XXXV

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"Chi cazzo è?" strillò una voce spessa e con un pesante accento spagnolo, appena Micheal bussò alla porta. Thomas restò davanti alla porta dell'ascensore a fumare, esattamente sotto il cartello "Vietato fumare".

"Sono Abel" improvvisò Micheal "C'è anche Felipe con me"

La porta si spalancò e sulla soglia apparve una montagna sud-americana, con il tatuaggio di Mike Tyson stampato sul volto, in confronto a Benedicto, la stanza sembrava una tana per ratti.

"Ciao" esordì lui, cogliendomi alla sprovvista.

"Salve" rispose Micheal "Possiamo entrare?"

"E che volete fare altrimenti?" sfoderò una grassa risata, e diede una sonora pacca sulla schiena a Micheal, probabilmente rompendogli la spina dorsale.

Ci fece accomodare su un piccolo divanetto di pelle nera, mentre lui si sedette al rovescio su una sedia di legno, incrociò le braccia, facendo tendere i muscoli e le vene sulla mano, al polso scintillava un grosso orologio d'oro. Devo essere onesto, misi gli occhi su quell'orologio appena lo vidi, come con un magnete.

"Non sono uno a cui piace parlare" tuonò Benedicto "Vado dritto al sodo, in una settimana arriverà un convoglio di componenti per pistole in una fabbrica di armi, a Milano"

Sentii una scossa percorrermi la schiena, assomigliava troppo al lavoro del vecchio.

"Intercettate quelle armi e caricatele su un treno merci che io vi fornirò, quel treno è diretto in Sicilia, per i boss mafiosi, il cinquanta per cento di tutto questo sarà vostro e della vostra gang, chiaro?"

"A quanto ammonterebbe il totale" chiese Micheal, lanciandomi uno sguardo "Se tutto fila liscio, ovviamente"

"Mi piace il vostro modo di vedere le cose" ridacchiò Benedicto "La mafia paga bene il lavoro sporco, mezzo milione dovrebbe essere assicurato per voi"

"Cristo santo" pensai, praticamente il doppio di tutti i soldi che mi aveva passato mia madre in quasi cinque anni, in una volta sola.

"Immagino sia io che i ragazzi della gang siano d'accordo a fare qualche sordo" dissi forte, per farmi sentire al microfono del cellulare "Ma avremo una domanda da farti"

Benedicto spalancò le braccia e estrasse un sigaro dalla tasca, accendendolo "Ti ascolto, ragazzo"

"Noi abbiamo...sventato un tentativo di sabotaggio da un gruppo di ragazzi, volevano far esplodere un camion di droga" improvvisai, tendando di mantenere una faccia il più neutrale possibile "Alcuni sono riusciti a scappare, ma ne abbiamo preso uno, e volevamo solo sapere se te ne era giunta voce"

Benedicto fece uscire il fumo dal naso, come un toro furioso a Pamplona "Non capisco la vostra domanda, ma ad ogni modo non ho saputo nulla e non ho visto nessuna faccia nuova, anche se spesso cerco di scordarmele tutte"

Rise fragorosamente alla sua stessa battuta, dopodiché si spense il sigaro sul collo, cosa che mi lasciò stupido, vedendo anche altre bruciature vicino al pomo d'Adamo.

"Coraggio ragazzi, andate, contatterò la vostra segretaria, il resto del gruppo è qui con voi?"

"Certo" rispose Micheal, al posto mio "Siamo come una famiglia"

"Eccellente, posso conoscerli?"

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Poco dopo scendemmo davanti al motel, con Benedicto alle spalle, e gli altri in piedi, davanti alla macchina di Thomas.

"Magnifico!" esclamò Benedicto "La squadra al completo!"

Salutò tutti elegantemente, poi, quando toccò a Eileen, lei inciampò sui ciottoli e si sorresse di istinto al grosso braccio di Benedicto.

"Scusami tanto" disse sorridendo "Dannati sassolini"

Fissai il sorriso finto e forzato di Eileen, poi feci scivolare lo sguardo sul polso di Benedicto, dove non c'era più l'orologio.

STRADADove le storie prendono vita. Scoprilo ora