Mi svegliai completamente a pezzi, con il respiro di Manuel che mi solleticava la nuca. Dormiva dolcemente accanto a me, il suo petto si alzava e si abbassava in modo regolare e aveva la bocca semiaperta. Era sempre stato così attraente? O forse io me ne ero accorta soltanto adesso?
Ma che mi prendeva? Lui era Manuel. Il mio Manuel, il mio migliore amico, colui che mi aveva sollevata in ogni momento difficile degli ultimi tempi. Chiusi gli occhi e un brivido mi percorse, mentre ricordavo il sapore delle sue labbra sulle mie, il dolce calore che le sue mani avevano lasciato sul mio corpo. Mi alzai e per un attimo mi assalì un dubbio: e se i suoi genitori avessero sospettato qualcosa? E se ci avessero sentiti? L'imbarazzo mi fece arrossire come una stupida, così decisi di scendere dal letto e vestirmi per controllare la situazione.
Scesi piano le scale, per non svegliare suo padre che stava riposando. Feci scorrere le dita sulla ringhiera di metallo, era un sollievo quel dolce tocco freddo, dopo una nottata così bollente. Aprii la porta del salone, dove trovai Elsa, che preparava la colazione canticchiando. Quella donna aveva il potere di rallegrare un intero pianeta, per cui le sorrisi. Aveva i capelli sciolti e un vestito a fiori che le arrivava a metà coscia, stretto in vita da una cintura nera.
«Tesoro, siediti pure! Scommetto che Manuel sta dormendo, vero?» Il suo sguardo non era accusatorio, quindi mi tranquillizzai un pochino.
«Già. È un pigrone», scandii queste parole in un modo strano ed ebbi paura che Elsa potesse essersi accorta di quanto fossi stramba quella mattina.
Mise nel mio piatto delle crepes con la nutella, con accanto una tazza di latte macchiato. Era veramente piacevole essere coccolati così da qualcuno. Mi vantavo con tutti di avere due mamme premurose a prendersi cura di me. Iniziammo a chiacchierare del più e del meno, quando sbucò il mio migliore amico dalla porta e per poco non mi strozzai. Era sceso a torso nudo e io mi sentii avvampare, senza un motivo specifico. Avrebbe potuto almeno mettersi una maglietta, che diamine. Lui sembrava essere veramente a disagio, ecco, lo sapevo che avevamo rovinato tutto. Non si girò nemmeno verso di me, la muscolatura tesa del suo collo era un segno evidente che si trovava in un'estrema situazione di imbarazzo.
«Buongiorno», disse Manuel senza guardarmi negli occhi, mentre sua madre ci fissava con un sorrisino beffardo da dietro il bancone della cucina.
«Giorno, Manu. Ti sei alzato con la luna di traverso?» Gli dissi ridendo, come per fargli capire che, anche dopo ciò che era successo, eravamo sempre noi due. Avrebbe voluto forse che gli dicessi che era stato meraviglioso? Che mi sentivo talmente su di giri che avrei potuto alimentare una città intera con la mia carica elettrica?
La mia frase parve farlo rilassare, perché i tratti del suo volto si distesero e mi sorrise flebilmente, mentre prendeva le crepes.
«Ti accompagno io oggi in facoltà, visto che ho la macchina?» Gli chiesi speranzosa. Odiavo dover tastare in quel modo il terreno proprio con lui. Queste tattiche avrei potuto rivolgerle a qualsiasi ragazzo, ma non a lui. Non sapevo come comportarmi. Non ne avevo mai avuto bisogno, tra di noi era sempre stato tutto semplice, senza alcun bisogno di spiegare o chiarire nulla. Mi sentivo profondamente sbagliata e in difficoltà, perché sapevo che tra di noi si era irrimediabilmente spezzato qualcosa. Oltretutto, ero consapevole di come era solito comportarsi con le ragazze con cui andava a letto, ma speravo che con me fosse diverso.
«No, Gin. Devo passare da Cate un attimo», disse guardandomi dritto negli occhi. Mi stava sfidando per caso? Quanto lo odiavo quando faceva così, solo che prima d'ora con me non si era mai permesso. Mi sembrava di vivere la storia di tutte quelle mie amiche che, dopo essere uscite con lui, venivano scaricate come se niente fosse.
«Uhm. Scusa ma perché?» Lui strabuzzò gli occhi. Eccolo il Manuel che si sentiva controllato, quello che non voleva legami e che si infastidiva quando una ragazza lo assillava. E io, ero diventata quella ragazza.
«Secondo te, Ginevra?» Era incazzato. Non mi chiamava mai per nome, mai. Io ero la sua Gin. Lo ero sempre stata. Io e lui non litigavamo mai. Non avevamo mai avuto una discussione in tutti questi anni di amicizia. Avevamo alzato i toni delle conversazioni, a volte, ma niente di irreparabile, solitamente il tutto si risolveva con un abbraccio e una risata, ma in cuor mio, sapevo che stavolta non sarebbe stato così.
«Manu, ti ho sempre fatto queste domande. Mi dici che problema c'è oggi?» Gli dissi sostenendo il suo sguardo adirato.
«Beh... Oggi mi dà fastidio», disse quasi come a volermi schernire. Oddio. Era completamente diverso dal solito. Era il Manuel stronzo che tutte le ragazze mi descrivevano e che io avevo sempre difeso. Ma con me? No. Non con me, diamine.
«Ok. Ciao, Manuel. Divertiti. Io vado a casa.» Enunciai sbattendo la sedia e salendo a recuperare le mie cose.
Andai di sopra come una furia e presi a infilare tutto ciò che avevo di mio nel borsone giallo da spiaggia. Poco dopo sentii dei passi dietro di me. La rabbia che provavo verso l'uomo che aveva giurato di difendermi e di rimanere al mio fianco per tutta la vita era insormontabile.
«Sei gelosa adesso?» Disse entrando nella stanza. Era ancora a petto nudo e faticavo a mantenere il punto della situazione, soprattutto perché il suo sguardo era diverso. Era come un affamato di fronte a un pasto succulento. Era molto strano sentirmi guardare così da lui. Mi resi conto di quanto fossi stata stupida e infantile ad assecondare il mio istinto.
«Manuel, ti ho solo fatto una cazzo di domanda. Una sola. Siamo migliori amici, ti ho sempre chiesto queste cose», dissi senza guardarlo e continuando a preparare le mie cose.
«Siamo migliori amici. Ok» disse Manuel, quasi deluso, ma era indecifrabile come suo solito. Si mise una maglietta nera a maniche lunghe e si girò verso di me come se si aspettasse che ribattessi alle sue parole.
«Certo. Lo siamo e lo saremo sempre. Non è cambiato nulla.» Dissi mentendo a lui e a me stessa, perché tutto era diverso per me già da tempo. Peccato che lui non si fosse accorto di niente. Avrei dovuto ammettere all'istante che provavo qualcosa per lui, che per me era come una luce luminosa in fondo a un tunnel pieno di macerie. Ma avevo paura, paura di perdere la nostra amicizia. Avevo il terrore di perdere me stessa.
«Beh, in questo caso, allora...» Si avvicinò e mi baciò con passione, spingendomi contro al muro fino a farmi male. Sentivo il suo inguine pulsare contro il mio, avrei voluto resistere, se solo fossi stata in grado di mettere un punto prima di iniziare questo eccitante gioco. Il problema è che siamo fatti di carne, di pulsioni, di sensazioni e io non ero da meno.
«Gin, ora ti scopo.» Mi sussurrò all'orecchio con voce roca, era molto eccitato.
Conosceva come prendermi e sapeva quali tasti toccare. Le sue parole mi fecero accendere ulteriormente, sentirle uscire dalla bocca del mio migliore amico mi diede una scossa inspiegabile al bassoventre. Era come se stessimo percorrendo la strada della perdizione e farlo insieme mi sembrava la cosa più bella del mondo. Avvertire la sua lingua nella mia bocca mi provocava dei brividi lungo tutta la schiena. Non avevo mai avuto occasione di cogliere questo suo lato aggressivo e passionale ma, dovevo ammettere, che ne ero profondamente colpita. Ero curiosa e ne volevo di più.
Gli misi le gambe attorno alla vita. Sentivo la sua eccitazione premere forte contro i pantaloni. Lo toccai dappertutto, iniziai a baciargli il collo e gli sfilai la maglietta. Lui mi guardò ingordo e fece lo stesso con me, lanciò la mia borsa e mi strappò il reggiseno, gettandomi sul letto.
«Gin, sei davvero insaziabile, lo sai?» Alzai il sopracciglio, in modo malizioso, ammiccando. Quando provi il miele e lo trovi così avvolgente, voluttuoso, caldo e dolce, scopri che non vorresti più smettere. Era come una droga, non riuscivo a pensare ad altro che non fossero i suoi occhi. Desideravo perdermi dentro di essi.
Iniziammo nuovamente a fare l'amore, in modo feroce e violento ma, allo stesso tempo, tenero. La sua espressione era diversa, una volta mi guardava con smisurata dolcezza, mentre, ora ciò che vedevo era perversione, lussuria, era come se avessi scatenato l'inferno tra di noi. E non era affatto male, avrei continuato giorni a farmi scaldare da quelle fiamme. Si dice che la carne è debole, e in tutta onestà, fu proprio così. Non importava in quel momento chi fosse il ragazzo nudo che giaceva sopra di me, schiacciandomi con il suo peso, la cosa importante era tuffarsi in quel mare di passione fino a perdersi dentro di esso, per non ritornare più a galla.
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Bed's Friends
RomanceGinevra è una ragazza nel pieno della giovinezza, appena uscita da una relazione tormentata e abusiva, che si aggrappa disperatamente alle persone che ama. Il fantasma del passato si scontra fragorosamente contro di lei e la sua volontà di andare a...