Capitolo XXV-Brown's Dairy

296 21 3
                                    

Stephan fu il primo che venne aggiornato su quanto accaduto l'ora precedente.
Mi presentai dinanzi alla porta 312, la sua camera, alle sette del mattino ma ciò che vidi posticipò il racconto.

Mi accolse a petto nudo, sorpreso di vedermi a quell'ora davanti alla sua porta e con un viso provato e stanco e una sigaretta tra le labbra. Il mio aspetto fu tanto inaspettato quanto il suo, completamente l'opposto.

Era più arzillo che mai, arrossato in viso per l'imbarazzo, le guance leggermente infiammate e i capelli scompigliati, come se qualcuno glieli avesse toccati, il che mi portò a pensare che non era solo.
Anche perché Stephan odiava toccarsi i capelli.

Quel qualcuno se ne stava disteso sul letto, alle sue spalle, in penombra e non ci volle molto a capire che si trattava di Kyle.
Non chiesi nulla a riguardo e invitai entrambi, con sarcasmo, a finire quel che avevano iniziato, semmai avessero iniziato un qualcosa.

Era strano pensare a loro due insieme ma il pensiero non mi disturbava affatto.

Buon per loro, pensai mentre uscivo all'esterno incrociando lo sguardo con una guardia di Lyon che, come suo solito fare, era immobile in piedi a sorvegliare. Talmente immobile che sul cappello si era accumulata un malloppo di neve.

«Rompete il cazzo anche la mattina, incredibile» dissi fischiettando.

Avrei voluto che qualcuno di loro, prima o poi, avesse risposto alle mie provocazione in quanto, quel fastidioso silenzio e lo sguardo strafottente di chi eseguiva semplicemente gli ordini e non vedeva l'ora di ricavare un bel bottino per ogni informazione ottenuta, mi urtavano ancor più.

«E non guardarmi con quella faccia da culo che ti ritrovi, coglione»

Percorsi il vialetto sterrato e bianco che proseguiva sino al retro della villa, la zona in cui era presente il giardino dove i cani, appartenenti ai membri della Rosa Nera, se ne stavano accovacciati sulla gelida neve o rintanati nelle cucce di legno di pino all'interno.

La vidi subito. Era distesa a terra con sguardo spento mentre osservava la neve cadere dall'alto, le orecchie abbassate e tirate indietro e le zampe anteriori sotto il muso.

Il pelo era bagnato dalla neve che si scioglieva velocemente per via del calore corporeo e mi chiesi da quanto tempo fosse lì fuori.

Non appena mi vide, si alzò su quattro zampe e, con passo lento, arrivò alla staccionata fin dove ero io e si guardò attorno alla ricerca, probabilmente, della stessa persona che desideravo fosse lì.

«Lo so, non è me che volevi vedere»

Poco dopo, Stephan mi raggiunse e, in seguito ad una sigaretta, mi chiese se ci fossero delle novità e del perché mi ero presentato da lui così presto.
Gli raccontai, per filo e per segno, l'incontro con John, ogni singola parola detta, ogni mia domanda e, di conseguenza, le risposte inerenti.

Non parve sorpreso del comportamento di John, bensì imprecò per non averlo svegliato.
«Avrei voluto vedere dove Garret lo ha rinchiuso. Un bunker sotterraneo hai detto?»
«Non ti sei perso niente, quel posto era una merda»

Mi scusai con lui nel caso avessi interrotto qualche attività notturna ma, Stephan ignorò le mie scuse per evitare il discorso 'Kyle', concentrandosi sul resto che lo spiazzò.

«Javier ha un figlio?» si stropicciò gli occhi «Quindi dietro tutto quello che sta accadendo c'è lui?»
«È quello che pensiamo io e Garret» risposi guardando la mano di Stephan accarezzare il soffice e bagnato pelo di Iris.

«Che se ci pensi, avrebbe anche senso. Garret, se non sbaglio, una volta mi disse che la moglie di Javier per qualche anno dovette tornare nel suo paese natale. Magari era già incinta e lo ha partorito lì» continuò Stephan a voce bassa.

Nightfall light [In pausa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora