19.Takazawa

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*SPOILER VIGILANTES*
VIENE RACCONTATA LA MORTE DI SHIRAKUMO. SE VOLETE SALTARLA, È LA PARTE SCRITTA IN CORSIVO.

«Come mai stai qui tutta sola?» una voce maschile familiare mi arrivò da dietro e sussultai presa alla sprovvista. «Nulla. Tra poco vado» mormorai cercando di nascondere i singhiozzi che spezzavano la mia voce. Sentii Aizawa avvicinarsi a me e cercai di asciugare frettolosamente le lacrime che erano uscite incontrollate dai miei occhi. «Cosa succede?» mi chiese l'uomo con un tono da cui traspariva una leggera preoccupazione. «Tranquillo» cercai di dire il più convincente possibile, ma la mia voce venne nuovamente rotta da un altro singhiozzo.

Eraser si sedette al mio fianco sul banco e mi cinse le spalle con un braccio. Mi avvicinò a lui e io mi lasciai trasportare fino alla sua spalla. Non disse nulla. Le lacrime continuavano a scendere silenziose ma non cercavo di frenarle. In quel momento mi sentivo protetta da Aizawa. Dopo un paio di minuti mi allontanai da lui e puntai lo sguardo in quei suoi occhi neri in cui ogni volta riuscivo a sprofondare.

«Cos'è successo?» chiese nuovamente l'uomo e io continuai a guardarlo senza dire nulla. Non avevo mai raccontato a nessuno di Thomas. Avrei dovuto? Potevo fidarmi di Eraser? Ma perché avrei dovuto rischiare? Ne valeva la pena?...

«Oggi è un anno da quando è morto il mio miglior amico» mormorai «Avevamo aperto un'agenzia insieme. Stavamo realizzando i nostri sogni. Tutto sembrava essere perfetto». Sentii nuove lacrime lottare per uscire e Aizawa non disse nulla. «Un giorno abbiamo litigato e per sbollire un po' la rabbia è uscito. Un camion è passato con il rosso e...» scoppiai nuovamente a piangere prima di finire la frase e Aizawa mi abbracciò.

«Se non avessimo litigato non sarebbe uscito» mormorai tra i singhiozzi e mi rannicchiai tra le braccia di Eraser. Non lo avevo mai detto a nessuno. Quello era il mio modo per dire che mi sentivo responsabile. Aizawa se ne accorse e mi strinse leggermente più forte. «Non è colpa tua. La colpa è solo dell'autista di quel camion» disse. «Sai cosa vuol dire sentirsi in colpa per la morte di una persona così importante per te?» chiesi cercando di fargli capire che la sua risposta non mi aiutava e forse non volevo neanche un aiuto. Tuttavia, rispose alla mia domanda e quello che disse mi stupì.

«Sì» mormorò e alzai lo sguardo per far incrociare i nostri sguardi. Vidi un velo di dolore posarsi sulle sue iridi e schiusi le labbra per dire qualcosa, ma le parole mi morirono in gola. «Shirakumo...andavamo allo Yuei insieme» cominciò a raccontare tenendo lo sguardo su di me «Era il mio migliore amico. Un giorno siamo stati accettati per il tirocinio dallo stesso eroe». Si fermò un paio di secondi e notai i suoi occhi diventare lucidi e istintivamente gli posai una mano sulla guancia. La sua barba mi pungeva leggermente il palmo e lui continuò a parlare...

Un giorno, mentre stavamo aiutando dei bambini di un asilo, un villan ci attaccò. Il palazzo alle nostre spalle crollò e le macerie ci precipitarono addosso. Mi muovevo velocemente cercando di schivarle. Il cuore mi martellava nel petto e sentivo la paura crescere rapidamente dentro di me. Caddi. Un pezzo di cemento mi colpì alla spalla. Ricordo di aver aperto gli occhi e aver sentito un forte dolore al braccio. Portai una mano dove sentivo il dolore e sentii qualcosa di strano e dopo pochi secondi capii che era sangue. Le macerie avevano smesso di cadere e mi alzai in piedi dolorante. Chiamai Shirakumo e poi l'hero con cui stavo facendo il tirocinio. Urlai i loro nomi ma nessuno mi rispondeva. Mi guardai intorno impaurito. C'erano solo macerie e polvere. Sentii un rumore e mi voltai. Vidi il villan che ci aveva attaccato avvicinarsi a me. Era enorme e sbarrai gli occhi per la paura. Non sapevo cosa fare. «Dai Shōta! Puoi farcela!» la voce di Shirakumo mi arrivò chiara e mi voltai cercandolo, ma non lo vidi. Pensai che dovesse essere sotto uno di quei pezzi di cemento e notai a terra uno dei suoi megafoni. Pensai mi stesse parlando con quello. «Dai Shōta! Sei la nostra unica speranza! Puoi farcela!» continuava ad urlare e mi voltai nuovamente verso il villan che si stava avvicinando a me. «Ricorda...tu sei un hero!» disse e a quelle parole raccolsi tutto il coraggio che avevo e attaccai il villan. Combattevo, ma la paura non accennava ad andarsene e Shirakumo continuava a gridarmi che potevo farcela. Non so come...ma riuscii a sconfiggerlo. Vidi il villan crollare a terra inerme e ripresi fiato. Sentii un tuono e in quel momento cominciò a piovere. «Shirakumo...c'è l'ho fatta!» urlai lasciando che la paura e l'adrenalina uscissero fuori insieme alla mia voce. Pochi secondi dopo arrivarono alcuni eroi e Midnight che, essendo più grande di me, era praticamente un'eroina professionista e stava per laurearsi. Le sorrisi. Per la prima volta mi ero comportato da eroe. Lei mi guardò con le lacrime agli occhi. «Che succede?» chiesi confuso. Avevo vinto. Perché era triste? «Shirakumo...» mormorò e la paura mi invase di nuovo. «È grave?» chiesi e poi guardai il megafono da cui mi aveva parlato durante tutta la battaglia. Un mio compagno di classe, che faceva il tirocinio insieme a Mic, lo prese tra le mani e vidi che era completamente distrutto. Era impossibile che Shirakumo mi avesse parlato da lì. Mi voltai e vidi che l'hero con cui stavo facendo il tirocinio non era sopravvissuto al crollo del palazzo. Un nuovo terrore mi invase e cominciai a cercare Shirakumo...
Vidi dei medici che estraevano il suo corpo da sotto le macerie e lo infilavano in un sacco per cadaveri...
Sono l'unico sopravvissuto di quello scontro...

«Avevo 16 anni...è passato tanto tempo ma...la paura di perdere qualcuno è enorme...per questo sono così protettivo anche con gli studenti» mormorò infine. Shōta finii di raccontare e una lacrima rigò il suo volto bagnando la mia mano che era ancora posata sulla guancia. «Tutti noi abbiamo perso qualcuno di importante» mormorò guardandomi negli occhi «Ma non possiamo lasciarci divorare dal dolore. Dobbiamo affrontarlo. Solo così riusciremo a vivere una vita degna di essere vissuta. Solo così la loro morte non sarà anche la loro fine» disse per poi rimanere in silenzio ad osservarmi.

«Forse...è più facile a dirsi che a farsi» mormorai avvicinando il mio viso al suo. «Ricordi?» mi chiese «Il "forse" va verso l'infinito. È niente è impossibile nell'infinito». I nostri volti si avvicinarono fino a quando non restavano pochi centimetri di distanza. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle e i nostri occhi non si staccarono neanche per un secondo. «E che cos'è l'infinito?» chiesi con la voce ridotta ad un sussurro ma con le lacrime che avevano cessato di uscire.

Shōta non rispose e si avvicinò ancora di più annullando completamente la distanza tra i nostri visi. Sentii la sua barbetta incolta pungermi gentilmente il volto e le sue labbra si posarono delicatamente sulle mie. Sentii il cuore esplodermi. Era come se il tempo si fosse fermato ma nello stesso momento tutto cominciò a girare intorno a noi. Aizawa posò una mano sulla mia nuca e io cinsi le mie braccia attorno al suo collo. Il suo calore mi avvolse e le sue dita cominciarono a intrecciarsi con i miei capelli mentre l'altra mano era scesa sul mio fianco. I miei pensieri si fermarono e mi lasciai trasportare dalle sue labbra.

«Mia...» il momento venne bruscamente interrotto da una voce femminile che pronunciò il mio nome. Mi voltai rapidamente e vidi Tokiko che ci guardava. Con sguardo deluso mi osservava e prima che potessi dire qualcosa se ne andò.

ANGOLO AUTORE
Takazawa è il nome della ship. Ringraziate momomacchiarella per questo nome:)
Bellissimo
Ovviamente è l'unione di Aizawa e Takahashi, i cognomi dei nostri due protagonisti. Spero non ci sia bisogno di spiegarlo ma va bè...
Vi piace il nome? :)

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