Capitolo IX- Vivo o morto

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«C'è un ragazzo sull'albero. Ehi ragazzi, perché non fate niente? Aiutiamolo, altrimenti cade»
Era un ragazzo dall'aria familiare ma con il volto oscurato e non c'era verso di riconoscerlo.

Mi chiesi come ci fosse arrivato lì ma, sembrava essere terrorizzato dall'idea di cadere.
Anche perché l'albero di pioppo era più alto del solito.

Rachel, Hunter e Steve continuavano a guardare prima l'albero e poi me, senza dire una parola.
«Hazel, non c'è nessun ragazzo. Andiamo dai, sta per piovere» indicarono il cielo grigio.

Steve afferrò il mio braccio e, con insistenza, cercò di trascinarmi dentro. Erano entrambi agitati come se, quello che dicessi, li turbasse.
Continuai a guardare quello strano ragazzo stare seduto su un ramo del grande e alto albero.

Non si muoveva e, in un primo momento, pensai si trattasse di una statua fino a quando, con una velocità surreale, afferrò uno scoiattolo che stava salendo lungo la corteccia.

Fu così che i suoi occhi cambiarono colore mentre il suo viso iniziava a prendere forma.
Mi sorrise mostrando i canini affilati e l'oscurità sul viso iniziò a dissolversi.
Sentii come una pugnalata nel petto quando vidi negli occhi quella persona.

Impossibile.
Il piccolo scoiattolo bloccato nel palmo della mano di Javier, cercava di liberarsi agitandosi.
«Ragazzi è Javier, lo scoiattolo ha paura!» iniziai a tremare con gli occhi spalancati che trattenevano le lacrime.

Poi l'orrore.
Javier azzannò violentemente lo scoiattolo mentre il sangue iniziava a scendergli dalla bocca. Diede un altro boccone e, soddisfatto, gettò quel poco rimasto dello scoiattolo a terra.

Immobile era, oramai, l'animale divorato. E, proprio in quel momento, Javier scese dall'albero.
Mi girai verso i miei amici che, piangendo, mi dissero 'te lo avevamo detto'.

Urlai a squarciagola quando, anche loro, caddero a terra, giacenti con il volto bianco e freddo.
Iniziai a correre più veloce che potevo ma Javier era più veloce.

Lo era sempre stato.
Mi raggiunse in un attimo e sorrise mostrando i denti sporchi di sangue.
«Lasciami!»
«Sto arrivando Hazel, sto arrivando»

Mi svegliai sudata, con l'agitazione e i brividi di freddo addosso per via del sogno che aveva reso, il mio risveglio, uno dei peggiori.
Rimasi a guardare il soffitto per qualche minuto, cercando di calmarmi e tornare con i piedi a terra.

Perché lui? Continuai a chiedermelo per svariati minuti, sentendo le lacrime scendere sul viso.

Odiavo il fatto che Javier, nonostante fosse morto, continuava a tormentarmi.
Desideravo non vederlo ma, più provavo ad allontanare quel pensiero, più lui tornava a ricordarmi l'orrore dell'anno precedentemente trascorso.

Era tutto finito, eppure, mi chiedevo come mai non riuscissi a capacitarmene. Non avevo motivo di stare in pensiero o di agitarmi.

Forza Hazel, alzati!
Quella mattina, oltretutto, era più fredda e gelida che mai. Il freddo entrava nelle ossa e ad ogni movimento, qualche muscolo del corpo s'irrigidiva dinanzi all'inverno, che stava arrivando con qualche mese in anticipo a Medwegya.

La mia sveglia suonò alle sette di mattina per ricordarmi che avevo un allenamento da fare e che non potevo tardare.
Ma, ero già sveglia a causa di quell'incubo.

Nightfall light [In pausa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora