Capitolo XXIV-La baracca

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Ringrazio il mio migliore amico Mirko per avermi aiutata a concludere questo capitolo che mi ha tolto la salute ahahaha.
Buona lettura a tutti.

Poggiai il capo sul finestrino dell'auto di Garret che viaggiava ad una velocità alquanto moderata e insolita, al di fuori della città e, sebbene il mio lato polemico avrebbe voluto dire di accelerare o cambiare quella inaudibile musica di vecchio stampo, rimasi in silenzio e imbambolato a guardare l'esterno.

Medwegya era sempre stata fredda, caratterizzata da temperature che superavano i dieci gradi sotto  lo zero ma, quell'inverno, sembrava superare di grande lunga gli altri.

La neve era apparsa giorni prima, macchiando di poco l'asfalto senza imbrattarlo del tutto ma, da come gli esperti parlavano, ben presto ci sarebbe stata un'ondata di freddo che avrebbe sommerso Medwegya da una vasta quantità di neve.

Amavo la neve, il fatto che fosse così gelidamente perfetta, il modo in cui cadeva silenziosa, la delicatezza, eppure in quell'ultimo periodo, più la guardavo più non riuscivo a trovare nulla di bello in essa.

Gli alberi del bosco limitrofo perdevano le ultime foglie rimaste diventando sempre più spogli, scoperti e incredibilmente tristi, o almeno così sembravano.
O magari, a vederli in quel modo, ero solo io.

Ma come potevo vedere colori in un mondo grigio?
Perché, più passavano giorni, più mi rendevo conto che il mondo attorno a me diventava sempre più piccolo, insignificante e, come me, anche lui iniziava a spegnersi lentamente.

Garret estrasse un pacchetto di Marlboro dalla tasca del pantalone e lo lanciò sulle mie gambe, come se avesse intuito il mio bisogno di nicotina. Avevo bisogno di altro per affrontare ciò a cui stavo andando incontro.

«Cosa speri di ottenere parlandogli?» chiese guardandomi con la coda dell'occhio senza distogliere lo sguardo dalla strada.

Non risposi a quella domanda ma Garret, conoscendomi, continuò ad insistere nonostante sapesse già la risposta. Garret sapeva sempre tutto ma preferiva sentirselo dire ed io odiavo doverne parlare.
«Rispondi, che speri di otten-»

«Sei stato tu a dirmi che lui avrebbe parlato solo con me quindi, sentiamo cosa ha da dire» risposi deciso e con una risposta che valesse il silenzio per cessare quell'improvviso interrogatorio.

L'obiettivo di Garret era tutt'altro. A lui non interessava molto sapere del perché mi ero deciso a parlare con John, piuttosto era pronto ad elencarmi tutte le conseguenze che quell'incontro avrebbe portato.

«L'ultima volta hai perso il controllo» il suo tono parve preoccupato e allo stesso tempo tempo rimproverante, come suo solito fare.
«Lo so»

Ne ero al corrente e man mano che i minuti avanzavano e la meta era più vicina, mi rendevo conto di dover affrontare mio padre; tuttavia non sapevo se sarei riuscito o meno a controllarmi.

«Non deve succedere di nuovo Brayden. Quando lo hai visto al centro commerc-» continuò con la sua predica.
«Lo so Garret ma quella volta fu una sorpresa per me. Immagina di vedere tuo padre, in piedi, dopo anni che lo credevi morto»

Non perdere il controllo con John davanti era difficile ma non impossibile e se non avessi dato ascolto ai sentimenti, avrei evitato che loro mi consumassero, avrei avuto la meglio e sarei riuscito a controllarmi.

«Voglio che resti con me, che ascolti anche tu» dissi a Garret che prese la mia richiesta non come tale bensì come un ordine e, nonostante non prendesse ordini da nessuno, acconsentì subito.

«A prescindere, non ti avrei lasciato solo con lui»

Garret non era mai stato un uomo falso e menzognero. Quando diceva una cosa difficilmente si trattava di una falsa notizia ma quella volta, quella volta si era davvero superato e la frase 'non lo troverà nessuno' non era mai stata così vera.

Nightfall light [In pausa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora