XXXI

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"Come cazzo ci si prepara per una sparatoria?" chiese Micheal "Non credo possiamo presentarci e chiedere gentilmente di sparargli addosso"

"No, infatti" rispose T "Gli spareremo addosso e basta, con tutti i catorci che hanno lì non sarà difficile trovare un riparo"

Non parlai per un po', mi limitai a guardare fuori dal finestrino spaccato della macchina di Thomas, con il fucile a tracolla, come un giocattolo per bimbi.

"Nessuno è preoccupato di andare in carcere?" chiesi, dopo qualche istante.

"Hai mai visto una machina della polizia qui in giro?" era una domanda retorica, quella uscita dalle labbra di Micheal.

"No" risposi, con una punta di amarezza "Ma non ho mai sparato addosso a qualcuno prima di adesso"

Mancavano poche centinaia di metri per raggiungere gli spagnoli, sentivo un peso alla sinistra del cuore e non riuscivo davvero a tenere ferme le mani. Fissai per un istante il sedile di fianco a me, vuoto. Quel posto doveva essere di Azrael.

Arrivammo allo sfasciacarrozze in pochi minuti, io scesi per primo, seguito da Micheal e T, ci fermammo davanti al cancello di ferro arrugginito, questa volta era aperto. Strinsi la mano sulla canna del fucile, tanto da non far più passare il sangue, poi feci un passo verso il cancello, superandone la soglia. Non si sentiva parlare o ridere come l'ultima volta, solo un assordante silenzio e il battito del mio cuore che mi riempiva la testa. Lanciai un'occhiata agli altri, che mi avevano raggiunto. Era una situazione di stallo, non potevamo semplicemente chiedere agli spagnoli il permesso di sparare. Ad un certo punto, uscii una ragazza da un capannone. Non ricordo di preciso cosa pensai appena la vidi, probabilmente un misto tra: "Mi vuole sparare" e "Complimenti ai genitori"

Era davvero una bella ragazza, con i capelli scuri a caschetto e la pelle abbronzata, peccato davvero che avesse una pistola in mano.

Ci muovemmo tutti come la luce per trovare un riparo, Micheal e T dietro una lamiera, io accucciato dietro lo scheletro di una macchina. La sentii ridacchiare, e chiamare altri nomi in spagnolo: Abel, Felipe e Rafael.

Guardai Thomas, che mi fece cenno di aspettare, poco dopo, con gli occhi, mi indicò di fare una cosa sola: sparare.

Tutti e tre imbracciammo in prefetta sincronia i fucili, uscendo dai nostri ripari improvvisati. Puntai la canna contro un ragazzo, e premetti a fondo il grilletto, il rinculo mi sbalzò leggermente la spalla indietro, e avvertii un dolore al braccio, il ragazzo cadde a terra con uno schizzo dalla testa, e trattenni un conato di vomito, Thomas mise a terra altri due ragazzi e Micheal sparò di striscio alla gamba della donna. Pensai che l'avesse fatto apposta, prima di vedere la sua faccia perplessa.

Ci guardammo tutti e tra con gli occhi sbarrati, mentre io avvertivo una fortissima stretta al collo. Non si sentiva più nulla, ne voci ne spari, solo il fischio nella mia testa, accompagnato dai conati di vomito che mi scuotevano il corpo. Ci alzammo lentamente in piedi, e ci avvicinammo ai corpi distesi immobili, ad eccezione della ragazza, che mugolava, rotolandosi sulla sabbia. Thomas si inginocchiò di fianco a lei, alzandole la testa.

"Pensi di baciarmi come il principe azzurro?" chiese la ragazza, tossendo, con un forte accento spagnolo.

Thomas sostanzialmente le mise una mano sulla bocca e una sulla ferita.

"Fai silenzio" le ordinò "Ti sto medicando solo per il tuo bel faccino"

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In realtà, solo Micheal e Thomas medicarono la ragazza, io andai dietro una macchina a vomitare. Avevo avuto la mia vendetta, ma il corpo di Azrael non c'era da nessuna parte, e non avevo risolto nulla. Poco dopo Thomas uscii dal capanno di lamiera.

"Ho finito con la ragazza, si chiama Artemis" disse, tranquillamente "Ti vuole parlare"

STRADADove le storie prendono vita. Scoprilo ora