In volo

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Mentre sfrecciava in volo, mentre il vento gli soffiava nei capelli, mentre là sotto i volti del pubblico diventavano semplici punte di spillo color carne, capì che si era lasciato indietro non solo Hogwarts, ma anche la sua paura che pochi istanti prima lo divorava. Dopo quello che ad Albus parve un minuto, del castello nemmeno la più remota ombra.

Il cuore gli esplose di piacere, era una sensazione fantastica, stare lì sopra con la sua nuovissima Quickfire e vedere valli e monti distendersi sotto di lui. Il freddo era quasi sopportabile, e non si pentì di aver indossato un bel giubbotto regalatogli dalla mamma per il suo quattordicesimo compleanno. Alla sua destra, a circa duecento metri, intravide un paio di Auror, e capì che doveva proseguire dritto: se sbandava nella direzione sbagliata, i maghi gli avrebbero indicato la strada giusta. Il suo manico di scopa rispettava ogni suo movimento, dal più lento al più brusco. Provò a guardare dietro, lentamente, rallentando senza volerlo. In quel mentre vide sfrecciare davanti ai suoi occhi Connor, che lo salutò ironicamente. I suoi occhiali che lo proteggevano dal vento si stavano appannando e quindi si rigirò, continuando concentrato a quello che stava facendo prima che Connor lo superasse. Non ebbe idea di dove avrebbero potuto essere gli altri Campioni. Continuava a volare, sempre veloce, sempre convinto. Aveva promesso a sua cugina Rose che ce l'avrebbe fatta, non voleva deludere lei e il Grifondoro. I suoi guanti di pelle di drago lo proteggevano dall'aria glaciale scozzese, e pensò di come avrebbe affrontato la Corsa senza protezioni che lo riscaldassero, visto che, alzandosi sempre di più, il freddo aumentava. Intanto le montagne sottostanti a lui diminuivano, e pensò di trovarsi al confine con l'Inghilterra, vedendo il Vallo d'Adriano che scorreva su ampie colline.

Perse la nozione del tempo. Si chiese da quanto volasse; almeno da un'ora, pareva. Non c'era nessuna traccia di una tempesta, e il cielo limpido e fresco continuava a sovrastare le campagne inglesi. Era una vista mozzafiato, e giurò che un giorno, lì sopra, ci avrebbe portato suo padre: ne sarebbe rimasto molto contento, pensò mentre le folate di vento gelido cominciavano a fargli dolere le orecchie; ricordava di aver provato tanto freddo a cavallo di una scopa solo una volta prima d'allora, durante la salita alla magia con Elly, portandola a vedere l'intera Scozia da un'altezza spaventosa, quindi, pensò, che era già preparato ad 'altezze troppo vertiginose', e fortunatamente lui non soffriva di vertigini.

E come uno stormo di avvoltoi, vide due ragazzi in tuta bianca, ed Al ipotizzò che fossero gli italiani, e altri due spagnoli, che stavano abbastanza distanti fra di loro, ma visti da lontano parevano essere molto vicini. Albus non diede loro molta importanza, e proseguì il suo fantastico ed ininterrotto volo.

Albus andò a finire a dieci metri da un Auror, che gli fece cenno con la mano di andare a sinistra, verso le coste del Mare del Nord.

Ricordò Rose che gli disse di appellare qualcosa da mangiare quando si trovava sopra Newcastle, ma Al non aveva tanta fame quando intravide l'arco del Millennium Bridge della città, quindi proseguì. Nonostante il freddo e l'ora passata sopra quella scopa, il suo stomaco sembrava dormire, senza dare segnali di fame. L'adrenalina, la convinzione, l'eccitazione, e un pizzico di timore lo stavano sommergendo, e si permise il lusso di fare qualche giro mortale, urlando di gioia. Fu proprio mentre si esibiva in un'ultima acrobazia che lo vide: un esemplare magnifico, celestiale, divino. Albus mise a fuoco la creatura che gli volava accanto. Un uccello dal piumaggio molto vivace si presentò in un volo elegante e fluido. Era di un verde acido e le sue ali erano punteggiate da un giallognolo opaco. Emanava una melodia da brivido, rilassante e piacevole. Questi continuò a volare accanto ad Albus per cinque minuti, e il mago non riusciva proprio a staccarsi da quell'essere, voleva farsi coccolare per almeno un'ora da quel canto soave. Solo quando si rese conto che stava rallentando cercò di allontanarsi dall'uccello, ma invano: ritornò accanto a quello, ed ipotizzò che fosse un Fwooper. Per un istante gli occhi di Al sembravano guardarlo dolcemente, quasi sognando, ma un ricordo di una lettura su Tutto sulla Corsa dello Zoppo lo fece sussultare, e, scuotendo la testa, ritornò da quella che sembrava un'altra dimensione.

Al Potter: non tutto finisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora