Capitolo 42: +.083, +.083, +.083

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Giugno

"Ho messo i miei mobili nella tua sala da ballo".

Draco guardò Theo elaborare quell'affermazione: un battito di ciglia di confusione, una cresta di comprensione e, infine, un'alzata di spalle di accettazione.

"Un po' meschino da parte loro, non credi? Cacciarti dall'appartamento ma farti tenere tutti i mobili?"

"L'ho sporcato, evidentemente".

"I beni immobili, però...", riprese Theo, scrollando di nuovo le spalle.

"Non mi intrometterò a lungo", disse Draco. "Troverò un nuovo appartamento non appena avrò capito" - una pausa - "cosa posso permettermi".

"È stato difficile non fare smorfie lì? So che ho fatto fatica".

"Sei la migliore amica che non mi sostiene, te ne rendi conto, vero?

"Fa parte del mio fascino".

Draco trattenne un sospiro, cercando di tenere a bada l'ansia e il dolore. Aveva un debito enorme con Theo per averlo accolto, non che Draco si sarebbe aspettato altro. Ma nel chiedere la diseredazione, nel perdere Hermione, nel vedersi chiudere i conti e recuperare l'appartamento, Draco sentiva una certa mancanza di controllo sulla propria vita. Aveva una sala da ballo piena di mobili e un negozio di pozioni in erba a suo nome, niente di più.

Il sorriso di Theo vacillò, e Draco si rese conto di essersi lasciato sfuggire la facciata, quella che fingeva di gestire bene le cose, che la sua vita non sembrava il disastro che era.

"Resterai quanto vuoi" disse Theo, il tono sull'orlo di un ordine. Sembrò riconsiderare le sue parole. "In realtà, resterai per tutto il tempo che riterrò opportuno. Non sei degno di fiducia in questo momento" - agitò un dito nella direzione generale di Draco - "con tutto questo deprimersi e le enormi cose che cambiano la vita. Ti prendo in custodia per un periodo di tempo indeterminabile".

"Sono un ostaggio?"

"Più come mio figlio adottivo, credo".

"Forse preferirei essere un ostaggio".

Theo sorrise, schiaffeggiando una mano sulla spalla di Draco e dandogli una ruvida scossa mentre cercava di indirizzarli in un'altra direzione.

"Stavo andando in camera mia" disse Draco, scansando Theo.

"Per fare cosa?"

Stendersi su una chaise e fissare il soffitto.

"Rilassarmi. Muoversi è faticoso".

"Allora, beviamo qualcosa, giochiamo a carte. Magari dei goblin".

Theo inarcò un sopracciglio, una sfida nella sua postura da come aveva incrociato le braccia.

Draco fece un passo indietro.

"Forse più tardi. Sono stanco".

"Ti permetterò di battermi a scacchi da mago".

"Theo" disse Draco, rendendosi conto troppo tardi che la sua voce era uscita più tagliente di quanto avesse voluto, tagliando la prima sillaba del nome di Theo. "Non voglio essere ingrato, ma è tutto il giorno che fingo. Vorrei smettere".

Draco dubitava che sarebbe mai stato disposto a esprimere tanta onestà con qualcun altro nella sua vita. Hermione, certo, un tempo. Ma ora solo con Theo.

Il sorriso di Theo cadde. Fece un unico, brusco cenno con la testa. "Manderò Mopsy quando sarà ora di mangiare". Non proprio formulata come una domanda, non proprio formulata come un'affermazione.

Inizio e fine - Traduzione ItalianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora