Capitolo XXIX-Cenere

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'Confermi, dinanzi alla corte dei capi delle comunità magiche, di essere una creatura ibrida pericolosa, letale per l'intero mondo magico e abolita anche dalla magia nera? Confermi di essere una Yokai?'

'Non sono pericolosa'
Le guardie della corte mi afferrarono con violenza, spintonandomi sul pavimento.
Caddi a terra e gli uomini piombarono su di me.

'Non sono pericolosa! Non ho fatto niente di male' urlai in preda al panico ma uno dei due uomini alzò in aria un pugnale dalla punta affilata, nella mia direzione.

Dii pure addio alla tua inutile vita'
'No, ti prego! Ti prego!'
Ma nessuno dei due ascoltò le mie suppliche. La lama venne verso di me e-

«No!» mi alzai di colpo con il respiro affannato, il corpo pervaso dal sudore e il petto pesante e dolorante per lo spavento, che continuava ad alzarsi e abbassarsi repentino.
Mi guardai attorno disorientata, in preda al panico, non sapendo dove fossi e perché vi era solo buio ad accerchiarmi.

Qualche secondo dopo, ebbi la nausea, lo stomaco iniziò a bruciarmi e a farmi male e, quando sentii qualcosa di acuto salirmi lungo esso, fino alla gola, corsi verso l'unica porta in quella stanza che iniziava a prendere forma e i ricordi più vividi.
Corsi in bagno e vomitai.

Il mio corpo espulse qualsiasi contenuto gastrico a lui indesiderato e rigettai fuori del sangue, probabilmente lo stesso del giorno prima.
Non ero abituata ad assumerlo e, anche se lo fossi stata, avrei dovuto lottare con la parte originale di me, quella che non aveva il sangue sulla lista per la sopravvivenza.

Devo abituarmi, prima o poi.
Non so quanto tempo ci avrei messo a farlo ma odiavo la reazione che il mio corpo aveva nel berlo e, odiavo vomitare.

Mi lavai la bocca, il viso, notando dei leggeri cambiamenti rispetto a qualche ora prima ma l'aspetto che avevo non era comunque dei migliori.
Il mio corpo nudo, inoltre, aveva dei lividi violacei e qualche graffio sulle gambe e sulle braccia per via degli arbusti alti nel bosco che graffiarono la mia pelle.

La mattina, a mente lucida, la realtà spaventava ancor di più.
Mi trovavo in una stanza di hotel, sola, spaesata, con il rischio di essere scoperta, senza la possibilità di poter scambiare parola con qualcuno, neanche a tremila metri di altitudine.

Mi chiesi come avesse fatto Kylian, l'alchimista yokai, a rimanere nascosto per tutti quegli anni e, soprattutto, vivo.
Avrei voluto avere la sua stessa prontezza e sicurezza in situazioni come la mia ma io, morivo dentro. Al solo pensiero, riuscivo a malapena a respirare o pensare.

Odiavo stare al centro dell'attenzione, eppure, gli eventi non andarono a mio favore. Avevo i capi delle comunità, piani alti e massimi poteri del mondo magico, che mi cercavano, che mi volevano morta e la mia esperienza in fuggitiva era pari a zero.

Me, che piansi un'ora intera per aver divorato uno scoiattolo per non morire di fame feroce.
Me, che mi ero sacrificata tante volte, andando incontro all'incognito pur di salvare vite, rischiando la mia.

Me, che avevo perso persone a me care pur di non creare caos nel mondo mondano, per cercare di riparare tutto ciò che sarebbe spettato all'ordine di difesa di Lyon.
Me, che avevo sempre sognato una vita tranquilla, la normalità.

Ed ero una ragazza normale anch'io. Cosa avevo di diverso dagli altri? Due tipi di sangue?
Non era, di certo, il sangue a stabilire la persona.
È vero, agli occhi degli altri, ero pericolosa ma cosa avrei mai fatto di così tanto infido?

Continuavo a ripetermelo, secondo dopo secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno cercando delle risposte ma far cambiare idea ai capi di Lyon era come non cavare un ragno dal buco, piuttosto inutile e pieno di sforzi che non avrebbero portato a nulla. 

Nightfall light [In pausa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora