♥ 11 - Here ♥

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Lo sguardo gentile di Luca mi ricordava i dolci momenti trascorsi insieme, quando la mia mente dipendeva completamente dalla sua e le nostre vite erano follemente intrecciate, come un groviglio di nodi che neanche il destino avrebbe potuto spezzare. Invece lo aveva fatto, eccome. Aveva permesso all'amore della mia vita di tramutarsi in una bestia, capace solo di ferirmi e di farmi sprofondare in un cunicolo senza fine. Avevo creduto di non meritarmi il suo amore, di non essere degna di stare al suo fianco, per poi accorgermi che non ero io l'errore, era lui. Era sempre stato lui.

«Lu...Luca...», non avevo il coraggio di alzare il viso verso di lui, il bicchiere tra le mie mani si muoveva in modo energico, quasi come se fosse stato colpito da una scossa di terremoto invisibile.

«Sei bellissima, lo sai? Mi puoi guardare?»

Sentivo la sua voce diventare più insistente. Ormai coglievo ogni sfumatura, il minimo accento nelle sue parole. Avevo imparato a temere lo stridio che emetteva strascicando le frasi in preda alla collera. La mia memoria era temprata dagli insulti, dalle sue violenze. Mi aveva macchiata, come qualcosa che non puoi cancellare, che ti accompagnerà per tutta la vita.

«Luca... Come mai... Sei qui?». Il mio cuore stava impazzendo e non riuscivo nemmeno a parlare. Feci pressione sul braccio con le mani, lottavo contro l'impulso di correre via, ma non potevo dargliela vinta, non di nuovo.

«Chi era quello a cui eri vicina prima? Un nuovo amichetto?»

Vidi il suo pugno stringersi e pensai che, forse, era il caso di tornare a casa. Si sarebbe davvero permesso di picchiarmi di fronte a tutti i miei amici? Avrebbe davvero rischiato di beccarsi una denuncia, soltanto per un suo capriccio?

«Un amico di Denise. Tutto qui. Non hai il diritto comunque di chiederlo. Non dopo quello che...» La frase mi si smorzò in gola ripensando alle sue mani su di me, allo schifo che avevo provato. La cosa peggiore di subire una violenza è che pensi di esserne tu la causa. Non riesci a colpevolizzare l'uomo che ami, non subito almeno.

«Lo so. Ho sbagliato, Ginevra. Ma se solo tu mi dessi un'altra occasione, non te ne pentiresti» Mi guardava dall'alto del suo metro e novanta. Rammentai quanto era piacevole sentirmi una bambina, stretta tra le sue braccia forti, protetta. Lui aveva rovinato tutto, aveva gettato il nostro amore come se non valesse nulla.

«L'occasione l'hai sprecata quando mi hai picchiata, Luca. Ora per favore, vattene» avevo le lacrime agli occhi. Perché riusciva sempre a rovinarmi la vita? Pregai che qualcuno venisse a salvarmi. Mi sentivo una sciocca. Non ero una principessa in pericolo, ero abbastanza matura da apprezzare la sfumatura amara dei miei sbagli, che mi avrebbero perseguitato in eterno.

Sentii la voce di Manuel arrivare da sinistra. Portava degli occhiali da sole scuri, nonostante fosse sera ed era vestito in modo casual, con una giacchetta nera e dei jeans chiari. La sua maglietta bianca era leggermente aperta sul davanti, aderente, a mettere in mostra il suo fisico tonico.

«Ciao, Luca.» Lo guardò in segno di sfida. Manuel mi aveva sempre difesa contro di lui in tutti questi anni. Non si erano mai stati molto simpatici e mi aveva incitato diverse volte a lasciarlo e, quando finalmente lo avevo fatto, era così felice che aveva deciso di portarmi al mare, benché lo odiasse. Lo squadrò da capo a piedi, forse per metterlo a disagio, ma non ci riuscì. Luca era molto più aggressivo di lui e, di certo, non lo temeva.

«Manuel. Ti trovo bene.» Luca lo studiava, puntandogli gli occhi addosso, con l'atteggiamento rissoso e da teppista che aveva quando stava per iniziare uno scontro con qualcuno. Pregai mio padre di soccorrermi, non volevo che Luca pestasse Manuel, perché sapevo chi avrebbe avuto la meglio.

«Luca se ne stava andando», intervenni io, guardando il mio ex con fare implorante.

Luca si parò di fronte a Manuel, prendendolo per la giacca. Il mio migliore amico fece lo stesso, mostrandogli un sorrisino compiaciuto e beffardo. Avevo il sentore che la situazione sarebbe degenerata. Non sapevo che altro fare per bloccare l'istinto violento del mio ex. Non c'era nulla che gli impedisse di fare del male a chi voleva. Lui si sentiva padrone del mondo, anche di me. Un pensiero sfiorò la mia mente. C'era una cosa, una insignificante banalità, che lo aveva sempre placato tempo prima: la mia dolcezza.

Sfiorai la mano di Luca, guardandolo negli occhi, con lo sguardo più dolce e affranto che potei. Il contatto con la stessa mi fece trasalire, mi parve di sentire ancora il suono delle botte e degli insulti che mi aveva rivolto. Lui si ritrasse, tenendo la mia mano tra le sue, accarezzandola con tenerezza, rivolgendomi un sorriso sincero. Vidi la sua espressione mutare notevolmente. Rilassò le spalle, facendo un sospiro profondo. Capitava spesso che dovessi ammansirlo, dato il carattere poco docile che aveva, se fosse stato per lui avrebbe fatto a cazzotti con l'universo intero, soprattutto se si trattava di me.

Un giorno, un povero ragazzo, aveva osato soltanto salutarmi innocentemente, poiché tentava un approccio, ignaro che ci fosse anche Luca insieme a me. Lui, non appena si era reso conto del fatto, aveva utilizzato la sua giacca per appenderlo alla ringhiera di un bar, imponendogli di chiedermi scusa e di non permettersi più questi lussi.

Sembrarono minuti interminabili, e poi, stranamente, decise di lasciar perdere e ci salutò con un cenno incazzato. Forse non faceva parte del piano massacrare di botte il mio migliore amico, sapeva che mi avrebbe persa per sempre, perché nel suo strano mondo, questo non era ancora avvenuto.

Ero davvero riuscita a quietare l'ira del mio potente amore passato? Ero stata davvero in grado di evitare l'inevitabile? Stentavo a crederci, sembrava essere una conclusione troppo semplice per quella orribile storia.

«Grazie, comunque» mormorai, guardando Manuel, che esaminava in cagnesco il mio ex, che stava lasciando il locale.

«Ti sei calmata? O sei ancora in fase lunatica?» mi disse guardandomi in quel modo che mi metteva a disagio, indugiando sul mio corpo. Sperai di non essere arrossita violentemente.

«Non te l'ho mai detto che sei stronzo, vero?», replicai, stizzita ma piena di gratitudine.

«No. Ma non è male sentirselo dire da te. Soprattutto quando...Beh, hai capito», proferì continuando a mangiarmi con gli occhi.

Deglutii, visibilmente agitata e a disagio, notando che ci eravamo persi il taglio della torta per via di Luca. Caterina rideva felice in mezzo alla pista, contorniata dai nostri amici, che le scattavano fotografie e la prendevano in giro per il suo stato. Non riuscii ad avvicinarmi al gruppo, stremata com'ero dalla lotta psicologica precedente. Mi ero sentita forte, dopo molto tempo, di fronte a lui. Davanti alla creatura terribile dei miei incubi. Forse sarei riuscita a uscirne vincitrice, dopotutto, dovevo tentare di sopravvivere, di voltare pagina.

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