«non credevo che uno sguardo potesse farmi innamorare» pt. II

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Stiles aspettò impaziente il giorno successivo, si svegliò che suo padre era già uscito di casa e visto che doveva aspettare per fare colazione, si concesse una lunga doccia calda. Riuscì a concludere di vestirti, nello stesso momento in cui il suono del campanello giunse al suo orecchio.

«Buongiorno Stiles»

il padrone di casa ricambiò il saluto, accompagnato da un timido sorriso e facendo accomodare il maggiore, portandolo in cucina.

«Ieri sera mi sono dimenticato di chiederti cosa ti piace ma non volevo rischiare di svegliarti. Spero che comunque possa piacerti il caffè con latte di soia, cannella e vaniglia con muffin al cioccolato con mirtilli»

lo stomaco di Stiles aveva attirato l'attenzione dei due, facendo sorridere intenerito Derek e arrossire il più piccolo.
I due presero posto al tavolo, per iniziare a gustare la deliziosa colazione mentre Stiles cercava di calmare il battito del suo cuore.

«Ti va di parlarmi un po' di te?»

«oh-uhm si, anche se ti devo avvisare, la mia vita non è così emozionante»

Derek gli sorrise, sorseggiando il suo caffè e aspettando, senza presserlo, che il ragazzino riprendesse a parlare.

«Sono sempre stato un bambino curioso, logorroico e la cosa peggiore è stata la mia iperattività. Credo che sia stato questo ciò che non mi ha mai permesso di avere tanti amici, non che ne desideri centinaia ma a volte vorrei avere qualcun'altro oltre mio padre e Scott.
Lui è il mio migliore amico da tutta la vita, era un bambino silenzioso e che stava sempre solo. Non so come siamo finiti a legare cosi tanto, io parlavo troppo e volevo scoprire ogni cosa, lui non diceva molto e voleva sapere il giusto. Ancora oggi è così ma sono grato che la vita mi abbia dato la possibilità di incontrarlo perché molte volte, senza di lui, non ce l'avrei fatta. Ho perso mia madre quando avevo otto anni, aveva la demenza frontotemporale e-e per me e mio padre non è stato facile»

Stiles sospirò, cercando di non avere un attacco di panico davanti a Derek, era sempre difficile parlare di sua madre.

«La tua iperattività, il fatto che sei logorroico e curioso, queste cose non dovrebbero fermare gli altri dal conoscerti. Nessuno di noi è perfetto, anche se molti fanno vedere il contrario e anche se non è una tua scelta, io apprezzo molto di più le persone che non fingono di essere chi non sono»

«sono pieno di difetti Derek, sono paranoico, non so socializzare e vedere mia madre spegnersi davanti ai miei occhi, dopo averla sentita per settimane urlarmi che volevo ucciderla, mi ha segnato»

«ed è normale Stiles, eri un bambino e nessuno merita di assistere a una cosa del genere. Quando gran parte della mia famiglia è morta, per un dannato corto circuito, avevo dieci anni e mi sono chiuso in me stesso, rifiutandomi di legarmi a qualcuno per paura di perderlo. Ci ho messo anni per riuscire a smettere di frequentare solo le mie sorelle, soprattutto perché loro, a differenza mia, hanno ricominciato a vivere una vita normale molto prima di me»

Stiles si stava lasciando andare e il fatto che lo stesse facendo anche Derek, gli scaldò il cuore. Non si era mai sentito così a suo agio a parlare della sua vita con qualcuno che non fosse Scott o suo padre. Non gli importava che ore fossero, cosa stesse succedendo nel mondo fuori da quelle mura perché l'unica cosa che desiderava era continuare quella conversazione.

«Ti va di andare in un posto?»

Stiles annuì curioso, prese la felpa che aveva messo poco prima sul divano e una volta indossata, seguì Derek fuori casa.

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«Com'è andata con Derek?»

Stiles era in cucina a preparare la cena, un sorriso stampato in faccia

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