XLIX

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Il giorno successivo lo passai a casa da solo, seduto sul divano, aspettando una chiamata in cui si dicesse che era tutto uno scherzo, e che ero libero di andarmene dove mi pareva, rifarmi una vita con Eileen con tutti i soldi che avevamo messi da parte.

La mia vita con quei soldi poteva essere perfetta, ma ogni volta che il pensiero sul come li avessimo fatti mi tornava in mente, la mia vita si tramutava in un vero e proprio infermo, ricolmo di sensi di colpo e di lacrime mai uscite, desiderose di tracciare il loro solco sulla pelle secca della mia guancia, dove si stavano formando le primissime rughe, quelle intorno agli occhi si erano già formate e stabilizzate, me ne accorsi una mattina allo specchio, ironia della sorte, togliendo un capello bianco, probabilmente uno dei giorni peggiori nell'ultimo anno.

Solo perché non avevo vissuto il giorno dopo ancora.

La mattina di quel giorno orribile la passai a fissare una pistola.

La tirai fuori dal cassetto in cui era rimasta dal colpo che avevamo fatto per conto di Benny, e non l'avevo mai più tirata fuori.

La rispolverai, contai le pallottole e la tenni in tasca, sentendola pesante e gelida a contatto contro la mia coscia.

Guidai fino alle coordinate inviate da Benedicto con se fossi all'interno di una bolla gigantesca, la mia memoria muscolare stava facendo tutto in autonomia.

Parcheggiai la macchina a poche centinaia di metri dal luogo prescritto, un grosso parcheggio in ghiaia vicino ad una discoteca abbandonata.

Mi misi al centro del parcheggio e mi appoggiai con la schiena ad un vecchio palo della luce, accendendo una sigaretta.

Ad un tratto mi sentii parecchio stupido, era tutto uno scherzo, oppure Benny mi voleva salutare prima che io me ne andassi via per sempre, forse voleva consegnarmi una parte di soldi, o magari il lavoro da eseguire era una stronzata, tipo dare fuoco ad una macchina o rubare un motorino.

Per un secondo fui quasi tentato di andarmene, scappare via con Eileen e gli altri, e lasciarmi tutta quel enorme cumulo di merda alle spalle, stavo per muovere il primo passo in direzione dell'auto quando la sigaretta mi cadde per terra.

Mi chinai per raccoglierla e sentii caricare il cane di una pistola dietro di me.

Subito dopo avvertii la canna fredda appoggiarmi sulla nuca e una zaffata di odore maschile mi riempì le narici.

Rimasi immobile ad analizzare il tutto, il profumo, il respiro, quasi riuscii a percepire i suoi occhi azzurri che mi penetravano la nuca.

Un solo nome mi fuoriuscì dalle labbra, e con tutto me stesso pregai di sbagliarmi, mentre la pelle d'oca si spargeva ovunque sul mio corpo e il battito cardiaco rallentò notevolmente.

"Azrael?" domandai, quasi con un sasso in gola.

Passarono pochi secondi, che mi parvero anni, e sentii la canna fare ancora più pressione sulla mia nuca.

Come durante la rissa all'Arena sentii la medesima parola, con una voce più roca e fredda, il mio cervello scannerizzò ogni singola lettera, e la lanciò nel mio cuore come pugnali gelidi.

Capii che la Strada lo aveva preso con sé.

"Fratellino" rispose Azrael.

STRADADove le storie prendono vita. Scoprilo ora