Mentre il mondo cade a pezzi, io coltivo nuovi spazi e desideri che...

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Capitolo I 

Una luce interiore gli si era accesa, il clic di una conoscenza prodigiosa e segreta che può condurre alla felicità superiore. Dall'ani-ma immortale dei versi, una forza elementare traboccava nel cuore paralizzato di un uomo, svegliandolo. Tutto può mutare all'improvviso. Con un incontro, una poesia, perfino un dettaglio.Poggio la testa sulle dolcezze della rosa. Ci sono giorni che decidono il nostro destino. Quel sedici giugno era martedì, e lui l'avrebbe ricordato come il giorno in cui per la prima volta fece l'amore.L'aria di Roma era rovente, ma non bastava a scaldare la sua vita. Che Alessio Orsini avesse sempre avuto bisogno di quel calore, il calore di un corpo femminile, della carne viva di una donna, lo testimoniava la sua vita.Alex, com'era conosciuto, doveva mantenere a tutti i costi l'equilibrio termico del suo corpo, muscoloso e scattante, e per quanto possibile la temperatura elevata. L'unica cosa che gli interessava in un amplesso era questo. Nulla più.Viveva con il corpo delle donne un rapporto impari. Era riuscito, con gli anni, a concentrare la sua attenzione fino allo stremo sul calore che riceveva, accelerando il movimento molecolare, e impedendo che il suo si disperdesse. Lo incamerava, lo teneva per sé, lo stringeva forte fra i pugni, i denti serrati, le mascelle contratte, con-cedendo semplicemente colpi secchi e vigorosi della sua virilità, che nascondevano la vera essenza dell'uomo.Una fatica immane che lo lasciava, dopo ogni rapporto, più vuoto di quanto si sentisse prima di cominciare. Il mondo materiale, compreso il suo corpo, non era altro che vuoto, ricoperto dalla maschera che lo proteggeva da sempre.14 15sempre lì, a portata di mano: la nicotina gli affievoliva la rabbia, la paura, il dubbio.Alex trovava comodo essere meteoropatico, esiste persino il determinismo climatico. Che il clima incida sull'evoluzione umana è emerso dal passato della terra ma quel giorno il tempo non poteva esercitare nessun ascendente sul suo malumore. L'unico colpevole era lui: il tiranno. Aveva voglia di un altro caffè. Quello preso a casa era andato per metà di traverso e per metà rovesciato sul piattino, lì, sul tavolo in cucina, mentre una valanga di improperi lo travolgeva. Padre padrone, figlio di buona donna, vai al diavolo! E pure tu! Che cerchi ancora dopo vent'anni di conquistare il mio affetto di figlio. Nessuno potrà mai prendere il posto di mia madre. Nessuno. Mai. Capito?Stava per ritirare lo scontrino quando Caterina entrò nel Caffè Rosati. Gli sorrise salutandolo; lui, confuso, non riuscì subito a ricordare chi fosse, dove l'avesse conosciuta, in quali circostanze. Andò al disperato inseguimento di un dettaglio. Nell'immediato guazzabuglio, lei quasi inconsciamente lo liberò dall'imbarazzo.«Ciao, come stai? E Pietro? Sai, è da quella famosa sera che non ci vediamo più». Ecco, la famosa sera, Pietro, le ragazze che avevano conosciuto alla vineria per l'addio al celibato di Guglielmo. Le dava, al massimo, venticinque anni. La pelle del viso gli era parsa levigata e l'insieme dei lineamenti confluiva in una miscellanea armoniosa. Gli occhi, le guance, le labbra, perfino le ciglia componevano un'opera unica e ben assortita. Tra tutte le donne che incontro cosa può avere di speciale questa qui?Si infastidì non poco con se stesso per questa considerazione, e sorrise a malapena, limitandosi a chiedere alla splendida apparizione in quel momento buio della sua vita:«Un caffè? Io l'ho appena preso» «Non disturbarti, magari la prossima volta. È il caffè di Roma che preferisco, questo del Rosati». Caterina raccolse tutto il suo coraggio e, pur arrossendo leggermente, aggiunse:«Che ne dici di lasciarmi la tua mail? Mi piacerebbe chiederti dei consigli».Ecco, ci risiamo, la solita scocciatrice, ti pareva...«Ma certo, eccola qui!» e gliela scrisse sul retro dello scontrino.Cosa poteva essergli, ora, accaduto da non rendersene conto?Aveva sentito in quel momento preciso divampare sulla pelle un mare incandescente di lava. Superando la sua velocità ordinaria per raddoppiarla, triplicarla, esasperarla al limite dei calcoli matematici di cui è capace la mente umana. Lo avvolgeva fino a travolgerlo. Chi era quella donna che ormai i suoi sensi percepivano come un vulcano? Il magma fluiva nel perenne ciclo dell'amore, nella sequenza ininterrotta dagli spasimi. Dal corpo glabro e fremente di lei verso quello grondante di Alex che incorporandolo trasudava, prigioniero in una sauna al limite dell'esplosione. Una bomba a orologeria all'ultimo tic, o tac, che all'improvviso può farti scoppiare la vita nel petto.E pensare che non aveva memorizzato nemmeno il suo nome quando in quel giorno di aprile l'aveva incontrata. Aveva sbattuto il portone e, uscendo dalla casa in Via del Babbuino, l'aria ferma e nitida gli era andata incontro. Un buon isolante per l'irrequietezza, un coperchio sull'ennesima discussione fra lui e suo padre. E quella donna insulsa che, ostinata a rimanergli al fianco come moglie, si riteneva ancora sua madre. Non li sopportava proprio più.L'aria carica di energia lo circondò di onde fino a rinchiuderlo in un alone irreale. Il calore del sole, scivolando sui raggi cocenti, si propagava attraverso lo spazio nell'atmosfera e giungeva, trapassando l'involucro esterno, nelle membra doloranti di Alex che si trascinava a fatica verso Piazza del Popolo. Dai neuroni alle fasce muscolari si irradiava lungo le articolazioni fino agli alluci. Ebbe un brivido. Una di quelle eccitazioni improvvise che non hanno il tempo di stabilizzarsi. Lo consolava quel sole dopo tutta la furia da cui era stato investito. Sentiva ancora la voce di suo padre, aspra, rapace, che colpiva dentro. Un bisturi che affonda la punta aguzza nell'anima, non accontentandosi della superficie. Che oltrepassa il limite per sprofondare nel sottosuolo interiore, nel reticolo fibroso delle emozioni, fino a ottenere lo zampillo del sangue che sgorga dalla faglia aperta. Come sguazzava bene la voce dura e tagliente nella ferita. Lo aveva visto simile a un mostro, non solo le mani "di forbici" come Edward ma tutto il corpo rivestito di lame sottili. Le parole che lui aveva cercato per difendersi lasciando quella casa erano state inutili. Accese una sigaretta, aspirando con forza, poi la spense dopo un paio di tiri. Non riusciva a smettere. Quella carogna di sigaretta era 16 17Sorrise attraversando la strada. Avvicinandosi a Piazza di Spagna, ricordò quel rossore sul viso al quale non era abituato. Da quanto tempo non vedeva arrossire una donna? Rivolse una rapida occhiata alla casa del poeta che gli faceva compagnia da quando abitava in quella zona. Trinità dei Monti, la scalinata sempre piena di turisti. Ecco casa. Lupin gli venne incontro festoso e abbaiando, per rimproverarlo di essersi dimenticato di lui.«Hai ragione, vecchio mio. Dai, si esce». La salutò frettolosamente. Sentiva l'esigenza di uscire per schiarirsi le idee.Doveva arrangiarsi alla meglio: era da una vita che lo faceva. Da quando aveva messo il naso fuori dall'utero di sua madre. Forse lo aveva fatto con troppa rabbia visto che lei era morta. Dannazione, sua madre era morta e lui non era riuscito a vederla neppure un minuto, un attimo, una frazione infinitesimale di tempo. Ad abbandonarsi sul suo seno, a sentirne il respiro. No, non gli era stato concesso. Tutto quello che la maggior parte degli esseri umani – perfino degli animali – assapora al momento della nascita, nel venire alla luce, a lui era stato negato.Qualcosa o qualcuno aveva tramato contro di lui? Una congiura del destino, una beffa divina, una semplice, banale coincidenza negativa? Perché, perché? Un rivoltarsi nelle ombre, un'uscita dal buio, , fra i tentacoli di un cordone ombelicale che stava per stritolarlo. Erano passati quasi trentasei anni, ma il dolore era sempre lì, in agguato. Un supplizio di Sisifo. Perché non era morto lui al posto della madre? Perché lo avevano salvato? Perché? Avrebbe compiuto fra poche settimane gli anni Alessio Orsini, in arte Alex Forte, che di forte aveva ben poco a quel punto della sua vita. Gli avevano parlato degli effetti benefici di una terapia che aiuta a ritrovare pace attraverso vecchie foto, canzoni, tutto quello che può avere a che fare con il passato. Ma sua madre in vita non aveva mai voluto farsi ritrarre: le uniche foto rimaste, quelle del matrimonio, erano ben poche e scure. Maledizione! Perché si erano fidati dello zio Antonio e non si erano rivolti a un professionista? Con tutti i fotografi che ci sono nel mondo...Insomma, poteva solo delineare con la mente i contorni della sua figura e del volto. Immaginarla con gli occhi del cuore: quel suo cuore spezzato per la morte della madre nel momento esatto in cui proprio a lui era toccato di vivere.Parte dell'infanzia tradita e dell'adolescenza maledetta l'aveva così trascorsa a far scivolare l'anima nell'assenza di qualcuno che non conosci ma che ti manca, come una parte di te. Poi all'improvviso questa si era fermata nel dolore, nei nascondigli più bui, laddove si annida ciò cui non vorremmo mai pensare. E Alex aveva chiuso gli occhi, coprendoli con una maschera senza fessure, una benda nera, come quelle che nei vecchi film si usano per i condannati a morte. Ma almeno loro morivano; a lui, invece, non era rimasto altro che consolarsi col calore di corpi di donne senza nome. 

Scritto nell'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora