Capitolo XXII-Nella tana del..vampiro

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Scegliemmo la sera in cui, le guardie di Lyon, non erano fuori a fare la loro solita e noiosa vita da immobili statuine che sbarravano occhi e aguzzavano le orecchie per non farsi sfuggire nulla.

Meglio così, pensai.
Con le guardie attorno non avremmo potuto fare niente. Ci avrebbero seguiti, di sicuro.

Avevo ancora l'odore del suo sangue su di me, la maglia sporca di esso e l'immagine del suo collo che veniva spezzato via dal resto del corpo e gettato ai piedi dei suoi amici.

Ed ero stato io a farlo.

Zero rancori durante l'atto, solo tanta sete di vendetta, voglia di porre fine a quella scenetta. Perché la loro era solo scena e vedere il terrore, la rabbia, l'impotenza nei loro occhi, non fece altro che confermare che giocavano a fare i cattivi ma guidati da altri.

Non avrei permesso a nessuno di mettere i piedi in testa alla Rosa Nera, non più.
Eravamo stanchi dei loro giochi, stanchi delle provocazioni ed io, più di tutti, ero stanco di essere all'oscuro, di non sapere la verità.

Ma, in fin dei conti, non ero così.
Cercavo di tenere a bada, di controllare il demone che avevo dentro ma, come potevo fermarmi?

Come potevo dire a me stesso di smetterla quando il destino giocava sporco con me? Come se uccidere fosse l'unica soluzione?
Come potevo fermarmi se, neanche io, lo volevo davvero? O si?

Se solo le persone smettessero di togliermi tutto ciò per cui agisco in quel modo..

Mi ritrovai lì, nel vialetto della villa, appena sceso dalla macchina con in sottofondo i ragazzi che pronunciavano parole che ignoravo perché, in quel momento, non ero presente.

Era come se fossi in un altro mondo, in un'altra realtà e, a farmi compagnia, vi era la parte oscura, il demone, che compiaciuto si congratulava con me, elogiandomi di tanto in tanto.
Per lui, uccidere era la soluzione a tutto.

«È nella tua natura» diceva, ma dall'altra parte vi era tutto ciò che si poteva definire razionale, giusto che non faceva altro che farmi sentire colpevole, un mostro.

Alla fine dei giochi, restavo sempre e comunque io a doverne pagare le conseguenze.

Durante il ritorno in macchina, Garret non proferì parola e quel silenzio mi fece vacillare dal pensare se, ciò che avessi fatto, fosse sbagliato o giusto per lui, se Garret si fosse pentito delle parole dette precedentemente.

Mi sentivo come se fossi ad un passo da Hazel e, allo stesso, più lontano.
«Ci saranno delle conseguenze» furono le ultime parole che sentii da Garret, usciti dal locale.

E di questo ne ero certo.
Quel biglietto da visita non avrebbe lasciato indifferenti i membri del Drago D'Oriente, né tantomeno chi li guidava.
Era lui il nostro obiettivo.

Quel lui di cui non conoscevamo il nome, il volto ma che credevamo fortemente c'entrasse qualcosa con Javier ed il suo clan e con l'apparizione delle creature con il sangue di Hazel.

«Pagherei milioni per vedere la faccia di quel coglione quando si ritrova avanti il regalino firmato Michealson» Tyson rilasciò un urlo «Che cazzo di adrenalina ragazzi! Brayden, devo essere sincero, mi hai fatto godere»

Circondò il mio collo per stringermi in un abbraccio fraterno che non ricambiai.
Volevo farmi una doccia, farmi scivolare addosso il sangue non mio e tornare, per pochi secondi, pulito.

Stephan mi passò una sigaretta ma non ebbi neanche il tempo di prendere l'accendino che percepii una presenza indesiderata. E non fui l'unico.

Quella strana presenza, a notte fonda, venne percepita da tutti gli altri scatenando l'attenzione dei presenti.
C'erano odori diversi dai nostri, odori che non riguardavano noi, odori troppo intensi da passare inosservati. Odore di cane.

Nightfall light [In pausa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora