Capitolo 29

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Sun-hi p.o.v.

La notte sembrava non passare mai e di certo rimanere sveglia non ha aiutato lo scorrere del tempo.

Arrivati al cospetto del Dux, i suoi soldati mi hanno privato della borsa, in cui oltre ai pochi vestiti c'era il taccuino del nonno.

L'uomo mi aveva squadrato dall'alto in basso con un cipiglio, che in pochissimo tempo scomparve lasciando spazio ad un'espressione più seria e regale.

Come già detto nel momento dell'arresto, sono stata portata nelle segrete del palazzo e spinta in una delle celle.

È quasi l'alba, dalla piccola finestra riesco a percepire il cielo cambiare colore e diventare sempre più arancione.

Rilascio un sospiro alzandomi dallo scomodo sgabello in legno, ormai rovinato dal tempo, sedendomi sul pavimento freddo, l'unica cosa a separare il mio corpo dal contatto diretto con la pietra è un po' di paglia.

Il mio sguardo si sofferma sul secondo sgabello leggermente più basso e con uno dei quattro piedi rotto, facendolo di conseguenza pendere da un lato, su cui avevo appoggiato la piccola ciotola con la poca cena al suo interno; per lo meno non mi lasciano morire di fame.

Lo sbattere di una porta è seguito da dei passi svelti e in pochissimi secondi vedo due hwarang passare davanti alla mia cella e proseguire nel corridoio, dai rumori capisco che stanno aprendo un'altra stanza e infatti dopo poco noto i due portare fuori di forza un uomo.

Sta per morire e ne è consapevole.

Dal momento in cui ho messo piede qui dentro ho sentito l'uomo pregare incessantemente, ma ormai il suo destino è stato scritto e non può cambiare nulla.

Dopo qualche minuto la porta si apre di nuovo e questa volta oltre ai passi sicuri e forti di uno dei soldati, ne seguono altri più deboli e lenti.

Davanti a me c'è lo stesso ragazzo che poche settimane prima era venuto a ritirare alla sartoria le nuove divise, nel pensare a quel giorno un sorriso comincia a formarsi sul mio viso...la nostalgia del momento lascia una sensazione amara nell'aria.

Finalmente la seconda persona entra nel mio raggio visivo e se prima il mio sguardo era rivolto verso il soldato, adesso quella sicurezza sta svanendo.

"Vi do dieci minuti per parlare" detto ciò il ragazzo si allontana, dando l'apparenza di averci lasciate da sole, ma la figura del hwarang ai piedi delle scale è abbastanza evidente.

Mi alzo da terra pulendo il vestito da quella poca paglia e mi avvicino alle sbarre che mi separano da lei.

"Mamma" si guarda attorno osservando la cella prima di parlare

"Perché?" la sua voce appare stanca, così come il suo volto...non avrà chiuso occhio nemmeno lei.

Quella domanda mi fa ammutolire, nella mia testa la situazione è oramai semplice da spiegare, ma non appena cerco di aprire bocca tutto sembra non avere più senso. Mia madre sospira riprendendo così lei parola

"Ti avevo detto di lasciar perdere mesi fa quando mi avevi chiesto se gli Havem esistessero, eppure tu hai fatto di testa tua e...guarda dove ti ha portato" "avrei dovuto ascoltarti, lo so, ma non sono stata io a cercarli, anzi-" faccio una breve pausa raccogliendo tutto il coraggio che ho, a questo punto che senso ha continuare a non dirle la verità?

"Ci stavo rinunciando a scoprire di più su di loro, ma quando andai a prendere il pane dai vicini nel bosco ho visto uno di loro cadere, era ferito e volevo solo aiutarlo a curarsi così da ritornare nel suo mondo. Più i giorni passavano e più ci siamo avvicinati e puoi immaginare come si sia concluso il tutto" lei annuisce non osando interrompere il mio racconto.

𝑾𝒊𝒏𝒈𝒔 || 𝑲𝒕𝒉Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora