Mi sveglio di soprassalto nella stanza di Clarissa, illuminata dalla luce del sole. Mi alzo da terra massaggiandomi il collo e mi cade di dosso la stessa coperta con cui avevo coperto Clarissa, raccogliendosi ai miei piedi. Deve avermela messa addosso lei durante la notte. Non è stato comodissimo dormire seduto a terra con la schiena contro il bordo del suo letto, ma non avrei mai potuto lasciarla sola stanotte.
Quando mi volto vengo preso dal panico: il letto è disfatto ma di Clarissa non c'è traccia. È scappata durante la notte? Afferro la giacca di pelle da terra e corro immediatamente alla porta. Appena la spalanco mi trovo di fronte proprio Clarissa avvolta in un accappatoio fucsia e con i capelli bagnati. Era solo andata a fare una doccia! Lascio andare un profondo respiro di sollievo e torno dentro a sedermi su letto sfatto.
«Credevi me ne fossi andata?» mi chiede con un sorriso triste.
«Ci avevo pensato... lo ammetto».
Clarissa entra e comincia a rovistare nel suo armadio tirandone fuori dei vestiti e gettandoli sul letto.
«Sei riuscito a dormire almeno un pochino? Hai certe occhiaie...» chiede venendo a sedersi accanto a me sul letto e passandomi l'indice appena sopra uno zigomo.
«Ho riposato a sufficienza, non temere».
Mi alzo in fretta, fingendo di dovermi sgranchire. In quel momento si sente bussare contro lo stipite della porta e ci ritroviamo davanti una fin troppo energica Kate.
«Cambio della guardia!» annuncia allegra.
«Ci vediamo tra poco a scuola, allora» borbotto salutando Clarissa.
«Certo... e... ehm, grazie» sussurra lei.
Senza voltarmi, esco in fretta dalla stanza, con solo un breve cenno d'intesa a Kate. Mi riesce così difficile stare tanto vicino a Clarissa sapendo che non è più mia. Non incrocio sua madre mentre esco di casa, così posso filare dritto all'appartamento per una doccia veloce e poi andare a scuola. Nonostante tutte le raccomandazioni date agli amici di Clarissa, non mi sento tranquillo a non poterla tenere d'occhio personalmente ventiquattro ore su ventiquattro. So benissimo di cosa può essere capace quando si mette in testa una cosa... e proprio per questo non le va concesso nemmeno il minimo spazio di manovra.
___
La mattinata passa in fretta tra una lezione e l'altra. Clarissa è costantemente accompagnata da qualcuno di noi, per tenerla d'occhio e darle supporto. Ma, da quel che vedo, non le serve il nostro supporto: certo è tesa, arrabbiata, preoccupata... ma determinata. Non si sta più facendo prendere dallo sconforto e dal senso di impotenza. Dio solo sa quanti piani folli le stanno passando per la mente in questo momento.
La osservo attentamente mentre gioca col cibo nel suo vassoio in mensa. Ci siamo raggruppati in disparte e, a parte me e Clarissa che ce ne stiamo in silenzio, Mark e Kevin non fanno che confabulare cercando di studiare un modo per riportare a casa Liam. Ovviamente non c'è nulla che sembri essere alla nostra portata e dalla faccia di Clarissa direi che ne è consapevole anche lei.
Continua a prendere il telefono e guardare lo schermo ogni minuto, aspettandosi una novità da un momento all'altro, per poi riappoggiarlo sul tavolo sempre più bruscamente. Sta perdendo la pazienza... e questo non va bene.
Dopo l'ennesimo inutile controllo del cellulare, la vedo agitarsi sulla sedia mentre quel poco di colore le scivola via dal viso. So perfettamente cosa le è appena passato per la testa, così appoggio la mia mano sopra la sua sul tavolo:
«Sta bene. È via solo da un giorno. Suo padre è troppo furbo per fargli già del male. Sa di avere ancora gli occhi dei servizi sociali puntati addosso» provo a rassicurarla.
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Tienimi nel cuore
RomanceEccola. Finalmente. Di nuovo così vicini... eppure così distanti. Divisi da un muro creato dalle nostre stesse incomprensioni, dai nostri errori. Una barriera fatta di bugie, lacrime e fiducia persa. Forse per sempre. Eppure, nonostante tutto il mal...