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Un fosco temporale danzava sopra di lei disegnando con le lunghe nuvole, inquietanti forme circolari.

Faceva freddo e di tanto in tanto lampi violacei squartavano la terra provocando rombi furiosi.

Terrore puro scorreva nelle sue vene, come una linfa vitale.

La sua pelle diafana, così pulita e perfetta, risaltava in modo quasi tetro al contatto con ciò che la circondava.

Uno spettacolo macabro che la faceva tremare ad ogni passo.

Per qualche istante un vento invernale sollevò i suoi ricci e li trasportò lontano, intrecciando le ciocche in fregi decorativi.

Era completamente sola.

Sola in quelle pianure devastate dall'incendio.

Sola mentre percorreva quel sentiero ricoperto di finissima cenere nera.

Hermione si ritrovò a scuotere il capo scacciando il pensiero, perché non era vero ed era questo che la tormentava e la spaventava di più.

Non era affatto da sola.

In effetti c'erano centinaia, se non migliaia di altre figure attorno a lei, in quel luogo senza tempo e spazio.

Centinaia di migliaia di ombre.

Cadaveri.

E lei, nuda, ci camminava sopra.

I piedi, completamente imbrattati di sangue e viscere.

Un sangue scuro e vischioso che in certi istanti sembrava perfino risalire la sua pelle vergine e delicata.

Hermione inghiottì la paura e mentre un paio di lacrime cominciavano a scorrere sul suo volto caldo, prese ad arrampicarsi su quella montagna di cadaveri smembrati che le stava di fronte.

Le sue dita affondavano nella cerna marcia e decomposta di persone che non aveva ma nemmeno visto, ma di cui sentiva ancora i lamenti, che si sollevavano assieme a quel vento artico, cavalcato dalla morte.

Era un monte di spettri ed era sempre più difficile proseguire, mano a mano che saliva perché le sue forze l'abbandonavano e i passi erano sempre più pesanti e lei era sempre più stanca.

Scivolò su qualcosa.

Sulla carne di qualcuno o sulle ossa forse.

Gridò, in preda ad una caduta folle.

Il suo corpo nudo si sfregiò contro i cadaveri freddi, sporcandosi degli umori maledetti e del sangue crudo di quelle persone.

Singhiozzando a fatica, riprese a salire, ignorando i secoli che passavano e si dissolvevano.

Risalì la montagna, come se la sua stessa vita, la sua stessa esistenza dipendesse da essa.

E forse, in fondo, era proprio così.

Alla fine, raggiunse la cima di quei teschi e di quei corpi strappati e sviscerati.

Era sporca di sangue e imbrattata di liquidi decomposti, ma non le importava, perché ora aveva raggiunto la cima e sulle cima c'era lui.

C'era il suo corpo morto.

Piegato in un modo quasi innaturale.

Gli occhi bianchi, girati all'indietro e le labbra socchiuse in quel sorriso che aveva illuminato il mondo per l'ultima volta.

Il suo corpo era anch'esso nudo, ma Hermione non riusciva a mettere a fuoco perfettamente i dettagli di quell'incubo.

Fu quando un lampo dal vago colore cianotico si infranse proprio alle sue spalle che riuscì a vedere il suo corpo devastato.

Cuore di VetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora