«Hey girl!» sentii un uomo chiamarmi ad alta voce. Mi girai e vidi PresentMic ed EraserHead che si avvicinavano alla panchina dove ero seduta. «Ciao» dissi sorridendo ai due. «Vieni a mangiare qualcosa con noi?» chiese Mic con un tono di voce così alto che alcuni studenti che si trovavano in giardino si girarono.
«Abbassa un po' la voce, Mic» disse Aizawa con un tono di voce leggermente infastidito. «Sorry» rispose il biondo per poi voltarsi nuovamente verso di me aspettando una risposta alla domanda di prima. «No, grazie. Non ho molta fame» risposi cercando di non apparire maleducata. «Sicura?» chiese Aizawa guardandomi. Rimasi un poco stupita. Aveva usato un tono che non gli avevo mai sentito, quasi dolce.
«Non vorrei disturbare» dissi sorridendo. «Non disturbi» mi rispose Eraser. Sorrisi e mi alzai. «Siete sicuri?» chiesi timidamente e l'uomo mi fece cenno di sì con la testa. «Va bene allora. Mi farebbe molto piacere» dissi inchinandomi leggermente in avanti in segno di ringraziamento. Andammo in un ristorante vicino alla Yuei. Non era un posto raffinato e ne fui felice. Era molto semplice come locale. Ci sedemmo e ordinammo da mangiare.
«Più tardi devo incontrare il detective Kobayashi» disse ad un certo punto PresentMic. «Quell'uomo non si sa divertire. È anche peggio di te, Shōta» aggiunse in tono scherzoso guardano l'amico che si limitò a osservarlo.
«A cosa stai lavorando?» chiesi incuriosita. «Una frode nazionale riguardante il mondo della radio e della televisione» rispose l'uomo parlandone superficialmente come se un qualcosa del genere succedesse tutti i giorni. Non sembrava molto entusiasta all'idea di lavorare a questo caso o forse non lo era all'idea di dover lavorare con quel detective.
«Non sembri molto entusiasta» feci notare al biondo. «Il caso è interessante. Il problema è che il detective con cui lavoro è troppo serio. L'altra volta si è innervosito perchè sono arrivato con due minuti di ritardo e me lo ha fatto pesare per tutto il giorno» rispose l'uomo roteando gli occhi mentre pronunciava le ultime parole. Rimasi sorpresa. Non conoscevo bene Mic ma non lo avevo mai sentito lamentarsi.
Ci arrivò il pranzo. Impugnai le bacchette e presi un raviolo immaginandone il sapore mentre il suo profumo mi faceva già venire l'acquolina. Mentre mangiavo il mio sguardo cadde sull'angolo del tavolo. C'era una crepa, come se quel pezzo si fosse staccato e poi lo avessero riattaccato. Ma non era quello ad aver attirato la mia attenzione. L'incrinatura era stata evidenziata con una vernice color oro che brillava alla luce del sole. Ci passai un dito sopra appoggiando le bacchette sul tavagliolo. «Mai vista una crepa?» chiese in tono scherzoso Mic. Alzai lo sguardo presa un po' alla sprovvista. Non pensavo mi stessero guardando. Incontrai gli occhi verdi dell'uomo e gli sorrisi.
«No» risposi lasciandomi sfuggire una leggera risata. «Non capisco perchè abbiano evidenziato la spaccatura. Di solito si cerca di nascondere le parti danneggiate» dissi tornando con lo sguardo sull'angolo del tavolo. «Kintsugi» fu l'unica parola che disse Aizawa. Rivolsi lo sguardo verso l'uomo e lo guardai confusa. «È un'antica arte giapponese. Molti si vergognano delle proprie ferite e le nascondono. L'arte del kintsugi, invece, vuole insegnare che grazie alle cicatrici si diventa unici perchè sono il segno di chi lotta. Per questo vengono risaltate con un materiale prezioso. In questo caso l'oro» mi spiegò l'uomo con tono spento per poi tornare a mangiare.
«Che bello» mormorai affascinata dalle parole di Eraser e spostai lo sguardo sulla spaccatura per poi riportare l'attenzione sul pranzo. «Anche mia nonna era fissata con il kintsugi» aggiunse Mic sorridendo dolcemente, probabilmente per dei ricordi che gli tornarono a galla. «"Solo perchè una cosa è crepata o rotta non significa che sia fragile". Lo ripeteva sempre» aggiunse chiudendo gli occhi e continuando a sorridere. «Concordo con tua nonna» dissi per poi tornare a mangiare.
Una volta pagato uscimmo dal locale e davanti all'entrata appoggiato ad un lampione c'era un uomo dai capelli castani che guardava il telefono. Indossava un completo di un grigio chiaro e sotto la giacca portava una camicia bianca. Mic sbuffò leggermente nel vederlo e si voltò verso di noi. «Quello è il detective di cui vi parlavo prima. Devo andare. Goodbye» disse il biondo per poi dirigersi verso l'uomo che notando Mic alzò lo sguardo e, appena lo raggiunse, gli cominciò a parlare.
«Bella la tradizione del kintsugi» dissi cercando di iniziare una conversazione. «Si» rispose Aizawa per poi rivolgere il suo sguardo su di me. «In Italia ne avete di simili?» chiese con un tono spento ma da cui traspariva una leggera curiosità. «Beh si, ma non molte...che io sappia. L'Italia è più un paese di artisti: poeti, pittori, musicisti, scienziati, inventori...» gli risposi sorridendo. Non ero mai stata una persona particolarmente legata al mio paese ma ne andavo molto fiera quando ne parlavo.
«Una frase di un poeta che ti piace?» chiese e rimasi un paio di secondi in silenzio a guardarlo. «C'è una frase di un poeta: Leopardi...» dissi «Il "forse" è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine ma va verso l'infinito» aggiunsi per poi rimanere in silenzio aspettando una reazione da parte di Eraser. «Bella» disse dopo un po' e sorrisi. «Forse» ribattei e con mio grande stupore anche sul suo volto apparve un sorriso. Un sorriso semplice e che durò poco ma che mi lasciò incantata.
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Il nostro forse-Aizawa×OC
FanfictionAizawa×OC «Una frase di un poeta che ti piace?» chiese e rimasi un paio di secondi in silenzio a guardarlo. «C'è una frase di un poeta: Leopardi...» dissi. «Il "forse" è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, no...