III

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Il pomeriggio passò in fretta, cenai con un panino e, circa mezz'ora prima delle otto il telefono squillò.

Guardai il display e vidi il delicato volto di mia mamma lampeggiare.

Sorrisi, era qualche minuto in anticipo, tutti i giorni mi chiamava un po' più tardi.

Pigiai il tasto verde e risposi alla chiamata quotidiana.

"Pronto!?" esordii

"Tesoro" rispose mia madre "Come va? "

"Tutto bene" risposi "Hai conosciuto qualche surfista tatuato?"

"No, anche oggi a bocca asciutta" rispose ridendo "E tu? Qualche ragazza all'orizzonte? "

"No... " dissi evasivamente mentre il volto di Eileen mi balenava nella mente "Però Mia questa sera ha organizzato una sorta di party"

"Stai attento Sammael" mi raccomandò mia madre "Niente droga, niente risse e... "

"Niente lividi "la interruppi finendo la frase al posto suo "Tranquilla mamma, sarò un angioletto"

"D'accordo tesoro" disse mia mamma arrendendosi "Ci sentiamo domani"

"Ci sentiamo domani" risposi riagganciando.

Guardai il quadrante dell'orologio: mancava un quarto d'ora alle otto.

Spalancai le porte dell'armadio e mi vestii semplice: una felpa nera, jeans neri strappati, calzini neri e scarpe nere.

Inforcai gli occhiali da sole a goccia e mi specchiai.

Perfetto pensai Anche oggi sembro un terrorista.

Uscii di casa e chiusi la porta alle mie spalle con un paio di giri di chiave.

Percorsi la poca strada che mi separava dall'Arena con le mani in tasca a pensare alla situazione di mia madre: andata a cercar fortuna negli Stati Uniti, a New York, centinaia di chilometri, dall'Italia, solo per mantener uno dei due figli che aveva messo al mondo, i figli che l'avevano delusa così tanto.

Mi ricordavo alla perfezione il giorno in cui era morto mio padre: Rachel stava per nascere, io avevo cinque anni circa, mio fratello uno di più, papà lavorava alle poste, era così che aveva conosciuto la madre di Micheal, ed era così che io avevo conosciuto lui. Una sera, poco prima di cena, papà non era ancora tornato, ma nessuno si preoccupò più di tanto, a lui piaceva stare a chiacchierare con chiunque trovasse per strada. Ritardando di qualche minuto ogni volta finito il turno. Poi arrivò una chiamata sul cellulare di mamma. Era andato fuori strada per colpa di un infarto ed aveva sbattuto contro un lampione della luce, che si era poi schiantato sulla carrozzeria, uccidendolo sul colpo.

Mi tornò in mente delle lacrime della mamma, o delle decine di domande che ci poneva Rachel sul conto di papà: se aveva la barba, se era alto, e soprattutto; dov'era.

A questa domanda non sapevo la risposta, ma a tutte le altre le rispondevo sempre, stringendo i denti per ricacciare giù il groppo in gola che mi veniva ogni volta che prendevo in braccio mia sorella e mi specchiavo negli occhi azzurri di suo nostro padre e quando, una volta cresciuta, si pettinava i capelli neri, sempre di papà.

Probabilmente mio padre avrebbe fatto i salti di gioia vedendo che almeno sua figlia, di cui aveva scelto lui il nome, aveva ereditato il colore dei suoi capelli, o l'audace ironia con cui rispondeva sempre a qualsiasi provocazione.

Mi riscossi dai miei pensieri solo quando mi ritrovai di fronte ai cancelli della fabbrica in disuso.

La musica colma di bassi riempiva l'aria facendomi tremare i denti.

Entrai nell'Arena e salutai Mia con un cenno del mento quando gli passai di fianco, poi mi immersi nella fiumana di gente che riempiva il vecchio scavo della trivella.

Mi ritrovai intrappolato in un gorgo di corpi appiccicaticci che ballavano e che puzzavano di fumo, birra e sudore.

Mi voltai per cercare Micheal, T o almeno Eileen ma mi scontrai contro un corpo con la massa simile ad una montagna.

"Cazzo scusa..." feci per dire.

Vidi una mano chiusa a pugno arrivarmi in faccia e, solo per riflessi lo schivai, ma il colpo mi urtò il sopracciglio, facendomi torcere il collo di colpo e annebbiandomi la vista.

Dei poco simpatici puntini neri si misero a danzare davanti agli occhi quanto vidi il mio aggressore.

"Ehi frocetto" gracchiò il colosso con la voce che puzzava di alcool" Ti sei scontrato con la persona sbagliata"

Non riconobbi l'uomo, ma vidi altri suoi due compari della stessa stazza alle sue spalle.

La folla si era raggruppata tutto intorno a me formando un cerchio di voci e suoni che si sovrapponevano uno con l'altro.

I tre bestioni avanzarono con i capelli lunghi e unti che ondeggiavano ad ogni passo lasciandosi alle spalle una scia di odore di birra e fumo.

"Sentite ragazzi io non..." provai a dire.

Vidi il gorilla più vicino caricare il pugno quando una figura spuntata da sinistra entrò nella mia visuale saltando e tirando un calcio in pieno petto al bestione facendolo inciampare e cadere a terra.

Ancora disorientato dal cazzotto e dal buio dell'Arena mi rivolsi alla figura che aveva appena steso l'uomo.

"Grazie amico" dissi "Davvero"

"Figurati" rispose lo sconosciuto con il volto nell'ombra "Fratellino"

STRADADove le storie prendono vita. Scoprilo ora