31.Voglio essere un eroe

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«Sei sicura?» mi chiese Tokiko e la guardai leggermente confusa. «Sicura di cosa?» chiesi sorridendo e finendo di bere la mia cioccolata. «Vuoi davvero sposarti?» mi chiese nuovamente e fui ancora più confusa di prima. «Certo» risposi io come se fosse la cosa più banale del mondo. «Non» disse lei «Non potresti aspettare?».

«Perché?» chiesi. Il mio sorriso scomparve e puntai i miei occhi sui suoi per quanto mi era possibile. Ora non indossava più una mezza maschera, ma una completa che le copriva il viso intero. I suoi tik erano aumentati e aveva dovuto coprire alcune parti del suo corpo che prima lasciava scoperte come l'altra metà del viso, il braccio destro e il ventre.

«Ecco...io» cominciò lei ma dopo qualche secondo cominciai a perdere la pazienza. «Tu?» chiesi esortandola a finire la frase. Immaginavo cosa volesse dirmi, ma speravo con tutta me stessa che la mia ipotesi si rivelasse errata. «Insomma» provò nuovamente a parlare «Sai che io tengo a te».

Queste parole non fecero altro che andare a rafforzare i miei dubbi e dopo l'ennesima frase non conclusa presi io in mano il discorso. «Tu non vuoi che io lo sposi» dissi con voce ferma e lei abbassò lo sguardo. Allora era vero...

«Io lo amo ancora» buttò fuori con un sussurro che poteva risultare quasi impercettibile, ma che mi arrivò con chiarezza. «Mi dispiace» dissi «ma non sono disposta a lasciarlo andare».
Lei alzò nuovamente lo sguardo e mi guardò quasi con sorpresa. «Perché no?» chiese e rimasi stupita da questa domanda. Davvero me lo stava chiedendo?

«Ti ricordo che stiamo insieme e che porto in grembo suo figlio» dissi cercando di controllare la rabbia. Non volevo farmi prendere dal momento, ma volevo mantenere la calma per quanto mi era possibile. Lei mi osservò con rabbia. «Allora?» disse come se non fosse un qualcosa di rilevante «il bambino non è un problema per me». Rimasi scioccata da quelle parole. Sembrava tutto così surreale. Non poteva dirlo sul serio. Era completamente impazzita!

«Se è uno scherzo ti avverto che non mi fa ridere» dissi alzandomi per avviarmi verso l'uscita. «Certo» disse accennando un sorriso che mi fece venire i brividi «Vieni qui, una completa sconosciuta, e poi ti metti a sbavare dietro l'uomo da cui io sto cercando di farmi notare da anni». Nelle sue parole riuscivo a sentire un chiaro astio nei miei confronti. «Allora è questo che pensi di me?» chiesi anche se dentro di me avevo già la risposta alla mia domanda.

Lei mi osservò e dai suoi occhi vidi solo disprezzo. «Bene» dissi e me ne andai. Mi allontanai senza dire nulla. Sentii gli occhi pizzicare e sperai di essere in un incubo. Perché? Perché non poteva andare tutto bene per una volta?

                                  *

La campanella che segnava la fine delle lezioni suonò e i ragazzi uscirono dall'aula. Mi preparai per uscire, ma qualcuno si mise davanti a me. Vidi degli occhi castani tendenti al verde scrutarmi e mi fermai. «Tutto ok?» chiesi e Nishio continuò ad osservarmi. «Io...» cominciò dopo pochi secondi «Io voglio essere un eroe».

Rimasi leggermente stupita da quella frase. Mi appoggiai su un banco per ascoltarla e la vidi tentennare per poi cominciare nuovamente a parlare «Stavo tornando da scuola e quando aprii la porta di casa non ci fu nessuno a darmi il bentornato».

«Andai in cucina» continuò lei con la voce tremolante «c'era un buon profumo di riso, ma l'acqua stava uscendo dalla pentola perciò mi avvicinai per spegnere il fuoco e...».
Nishio fece un respiro profondo e tornò a guardarmi dritta negli occhi. I suoi erano lucidi e probabilmente era anche un po' spaventata. «A terra vidi mamma» uscii dalle sue labbra quasi in modo innaturale «era in una pozza di sangue. Per lo spavento uscii in giardino e lì vidi mio cugino sdraiato anche lui in un lago rosso».

«Qualcuno mi sentì gridare e venne in giardino dove mi trovò rannicchiata su me stessa mentre piangevo. Nel salotto vennero ritrovati anche i corpi di papà e del nonno» disse con gli occhi spalancati come se nella sua mente stesse rivivendo tutto quanto.

Mi avvicinai a lei e la abbracciai. «È stato un villan a ucciderli. Quel signore che mi ha sentito urlare era un eroe che passava di lì e se non fosse venuto in mio soccorso sarei morta anch'io. Chi li ha uccisi era ancora in casa e stava vendendo da me» continuò e io non riuscivo a smettere di abbracciarla.

«Voglio essere un eroe perché se posso evitare che qualcun'altro provi questo stesso dolore allora lo farò» disse «Se posso aiutare qualcuno, anche solo una persona, voglio farlo». Una lacrima mi rigò il volto. Era così piccola...

«Domani stessa ora» fu l'unica cosa che riuscii a dire e sentendo queste parole lei mi abbracciò forte e mi sembrò quasi di sentirle sussurrare un "grazie".

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