6.Eroi notturni

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Amavo il venticello pungente della notte. Riempii i polmoni con quell'aria leggermente fredda che infestava la città e guardai sotto di me. Mi trovavo sul tetto di un grattacielo e ammirai quelle piccole lucine muoversi. Nonostante fosse notte fonda le strade erano ancora piene di gente anche se meno affollate rispetto al giorno.

Rivolsi lo sguardo al cielo. Era nuvoloso e non si vedevano le stelle ma ero felice lo stesso. La bellezza della notte ha sempre suscitato in me forti emozioni. Una leggera brezza mi sfiorò i capelli e mi lasciai cullare da quella magia che l'oscurità riusciva a donarmi. Quando ero piccola passavo le notti in bianco perchè mi piaceva affacciarmi alla finestra per osservare il mondo esterno avvolto da quella dolce oscurità. Quando sono diventata un hero e per la prima volta ho lavorato di notte mi sono sentita libera. Poche volte mi ero sentita così viva. Ancora oggi mi piace contemplare la notte. Non saprei descrivere la sensazione. Non lo riesco neanche a capire di che si tratti ma è qualcosa di unico, mai provato con qualcos'altro e mi piace.

«Anche a te piace lavorare la notte?» sentii una voce maschile alla mie spalle che interruppe i miei pensieri e presa di sorpresa mi girai di scatto spaventata mettendomi in posizione d'attacco. Vidi una figura familiare e una volta che riuscii a identificarla feci un sospiro di sollievo. «Scusa...non era mia intenzione spaventarti» mi disse l'uomo sedendosi tranquillamente al bordo dell'edificio e lasciando che le sue gambe penzolassero nel vuoto. Guardava davanti a sé. Non risposi alla sua domanda iniziale e mi misi seduta affianco a lui. Rimanemmo in silenzio. Guardavo le sagome scure dei palazzi. Alzai il viso per sentire meglio il fresco portato da quella lieve corrente d'aria e mi lasciai accarezzare la pelle.

Un forte rumore spezzò quella dolce quiete e mi voltai di scatto verso la direzione da cui era arrivato. Mi alzai in piedi e mi diressi velocemente dall'altra parte del tetto. Eraser mi seguì silenzioso e anche lui cercò di identificare la causa di quella sorta di esplosione. Vidi un incendio poco lontano e guardai Aizawa. «Andiamo» disse l'uomo e io annuendo mi buttai nel vuoto. L'aria fredda mi accarezzava il viso con prepotenza e quando oramai mancava poco all'impatto contro il suolo attivai il mio quirk rendendo più densa l'aria con il vapore acqueo presente all'interno e la trasformai in ghiaccio. Cominciai a correre in direzione del fuoco e sentii una mano avvolgermi il fianco. Qualcuno mi prese da dietro e mi rialzai nuovamente da terra. Aizawa mi aveva presa per la vita e ci stavamo muovendo in aria grazie alle sue fasce. "Effettivamente così siamo molto più veloci" pensai e non dissi nulla.

Mi ancorai al petto di Eraser e osservai intorno a me il mondo muoversi velocemente. Sentivo il suo respiro irregolare provocato probabilmente dallo sforzo di portare se stesso più un'altra persona. Non era esile come lo immaginavo. Con le mani riuscivo a sentire i suoi addominali. I suoi muscoli si contraevano e decontraevano con regolarità. Ci stavamo muovendo molto velocemente e arrivammo al luogo dell'incendio in pochi secondi.

Il fuoco proveniva da un edificio. Dei ragazzi uscivano correndo e urlando. Ci avvicinammo velocemente all'entrata e capimmo che era una discoteca. C'erano ancora delle persone all'interno. «Cosa è successo? C'è un villan?» chiese Aizawa ad uno dei barman che erano riusciti a scappare. «È stata colpa di un quirk. Un ragazzo ha bevuto troppo e ha cominciato a discutere con un altro ragazzo. Con il suo quirk ha accesso una scintilla ed era vicino ad una presa elettrica difettosa dove c'erano attaccati dei macchinari che sono esplosi e poi è stato tutto un effetto domino». Io ed Eraser entrammo dentro l'edificio in fiamme rassicurati dal fatto di sapere che non saremmo dovuti stare in allerta nel caso qualcuno ci avesse voluto attaccare.

Il fumo mi entrò violentemente nei polmoni. Gli occhi mi bruciavano e gli tenevo socchiusi. «C'È QUALCUNO?» urlai e tossii. «AIUTO» sentii una voce femminile e mi diressi nel punto da cui proveniva. Una ragazza dai capelli corti e viola era sdraiata a terra con una gamba incastrata sotto una luce che era caduta dal soffitto. La liberai e la portai fuori ma poco prima di uscire cadde una trave di acciaio dal soffitto che mi prese all'addome. Caddi a terra con violenza. Mi mancò il respiro. Spalancai gli occhi e inarcai la schiena. Sentii un dolore lancinante e ci misi qualche secondo prima di realizzare cosa fosse successo. Mi portai una mano sulla parte che era appena stata colpita. Sangue. «Porca miseria» sussurrai a denti stretti mentre mi rialzai con fatica e uscii insieme alla ragazza.

Aizawa era già fuori e quando mi vide, notando la parte sopra del mio kimono, che da azzurro si era tinto di rosso a causa del sangue che continuava ad uscire dalla ferita, si avvicinò a me. «Cosa è successo?» mi chiese con un tono in cui traspariva una leggera preoccupazione. In quel momento arrivarono i pompieri insieme alla polizia. L'incendio fu domato e i feriti vennero portati in ospedale. I giornalisti assetati di notizie continuavano a farci domande e noi ci allontanammo ignorandoli. Una volta seminati ci fermammo in un vicolo deserto e Aizawa mi guardò. «Devi andare in ospedale» mi disse serio ma io rifiutai. Era solo un graffio, non serviva. L'uomo si innervosì e, insistendo, scoppiò una discussione.

Il nostro forse-Aizawa×OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora