta del suo reparto, sospirando per darmi coraggio. Era di un colore blu intenso, con delle scritte ai lati, che la mia vista annebbiata non riuscì a decifrare. Aprii l'uscio con le mani tremolanti. Il corridoio bianco e spoglio che mi trovai davanti fu come un calcio allo stomaco. Mio padre era stato trasportato nel medesimo punto dopo il suo incidente. In quel sito maledetto. Pregai la mia mente di rimanere lucida, di non gettarsi nello sconforto, di non ripiombare nel baratro. Il volto di lui mi si palesò di fronte, come quella notte in cui eravamo corse lì, piene di speranze andate in fumo. Come quando avevamo affidato la nostra vita a quei dottori dai camici blu.Spasimai leggermente, facendomi strada tra quelle numerose stanze sguarnite e prive di colore. Gli infermieri correvano a destra e a sinistra, devoti alla causa di curare quanti più soggetti possibile. Li ammiravo. Non doveva essere semplice vivere una vita sacrificandola al resto del mondo.
Scorsi il numero della stanza: Manuel era disteso con gli occhi chiusi. La sua bocca coperta da un macchinario bizzarro, che supposi servisse a fornirgli l'ossigeno necessario. Il suo corpo, invece, giaceva inerme ricoperto da traumi. Se non avessi saputo dell'accaduto, guardandolo, avrei giurato che fosse sereno. La sua bellezza energica non accennava ad assopirsi nemmeno con il volto livido. Il suo sterno si alzava e abbassava a ritmo regolare, per cui emisi un soffio di sollievo, prima di far scendere le lacrime salate sulle guance.
Lanciai un'occhiata furtiva alle mie spalle, dove trovai sua madre, intenta a reggersi il capo tra le dita, scuotendosi leggermente. Corsi verso di lei, il suo stato fisico mi preoccupava terribilmente. Raramente avevo visto Elsa perdere il controllo in merito a qualcosa. I capelli biondi spettinati le ricadevano sul viso, come una matassa indistricabile. Le labbra, sempre tinte di un rosa acceso, figuravano pallide alla luce fioca delle lampadine. I singhiozzi pungenti che provenivano dalla sua gola sarebbero stati in grado di mettere in difficoltà anche il più freddo degli uomini. Alessia era in un angolo, con i capelli amaranto legati in una coda sciolta, gli occhi azzurri vitrei, il volto cosparso di una tristezza profonda e un cerotto enorme sul lato destro della testa. La guardai e le chiesi se stesse bene. Lei annuì flebilmente, senza battere ciglio, non curandosi della mia presenza, come se vagasse su un pianeta lontano.
«Elsa. Guardami. Starà bene. Lui è forte. Vedrai che si sveglierà e lo picchieremo per averci spaventate così.» Abbracciai con calore la donna che avevo di fronte, colei che mi aveva fatto da madre. Elsa mi strinse più forte. Frequentavo in modo così assiduo casa sua che era normale per me provare un tale affetto smisurato nei suoi confronti.
«Grazie che sei nella sua vita, Ginevra.» Le sue iridi chiare sembrarono riprendere un po' di colorito.
Istintivamente pensai che avrei voluto essere molto di più che una semplice amica, ma ricacciai il pensiero nei meandri della mia mente.
«I medici che cosa hanno detto?» La osservai nuovamente, studiandola. Aveva gli occhi gonfi per le lacrime versate nella notte. Mi sentii in colpa, avrei dovuto tenere acceso quel maledetto cellulare. Avrei dovuto rispondere a quella cavolo di chiamata. Avevo giurato di esserci per lui. Sempre.
«Gli hanno indotto il coma farmacologico per il livello eccessivo di dolore a cui è stato sottoposto il suo corpo e per evitare altri problemi medici che potevano peggiorare se fosse rimasto cosciente. Ha riportato molti traumi durante l'incidente. Anzi, hanno detto che è una fortuna che sia ancora vivo.»
Biascicava, come se fosse costretta a parlare, a rendersi conto della cruda realtà. Mi accostai di nuovo a lei, così da farle percepire il mio amore.
«È positivo giusto? Quando sospenderanno i farmaci lui si sveglierà. Vero?» Serrai le palpebre, lasciando sfuggire una lacrima di gioia e continuai: «Possiamo vederlo?»
«Si, tesoro. Solo con l'abbigliamento sterile, mascherina monouso e per pochi minuti, naturalmente», abbassò lo sguardo e si girò verso Alessia, che era in uno stato catatonico. La sua carnagione rosea si era tinta di un bianco spento. Non immaginavo come potesse sentirsi, probabilmente si colpevolizzava pensando di essere l'unica causa di tutto ciò.
«Posso entrare, Elsa?» Domandai, speranzosa, fissandomi le unghie rosicchiate.
«Nel pomeriggio. Non prima perché dobbiamo lasciare svolgere ai medici il proprio lavoro.» Le uscì un sibilo malinconico, poi il suo cellulare suonò e immaginai fosse il padre di Manuel.
Dopo poco, Silvano varcò la soglia che divideva suo figlio dal resto dell'ospedale. Era sceso a prendere un caffè per la moglie. Mi salutò a malapena, poggiando il suo busto di fianco alla sua compagna. La barba incolta, gli occhi ridotti a minuscole fessure scure. Il completo elegante disfatto e sporco. Il suo aspetto robusto e vigoroso che si perdeva nei pianti di Elsa, che aveva posato la faccia sul petto del marito. Nel vederlo così, un nodo alla gola mi inghiottì violentemente.
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Bed's Friends
RomanceGinevra è una ragazza nel pieno della giovinezza, appena uscita da una relazione tormentata e abusiva, che si aggrappa disperatamente alle persone che ama. Il fantasma del passato si scontra fragorosamente contro di lei e la sua volontà di andare a...