Capitolo 32

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Mi fermo sulla soglia della mia stanza e mi prendo un secondo per osservala mentre, prendendo posto sul letto sfatto, si guarda intorno nel disordine di libri e vestiti sparsi in giro, con aria triste e nostalgica.

Ricordo quante volte è stata seduta sul mio letto, a quante ore trascorse sdraiati sotto le coperte, in silenzio, mentre le sue dita percorrevano le linee dei miei tatuaggi e le mie si perdevano tra i suoi lunghi capelli sciolti.

Ma questa non è la mia stanza. Qui non c'è nulla di noi. Non mi sono nemmeno preso la briga di mettere una foto o qualcos'altro di personale. D'altronde non so nemmeno quanto resterò...

Quando si accorge di me, entro e mi chiudo la porta alle spalle. Mi passo una mano tra i capelli ancora umidi e scuoto la testa, cercando di scacciare i ricordi che si ostinano a rincorrersi l'un l'altro. Il sorriso timido e sofferente che mi rivolge mi fa capire che quegli stessi ricordi tormentano anche lei.

Mi appoggio alla porta ed infilo le mani nelle tasche dei jeans, cercando di sembrare più calmo di quanto in realtà sia. Clarissa mi osserva attentamente e poi sorride ancora di più, un sorriso felice stavolta.

«Era ora» mi dice. Notando la mia confusione, mi indica con la mano da testa a piedi.

«Questo sei tu».

Abbasso lo sguardo e capisco che si riferisce ai miei jeans neri strappati e alla t-shirt di una band locale di casa.

«Sto solo cercando di farmi accettare nel gruppo dei tuoi amici per poterti stare accanto il più possibile... e non crearti problemi» ammetto, spiegando gli abiti presi in prestito da Condor che mi ha visto indossare finora. Clarissa si alza dal letto e mi raggiunge, osservandomi dal basso con i suoi occhioni.

«Non devi fare questo per me. Non mi è mai importato di quello che pensa la gente, lo sai. Stavo bene con te per quello che eri e la sicurezza che mi trasmettevi. E amavo il nostro gruppo di amici un po' pazzi». Alzo di scatto la testa, sottraendomi al suo sguardo.

«Smettila» le dico a labbra serrate.

«Di fare cosa?» chiede lei sinceramente confusa.

«Smettila di parlare di noi al passato. Ti prego» mormoro. Mi scosto dalla porta e vado davanti alla finestra, cercando di mettere quanto più distanza possibile tra noi.

«Cosa sei venuta a fare allora? Immagino ti serva qualcosa» le chiedo dandole le spalle.

Il mio tono risulta più duro di quello che volevo ma, ritrovarmi chiuso con lei nella mia camera, che mi parla come se ormai tutto di noi fosse solo passato, sta seriamente minando la calma che cerco di mantenere per il bene di tutti da settimane.

Dopo qualche istante di silenzio, Clarissa di schiarisce la voce: «Ehm... già... si tratta di Liam» ammette infine.

«Ovvio» borbotto tra me e me, senza riuscire a nascondere il fastidio che provo.

«È molto strano in questi giorni e non capisco cosa gli sia preso. Penso sia qualcosa di importante. Mark lo sa ma non mi vuole dire nulla. Ho pensato che magari potrebbe averne parlato con te...».

Quindi avevo ragione: Liam ha qualcosa che non va... e non si tratta solo di Clarissa. Mi volto allora a guardarla, cercando di recuperare la calma.

«Non mi ha detto granché. In realtà anche lui è preoccupato per il tuo di comportamento. Crede che tu voglia lasciarlo. Probabilmente si tratta solo di questo» le spiego con un'alzata di spalle, ricordando la serata videogiochi a casa di Mark della scorsa settimana. La osservo con aria interrogativa cercando - magari - una conferma.

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