La morte verrà all'improvviso, avrà le tue labbra e i tuoi occhi...

2 0 0
                                    

La morte di Tommaso era stata una sciagura, una privazione, della quale il professore Ottaviano Landolfi portava ancora i segni. La morte di Dora, invece, in quel momento gli appariva come un dono di sua moglie. Gli erano tornati in mente versi di Baudelaire, che era andato a rileggere:

...ma i veri viaggiatori partono per partire, cuori leggeri,

s'allontanano come palloni;

al loro destino mai cercano di fuggire,

e senza sapere perché, sempre dicono: "Andiamo!".

Povera Dora, non aveva avuto nessun mezzo per scampare al de- stino amaro che l'aveva perseguitata. Lei che voleva tanto viaggiare. Gli sovvenne, e a quel punto non riuscì a trattenere le lacrime, il viaggio nei paesi esotici che Dora sempre aveva desiderato e che non erano mai riusciti a fare, aspettando condizioni economiche migliori. Chissà se lei se n'era andata con dolorosa intensità o se, nonostante le sofferenze cui era sottoposta ogni giorno, voleva an- cora vivere; da quel mondo gelido e anestetizzato, il suo distacco terreno era stato un lancio nel vuoto o forse il suo cuore era di- ventato leggero come un palloncino colorato, che gli aveva invia- to Tommaso, e che lei aveva raccolto. Aveva sentito che lui stava per lasciarla? Sapeva di Virginia? Non aveva retto a quel pensiero, a quella sensazione, dopo che lei aveva rinviato la sua richiesta di parlarle? Non lo avrebbe saputo mai Ottavio. Ma il suo, di cuore, era pulito. La decisione lui l'aveva presa e ne aveva reso partecipe Virginia. Per fortuna! Virginia avrebbe, altrimenti, avuto motivo di dubitare, e secondo parametri umani irrimediabilmente laceranti, del loro futuro. Ecco, doveva avvisare sia lei che Enrico, e qualche altro conoscente. Anche lui, come Dora, aveva pochi parenti. Pochi amici. Ma quando si va via per sempre, è necessario avere compagnia? La dipartita è più serena? Lo spirito del morto resta a infestare il luogo in cui è vissuto, a lasciarne traccia, o si dispiega nell'immenso? La parte invisibile dell'essere visibile si dissolve nel sacro rituale che accoglie il corpo e la mente, ormai ricomposti davanti all'eterno?

Il mistero insondabile, impalpabile. La risonanza emotiva diventa irrevocabile.

Dora: un cuore alienato. Alla deriva nel mare della vita: un relitto fantasma. Che aveva sperimentato il dolore, in tutte le sue forme. La sofferenza, la privazione. La vacuità dell'esistenza. Lo spirito aveva goduto di un unico conforto: la febbre nell'attesa dell'ultimo viaggio che si era compiuto. Aspettando la morte.

Lo strazio lo divorava. Tornò a guardare la salma. Una dolcezza primigenia traspariva dal volto di Dora. Ricordava quando si era- no conosciuti e piaciuti. I capelli un tempo castani erano diventati via via bianchi. Si era dall'inizio rifiutata di tingerli e di accorciarli. La badante tuttofare glieli spazzolava mattina e sera e spesso glieli intrecciava. Per Ottavio, era un gesto antico, che gli ricordava sua madre. Gli occhi un tempo dolci, quasi languidi, non riuscivano a nascondere la fragilità nell'infermità, la vulnerabilità nella condanna, la staticità dell'esistenza.

La badante piangeva sommessamente, ogni tanto tirava su il naso e diceva: Povera signora, povera signora.

Bisognava organizzare il funerale: semplice e raccolto. Non ne avevano mai parlato, certo, ma Ottavio sapeva perfettamente come lei lo avrebbe voluto. Così lui fece. Tanti fiori e una messa cantata.

Strano, sapeva da sempre – a detta del medico – che sarebbe potuta mancare da un momento all'altro, dato il sistema precario dell'organismo deficitario e del labile stato mentale, ma, forse proprio per questo, gli eventi che sono così prevedibili nella nostra attesa, alla fine, sono per noi più lontani che mai dal reale accadere dei fatti.

Nella città eterna qualcuno moriva, così come in ogni momento qualcuno moriva in ogni angolo del mondo. E Dora era morta. Nonostante tutto, doveva essere stato un sollievo. L'intima lotta nella larva che un tempo era stata un corpo, minuto ma sano, era cessata. L'agitazione dello spirito, silenziosa nei moti dell'anima, si dileguava per sempre, tacitando l'impotente protesta di una madre che aveva perso il figlio, di una donna che aveva lasciato sulla strada la vitalità del movimento. La femminilità, l'intimità matrimoniale perse per sempre. Una rivolta interna che non riusciva a trovare vie traverse. Che cercava ma rifiutava il conforto, che Ottavio di sicuro non era più riuscito a darle.

La mente ricomposta di Dora emanava l'innocenza primitiva, il suo essere sprigionava l'essenza ignota della morte che si diffondeva sommessamente nella stanza fino a farsi toccare con mano. L'attimo appena passato, vissuto, perduto. Dal retroterra dell'anima fino all'immensità del cielo che apre uno squarcio, un piccolo passaggio, invisibile agli occhi dell'uomo che ancora resta giù a guardarlo.

Saranno quelle fessure a permettere l'ultimo viaggio?

Perché si muore, perché si nasce? Soggiogati dall'ordine costante, universale, substrato di una natura in evoluzione. E noi, miseri esseri umani, semplici ma complesse metamorfosi di un continuum.

Un dio può?

A chi, a che cosa si può imputare la morte?

Nel paesaggio della memoria, sgorgava il lamento del cuore di Ottaviano Landolfi. La mente doveva prepararsi ad accogliere il cambiamento. Il tempo avrebbe reso familiare anche l'idea della morte di Dora. Un ricordo senza macchia, scevro dall'egoismo delirante, conservato con riserbo, nella luminosa purezza. Un'anima incorrotta, se non dal dolore, esacerbata dalla più gelida delle solitudini: quella che ci si impone. Una scelta libera o forzata dello spirito? Anni di silenzio, rotto da parole consumate dall'uso. Spogliate di qualsiasi senso o significato. La reclusione dei sentimenti, degli impulsi, degli istinti. Senza nord, sud, est, ovest. Senza patria.

Cosa era diventato Ottavio per Dora? Un uomo di fumo, un'apparizione fuggevole. Un pensiero assillante. Una regressione. Un gioco inappagante della fantasia. Speranze sgretolate.

L'ultima disperazione s'impossessò del professore. In questa vita, si lotta con la paura della morte, ma il combattimento fin quando perdura? Cerchiamo in tutti i modi di evitare la morte, ma è sempre lì, testimoniata dalla morte altrui. La paura passerà nel momento cruciale, quando ogni alito cesserà di soffiare?

Chissà se è più coraggioso vivere che morire.

Virginia era entrata in quel momento. Bastavano lo sguardo accorato e l'abbraccio protettivo: non c'era bisogno di parole.

Alla spicciolata, la visita di qualche vicino:

Condoglianze, professore.

Povera signora, ha finito di soffrire.

Il Signore sa quello che fa.

Scritto nell'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora