Capitolo 56

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Nulla sembra riuscire più a tirare su il morale di Clarissa. Né le strade decorate con allegri festoni natalizi, né le luci colorate o le canzoncine che si sentono uscire da ogni negozio del centro. Lei si sforza di sorridere e di mostrarsi allegra, ma non inganna nessuno. Men che meno me.

Il weekend è ormai finito ma ancora non ho sbollito la rabbia per la sua tentata fuga di venerdì.. Ho delegato agli altri il compito di tenerla d'occhio di giorno, mentre io ho fatto i turni di guardia di notte per evitare di doverle parlare, tanto sono furioso.

Sua madre ha insistito perché non me ne stessi in auto tutta la notte al freddo, così ho accettato l'invito ad entrare e mi sono appostato fuori dalla sua stanza, seduto a terra. Non ci siamo ancora parlati dopo la mia sfuriata di venerdì notte in autostrada.

D'altra parte, nemmeno lei ha una gran voglia di rivolgermi la parola dopo che ho raccontato della sua tentata fuga sia a Liam che a sua madre, alla quale ho però omesso la parte dell'autodromo. Liam era furioso ed immagino che debba averla sgridata parecchio: spero che almeno ascolti lui. Il padre di Clarissa arriverà domani pomeriggio, in tempo per la cena della vigilia di Natale, ed ho il sospetto che anche lui avrà qualcosa da dirle.

Un movimento all'interno della stanza di Clarissa mi mette in allarme. Ancora seduto a terra, appoggiato con la schiena contro la parete esterna della camera, alzo lo sguardo e scruto all'interno della stanza buia. Clarissa accende la luce del comodino.

«È inquietante averti fuori dalla mia stanza a controllarmi. Non riesco a dormire così» borbotta.

«Potevi pensarci prima di fare quella cazzata» le rispondo cupo.

«Ti ho chiesto scusa» ribatte scontrosa.

«No. In realtà non lo hai mai fatto» le rammento. Clarissa aggrotta le sopracciglia per un istante e poi mi sorride.

«Hai ragione. Credo proprio di non averlo fatto».

Scosta la trapunta e mette a terra i piedi nudi. Poi mi raggiunge e si siede a terra di fronte a me, con la schiena appoggiata al muro. Indossa una felpa nera... e quei maledettissimi pantaloncini rosa di sempre.

«Ti chiedo scusa» sussurra nella penombra, abbracciandosi le ginocchia strette al petto.

«Ma...?» aggiungo io.

«Ma niente. Ti chiedo scusa e basta» replica rivolgendomi un sorriso contrito. Poi si alza di scatto e torna in camera sua. Fruga nell'armadio e ritorna con in mano un pacchetto regalo. Si inginocchia davanti a me e me lo porge.

«Non è ancora Natale» le faccio presente.

«Lo so... ma credo ti potrebbe essere utile già adesso» replica lei alzando gli occhi al cielo.

Incuriosito, accetto il regalo e lo scarto. All'inizio non capisco di cosa si tratti, ma poi ridacchio quando capisco che è una coperta nera molto morbida e dall'aria calda.

«Questa mattina Kate mi ha trascinata fuori casa per dello shopping natalizio dell'ultimo minuto e quando l'ho vista mi sei venuto in mente tu. Se proprio devi appostarti tutte le notti nel mio corridoio, almeno voglio che tu stia al caldo».

Senza riuscire a trattenermi, quasi istintivamente, mi sporgo in avanti e le poso un bacio sulla guancia. Nonostante la penombra posso vederla arrossire violentemente.

«Grazie».

Mi frugo nella tasca dei jeans e ne tiro fuori una chiavetta. «Allora questa è per te... anche se non sono certo che la vorrai» le dico sentendomi in imbarazzo. Clarissa la prende e se la rigira tra le mani.

Tienimi nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora