Enrico era rientrato a casa arricchito dall'incontro con Ottavio Landolfi. Sì, poteva considerarlo uno dei suoi pochi veri amici. Non è necessario vedersi, sentirsi tutti i giorni per definirsi amici. Sono necessari affetti sinceri e una visione comune della vita.
Quanto avevano discusso davanti a quel caffè che erano diventati almeno tre, di cui uno shakerato! Ottavio era un idealista e per questo meritava la sua stima. E, poi, con lui poteva parlare di tutto: arte, poesia, letteratura, storia, filosofia. Avevano finito per scomodare Heidegger: Ottavio gli ricordava che l'essere non può svelarsi nel linguaggio inautentico della chiacchiera, tantomeno in quello scientifico. Ma semplicemente in quello autentico della poesia.
Aveva una memoria formidabile quell'uomo: espresse subito la breve considerazione della Lettera sull'umanesimo:
Il linguaggio è la casa dell'essere. In questa dimora abita l'uomo.
I pensatori e i poeti sono i guardiani di questa dimora.
«Allora, io e te, saremmo fra questi guardiani?» sorrise Enrico.
«Perché, avresti pure dei dubbi?» rispose Ottavio, ancora più se- rio di prima.
Enrico gli parlò dei suoi ultimi progetti, della possibilità di una mostra d'arte e poesia con installazioni visive. Anche qui si erano azzuffati. Enrico aveva affermato che un'opera d'arte riesce solo seguendo la legge che l'ha ispirata, poiché una forma artistica è il risultato di un processo complesso. Ma Ottavio nutriva qualche re- mora verso tali nuove espressioni poetiche.
Si erano incamminati verso Villa Borghese, a due passi dal Cafè de Paris. Quel luogo, a metà strada fra bosco e giardino, sembrava fondere in perfetto equilibrio natura e civiltà. Il vociare della città dà energia, ma fino a un certo punto, perché alla fine concede alla realtà solo sguardi distratti; al contrario, negli angoli immersi nel suono di piante pioniere, nell'origine ombrosa di un destino carico di domande aperte si rinnova il senso del carattere meditativo. Anti- che scorribande mentali, impervie questioni, sapienti risonanze. Sui passi cadenzati dall'accumulo di pensieri e fatti della vita, il paesaggio della memoria si offriva nella sua realtà ai due visitatori.
Enrico rimaneva d'accordo con l'amico ritrovato: bisognava continuare a combattere l'oblio dell'essere. Non possiamo lasciarci avvelenare dalla massa delle informazioni che ci assale quotidiana- mente. E per questo è necessario sviluppare la capacità di filtrarla, per mantenere intatta la purezza dell'elemento umano. Ricordava le discussioni a scuola, le battaglie di Ottavio e che lui stesso aveva accolto nonostante il pensionamento fosse in agguato. I giovani hanno bisogno di essere guidati, bando alle loro proteste.
«Che bello camminare e ritrovarci. Perché non lo facciamo ancora? Potremo mantenere in forma non solo il corpo ma soprattutto la mente» esclamò Enrico.
«A questo proposito», rispose Ottavio, «potrei tirarti fuori un'altra massima famosa»
«Sentiamo, a chi tocca stavolta?»
«Vediamo se indovini: Star seduti il meno possibile; non fidarsi dei pensieri che non sono nati all'aria aperta e in movimento, che non sono una festa anche per i muscoli!»
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Scritto nell'acqua
Storie d'amore"Scritto nell'acqua" è un romanzo d'amore il cui filo conduttore è la poesia di John Keats, che ci porta lungo la colonna sonora della vita, a Roma, nei luoghi simbolo di un percorso interiore o viaggio dell'anima: la scuola di danza del ventre, la...