37. It's just Bussiness

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Pᴀɪɢᴇ

«Comunque, se proprio vogliamo dirlo, l'anno nuovo ha portato con sé già fin troppe sorprese», sostiene Noah.

Con la testa poggiata sul suo petto, sospiro in maniera evidente. «Un tradimento risalente a più di dieci anni fa, una sorella e un probabile nuovo nascituro in arrivo», elenco tracciando con la punta delle dita dei cerchi immaginari sulla sua pelle. «Sì, direi che i primi due mesi sono stati abbastanza pieni»

E, per chiudere questo febbraio in bellezza, la settimana prossima partiremo per New York.

Cambio posizione e sguscio via dalla presa di Noah. Mi sistemo a pancia in giù e sollevo le gambe nude, incrociandole. L'unico indumento che ho addosso è la felpa del mio ragazzo – quella che, per inciso, gli ho regalato io lo scorso Natale – e il suo tepore mi avvolge completamente.

«Sto pensando a Lili e a mio fratello», gli confesso, spostando una ciocca di capelli che mi ricade davanti agli occhi. Immagino che, se mi dessi uno sguardo allo specchio, non mi riconoscerei per quanto sono sfatta. «Credi che loro terranno il bambino?»

Il braccio con cui mi teneva stretta si flette e finisce sotto la sua testa. Fa spallucce. «Dipende se se la sentono o meno di averne uno», mi risponde. «Essere genitori è il lavoro più difficile del mondo, immagino. Non c'è nessuno che ti prepara a tutto ciò che dovrai affrontare», sostiene.

Una mezza risata amara lascia le mie labbra. «Già, hai ragione. Però, a essere onesta, l'idea di essere zia mi piace», ammetto, vagando con la fantasia. «Io sarei il tipo di zia che giocherebbe sempre con i propri nipoti e li vizierebbe comprandogli tantissime cose. Poi, se i loro genitori vogliono stare un po' da soli, io mi farei avanti per fare da baby-sitter e organizzerei serate spaziali: costruzione di un fortino, just dance, pizza e gelato davanti ai ilm della Disney, nascondino...»

«Insomma, vuoi essere la zia preferita»

Schiocco le dita. «Esattamente!»

Noah mi scruta e dal modo in cui lo fa capisco che vuole chiedermi qualcosa. «Ti piacerebbe essere madre un giorno?»

Annuisco piano. «Tanto», aggiungo a voce. Il mio è un desiderio legato al fatto che non ho avuta una famiglia unita ma, se qualcuno guardasse dentro di me, scoprirebbe che ho tanto amore da donare. «E tu, invece?»

«Non ho mai pensato a come sarebbe essere madre, onestamente», ammette. «Ingrassare giorno dopo giorno per nove mesi fino a sembrare un cocomero, vomitare la mattina e poi soffrire per cacciare fuori un esserino dal mio corpo...», prosegue, fingendosi disgustato. Scuote il capo e sbarra gli occhi. «Salverei solo le voglie e il fatto che non potrei essere contraddetto, ma per il resto preferisco il ruolo maschile nella coppia»

Alzo l'angolo della bocca. «Non ho dubbi che saresti un bravo padre», gli confesso. «Proprio come il tuo»

E non dico bugie.
Noah Taylor è un ragazzo d'oro – il mio ragazzo d'oro – e sono profondamente grata all'universo per aver fatto incrociare le nostre strade. E spero che resti in giro per molto tempo ancora.

Sembra contento del complimento che gli ho appena fatto e le sue labbra si distendono. Si solleva sui gomiti, sporgendosi nella mia direzione, e il suo viso si fa sempre più vicino al mio. Mi sistema i capelli scuri e le sue dita scivolano in una lieve carezza che mi fa stringere le cosce e sentire le farfalle nello stomaco. «Grazie», mormora prima di baciarmi sulla fronte.

Le sue mani afferrano i fianchi e mi spostano. Finisco a cavalcioni sul suo corpo. «Tre», butto fuori, posando le mani sulle sue spalle nude.

«Tre cosa?», domanda, evidentemente confuso.

Regina delle NeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora