Capitolo 66 ~Hyde Park.~

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William Shakespeare citava: "Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente."
Jane Austen affermava che: "Uno non ama meno un luogo solo per averci sofferto, a meno che non sia stata tutta sofferenza, nient'altro che sofferenza."
Proprio come una persona non si ritrova a non amarne un'altra solo perché ella l'ha ferita, poiché nonostante la sofferenza data dalle ferite, esse non sono paragonabili ai momenti sereni e di felicità trascorsi insieme. Ma se importanti autori che narrano alcune tra le più famose novelle mai esistite credono che l'amore sia tutt'altro che un sentimento errato, che anche quello più struggente abbia un qualcosa di puro ed inequivocabile, allora perché sembra sempre tutto così sbagliato? Perché l'amore è capace di mietere così tante vittime quando dovrebbe essere il riparo di ogni uomo? E perché anche io mi sento una vittima?
Sono solo alcune delle domande che continuo a farmi da quando Harry è arrivato. Questa mattina ho dovuto chiedergli di andarsi a fare un giro, di lasciarmi da sola e di non soffocarmi -come invece stava facendo-, chiedendomi ogni secondo come mi sentissi, se avessi bisogno di qualcosa, se volessi fare qualcosa.. non so se apprezzare o meno la sua premura poiché diffido dai suoi reali intenti.. diffido di lui e basta, perché ho paura che dietro ogni azione ci sia un qualcosa di premeditato e calcolato, qualcosa pronto a ferirmi ancora di più.
Immersa in pensieri malsani, vengo distratta dalla suoneria dell'iPhone, che strimpella le sue note per avvisarmi di una chiamata. È Grace.. Non la sento da ieri mattina e non le ho ancora detto di Harry, quindi immagino sarà una lunga, lunghissima telefonata in caso dovessi mettere in mezzo l'argomento.

"Ciao Grace."

Sussurro stancamente, portandomi le ginocchia al petto e continuando ad osservare -dalla panca posta sotto la finestra del salotto- i vari scalini del portico di casa, il marciapiede, i diversi passanti, le auto parcheggiate ed il lieve venticello capace di muovere le chiome prospere degli alberi, accompagnato dal sole tiepido.

"Charlie... Come stai?"

La sua voce è cauta come non mai.

"Bene.."

Ma sa quanto me che sto solo mentendo ad entrambe.. forse però solo in parte.. insomma, lui è qui, è tornato da me.. portandomi una minima rassicurazione..

"Ti va di andare a fare un giro?... Potremmo andare a Hyde Park.. È una bella giornata... non stare chiusa in casa da sola.. per favore."

Ma è vero, nonostante non abbia la minima voglia di mettere piede fuori casa, non posso neanche continuare ad evitare il mondo intero. "Ed Harry?" Mi ricorda la vocina soffocante. Cavolo..

"Non posso."

"Perchè? Andiamo.. Saremmo solo io e te, nessun altro.. nè Dylan nè Mark.. Solo noi due."

E prima di negare la sua proposta con un: "Harry è tornato ieri sera, ha dormito con me e questa mattina l'ho mandato a fare un giro perché non riuscivo a sopportare la sua presenza, quindi non posso uscire e lasciarlo fuori di casa", per -forse- la prima volta, mi ribello alla mia coscienza. Non lo devo aspettare, non devo più essere ai suoi comodi, non devo più essere succube della sua presenza.

"Va bene, ti aspetto qui."

"A tra poco."

Dopodiché, termino la chiamata.
Non le ho detto di Harry semplicemente perché non voglio affrontare un eventuale discussione in questo momento... quindi spero vivamente che lui non si presenti prima che Grace arrivi, si creerebbe solo del gran trambusto.
Dopo altri svariati minuti passati ad osservare fuori dalla finestra come fossi un fantasma, decido di alzarmi dalla comoda panca e dirigermi al piano di sopra, andando a cercare qualcosa da mettermi nell'armadio -color mogano- della camera da letto.
È una giornata abbastanza soleggiata ma allo stesso tempo il venticello di Settembre la rende rinfrescante quindi, invece dei soliti maglioni che indosso da ormai più di una settimana ed i comodi pantaloni da tuta, opto per dei semplici pantaloncini grigi in cotone ed una canotta bianca, accompagnata da un cardigan aperto del medesimo colore dei pantaloncini e dei sandali. Osservandomi allo specchio, provo quasi disgusto per il mio stesso corpo, è scarno, ossuto.. un grissino.. una folata di vento abbastanza forte sarebbe in grado di portarmi via senza alcun problema. Devo rimettermi in carreggiata anche perché se mai Chris, mamma o papà mi vedessero così, non riuscirei ad evitare il loro terzo grado.
Un bussare alla porta mi ridesta dai pensieri. Grace deve essere arrivata. Velocemente, prendo la borsa, buttandoci dentro il telefonino, le chiavi di casa ed il portafoglio e scendo giù dalle scale, andando infine ad aprire la porta d'entrata. Ma, il mio "stato d'euforia" viene brutalmente disinnescato alla vista dei suoi occhi verdi. Non è Grace..
Mi osserva per diversi secondi, stupito e confuso dal mio abbigliamento, a quanto pare la mia speranza di uscire prima che lui tornasse è stata vana. In maniera più impacciata del solito, mi sposto dall'entrata, facendolo entrare e continuando a sentirmi il suo sguardo addosso.

Be Mine. [Harry Styles] (#Wattys 2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora