2.Io sono Shock

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«Andiamo!» dissi a bassa voce innervosita. Diedi un piccolo calcio al distributore. Era la terza volta che spingevo il pulsante per avere una cioccolata calda ma non funzionava e stavo cominciando a perdere la pazienza. «Credo sia rotta» disse una voce femminile in tono scherzoso dietro di me. Mi girai velocemente per scoprire di chi fosse. Pensavo di essere sola in tutto il corridoio. Le lezioni erano finite da un pezzo e molti professori erano tornati a casa.

Dietro di me c'era una donna molto giovane. Era molto bella. I suoi capelli erano neri con una striscia di un blu molto acceso dal lato sinistro. Indossava una tuta e un top neri con sopra dei fulmini azzurri e all'orecchio destro portava un orecchino d'oro a forma di saetta. La parte sinistra del viso era coperta da una maschera nera anch'essa decorata con l'immagine di un fulmine.

«Scusa. Non volevo spaventarti» disse porgendomi la mano e sorridendomi. «Io mi chiamo Tokiko ma puoi chiamarmi Shock. Sono una professoressa delle classi ordinarie. Sei nuova?» chiese gentilmente e rimasi quasi stupita dalla tranquillità che il suo tono di voce trasmetteva. «Si...sono arrivata stamattina» risposi stringendogli la mano. «Vieni. Il distributore al piano di sopra dovrebbe funzionare» mi disse facendomi un segno con la mano invitandomi a seguirla.

Salimmo al piano di sopra e finalmente riuscii a gustarmi una cioccolata calda. Amavo terminare una giornata sorseggiando qualcosa di dolce. «Tu come ti chiami?» mi chiese Shock dopo un po' di silenzio. «Scusa! Che maleducata! Mi sono dimenticata di presentarmi!» dissi spalancando gli occhi per la figuraccia. Le scappò una leggera risata vedendo la mia reazione e rendendomene conto anch'io risi. «Il mio nome da hero è Ocenia ma se vuoi puoi chiamarmi Mia. Sono una nuova professoressa nella sezione A».

I suoi occhi si illuminarono a quella affermazione. «Sezione per eroi. Bello. Conosci Aizawa quindi». Annuii con la testa mentre finii la cioccolata e buttai il bicchierino. «Lo conosci?» chiesi incuriosita dalla sua domanda. «Certamente. Anch'io sono un hero e ci siamo ritrovati a lavorare insieme in alcuni casi». Alla sua risposta la mia curiosità aumentò ulteriormente e gli chiesi di raccontarmi qualche storia. Mi raccontò di un paio di volte in cui avevano lavorato insieme. Dalle sue parole avevo capito che aveva una grande ammirazione nei confronti di Eraser. Parlava di lui come fosse il suo idolo. Sorrisi. Il tono della sua voce era allegro e dai suoi occhi percepivo gioia nel raccontare quelle storie.

Passammo insieme l'intero pomeriggio. Gli raccontai un po' di me, della mia famiglia e del fatto che mi fossi da poco trasferita in Giappone. Mi fece un sacco di domande sull'Italia e sentii un senso di nostalgia invadermi. Ero felice di essere in Giappone ma sarei stata più felice se quel giorno non fosse mai successo nulla. Cercai di cambiare discorso. I ricordi erano troppi e cominciavo a sentirmi soffocare. Tokiko doveva averlo capito perchè ad un certo punto mi ha guardata e vedendo che qualcosa non andava mi ha sorriso e ha interrotto il discorso cominciando a raccontare di quando il gatto di suo cugino portò un topo a sua zia e lei si spaventò a morte. Rimasi sorpresa da come era riuscita a capirmi senza che io gli dicessi nulla. Non succedeva da tanto tempo e dopo un po' ero riuscita a togliermi di dosso quella sensazione che provavo poco prima, tornando a sentirmi a mio agio.

Quando lei se ne andò io mi diressi in sala insegnanti per prendere le mie cose e tornare anch'io a casa. Aprii la porta e mi prese un infarto. Vidi un "coso" giallo ai piedi del muro e incuriosita mi avvicinai lentamente. Notai che si alzava e abbassava regolarmente. Era...un sacco a pelo?! Incuriosita mi avvicinai in punta di piedi per non far rumore.

«Serve qualcosa?» sentii una voce maschile provenire dal sacco a pelo e sussultai. «Scusi...non...non volevo disturbarla» dissi balbettando per l'imbarazzo. «Tranquilla...stavo giusto per alzarmi. Ho una riunione tra poco» rispose l'uomo con un tono di voce in cui ancora erano presenti i rimasugli del sonno e si alzò sistemando in un angolino il sacco a pelo. «Eraser?!» dissi a bassa voce confusa. L'uomo si girò verso di me e si avviò verso l'uscita della stanza. «A domani» disse mentre usciva senza neanche guardarmi. «A domani» risposi a bassa voce anche se ero consapevole del fatto che non fosse più nella stanza e non mi potesse sentire.

"Primo giorno superato" pensai. Non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro. Non potevo immaginarlo. Ma per la prima volta dopo mesi mi sembrava di vedere una luce. Un qualcosa di positivo dopo tanto tempo.

Il nostro forse-Aizawa×OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora