27.Solo Nashikawa Tokiko

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Muovevo nervosamente la gamba mentre osservavo il muro bianco della stanza. Tokiko era addormentata sul lettino di fronte a me. Erano passate un paio d'ore dalla mia chiaccherata con Arcanum e i pensieri volavano veloci e confusi nella mia mente.

«Tutto ok?» mi chiese Shock con voce flebile e mi voltai verso di lei accennando un leggero sorriso che scomparve poco dopo. «Non è la prima volta che succede, stai tranquilla» sussurrò cercando di calmarmi, ma quelle parole ebbero il risultato contrario. «È proprio il fatto che non sia la prima volta a preoccuparmi maggiormente» risposi con più acidità di quanta avrei voluto. Feci un respiro profondo e puntai i miei occhi su Tokiko che mi osservava con un espressione che non riuscivo a decifrare. Forse stupore, forse paura, forse rabbia.

«Forse...» cercai di parlare, ma le parole non uscivano. Erano come bloccate nella mia gola e sapevo che sarebbero state tutt'altro che apprezzate da Tokiko, ma era per il uso bene. «Rischi di farti dei seri danni. Lo sai?» dissi con voce flebile e abbassando lo sguardo. In un attimo tutta la mia energia era scomparsa come se qualcuno me l'avesse sottratta.

«Starò più attenta» rispose con tranquillità e accennò un sorriso. «Starai più attenta?!» ripetei quelle parole con sgomento e rabbia. Davvero non capiva?! O faceva finta?!
«Qui rischi di non poterti più alzare da quel fottuto letto!» urlai. Come faceva ad essere così ingenua? Basta perdere persone! Lei non la perderò! Non anche lei! Anche se mi odierà!

«Sono affari miei» rispose tranquilla lei anche se con una chiara rabbia che stava cercando di nascondere. «Mio quirk. Mio lavoro. Mia vita» continuò scandendo ogni singola parola. «Sono anni che non ho più nessuno che mi sostenga e speravo di avere trovato finalmente una persona di cui mi potessi fidare» disse guardandomi e io riuscì a malapena a sostenere il suo sguardo.

Calò il silenzio che durò pochi attimi interminabili. Qualcuno bussò e dopo qualche secondo entrò Aizawa nella stanza. Rimase sulla soglia della porta come a chiedere se potesse entrare e Shock gli sorrise come risposta. «Sono felice che tu sia qui» disse Tokiko facendo finta che la nostra conversazione di pochi istanti prima non fosse mai avvenuta.

«Come stai?» chiese Shōta con voce calma sedendosi affianco a me. «Bene. Niente di grave» rispose Shock sorridente. Sembrava così vera...
Eppure credo che dal mio viso si sia intravista una nota di disappunto perché Aizawa mi squadrò quasi a chiedere se andasse tutto bene.

«Ho fame» dissi senza pensare. Avevo bisogno di allontanarmi da lì. Non potevo vederla fingere e non dire nulla. Entrambi mi osservarono un po' stupiti, ma non dissero nulla. «Volete qualcosa da mangiare?» chiesi alzandomi. Sapevo di non essere per niente credibile, ma stavo cercando di uscire il più presto possibile. «Si, grazie» rispose Tokiko sorridendo. Mi diressi verso la porta e sentii dei passi dietro di me.

«Ti accompagno» una voce maschile mi arrivò da dietro e senza voltarmi uscii dalla stanza. «Non mi sembra carino lasciare Shock da sola» dissi cercando di farlo rientrare. «Non mi vuoi?» chiese con il suo solito tono pacato e non sapevo cosa rispondergli. In quel momento avevo bisogno di parlare con qualcuno e avere lui affianco mi avrebbe portato a sfogarmi. Ma era davvero la cosa giusta?

Continuai a camminare senza dare una risposta alla sua domanda. Sentivo solo che mi seguiva e sentivo i suoi occhi puntati su di me. «Tutto ok?» mi chiese dopo un po'. «Sono solo preoccupata» risposi. Non era una bugia dopotutto. Tuttavia, mi sentivo in colpa lo stesso. «C'è altro» insistette Shōta.
Basta domande. Ti prego. Basta!

«No» fu l'unica cosa che riuscii a dire. Uscì con prepotenza e sapevo che andava solo a confermare che qualcosa non andava, ma non importava. Aizawa si limitò ad un breve mormorio e non mi chiese più nulla.

Quando rientrammo in camera con i panini trovammo un medico di fronte al lettino di Shock. Lo osservai preoccupata e finché l'uomo non varcò la soglia della porta per andarsene rimasi in silenzio ad osservarlo.

«Ho perso l'uso del braccio destro e della parte sinistra del viso» Tokiko lo disse con voce pacata. Da quelle parole non traspariva alcuna emozione. Solo la stanchezza di chi aveva capito di essere arrivato al termine di un percorso. Niente più eroe. Niente più Shock. Solo Nashikawa Tokiko. Solo Tokiko. Mi sentii terribilmente in colpa nel sapere che non avrebbe fatto più l'eroe, ma almeno non aveva più pretesti per usare il suo quirk. Almeno era viva.

Alle 19 si chiusero gli orari di visita. Io e Aizawa salutammo Tokiko. Entrambi non sapevamo cosa dire o come comportarci. Ero completamente distrutta e non vedevo l'ora di andarmene a casa. Volevo solo farmi una doccia calda e sperare che l'acqua mi avrebbe avvolta cancellando momentaneamente tutti i miei pensieri.

«È questo che ti turbava?» una voce dolce mi arrivò alle orecchie e mi girai pigramente verso Aizawa. «Tu lo sapevi già, vero?» continuò cercando i miei occhi che in quel momento dovevano apparire completamente privi di luce. «Vuoi farmene una colpa?» dissi con durezza. Sapevo che non se lo meritava. Lui non aveva fatto niente. Stava solo cercando di capirmi, ma in quel momento io non volevo essere capita. Era anche colpa mia se Tokiko era in quella situazione. Dovevo fermarla prima. Dovevo fermarla dal giorno in cui mi aveva detto la verità. Perché non l'ho fatto?

«No, voglio solo capire se stai davvero bene come dici» rispose tranquillo Shōta e in quel momento la rabbia e il senso di colpa mi annebbiarono. «Come dovrei stare?» chiesi alzando il tono della voce. «Lasciami stare. Voglio stare da sola» conclusi e aumentai il passo allontanandomi.

«Mia» lo sentì dire, ma lo ignorai. Scusa Shōta, ma ora ti farei solo del male.

Il nostro forse-Aizawa×OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora