Senza l'amore sarei solo un ciarlatano... una barca che non esce mai dal porto

1 0 0
                                    


Quel sabato di giugno sarebbe stato ricordato da molti degli in- vitati al matrimonio Fanelli-de Rossi con ironia, con pietà dai rimanenti altri.

La sposa, schiava dell'eleganza e stupenda nella mise vaporosa di nuvola, si dileguò nel temporale della fuga, dopo la vana attesa di un'ora circa, davanti alla chiesa di San Francesco di Paola, chiusa nel suo muto dolore.

Vigliacco, bastardo, figlio di puttana! Come hai potuto farmi questo! Sei un uomo morto, Andrea de Rossi! Cosa credi, di liquidarmi così, come una povera stupida?

La mente di Irene saettava con furore, nel desiderio inconsulto di sparire dalla faccia della terra per sempre. Gemeva silenziosamente, fra i pianti di sua madre e le invettive di suo padre contro il disertore miserabile, intercalate da bestemmie indicibili. Cosa, chi, aveva intralciato il suo piano perfetto?

Fluttuava agonizzante, dibattendosi fra le onde del vestito da sposa che avrebbe voluto strapparsi di dosso, appena si era resa conto – dopo il programmato ritardo del suo arrivo – che Andrea non c'era ad aspettarla e che – catastrofe delle catastrofi – non sarebbe venuto. Brancolava nei meandri che lo avevano visto, inizialmente, vittima di un incidente, di un malore, pensieri scartati dopo la spie- tata verità, bisbigliata fino a diventare un urlo interiore: Andrea era sparito senza una spiegazione. Era stata abbandonata sull'altare!

Il viso di Irene divenne un paesaggio desolato nel quale gli occhi avevano smarrito il senso. Il sogno si frantumò atrocemente nei gemiti di un pianto abissale che lacerò l'idea dominante. L'insidia e l'impostura che covava dentro di sé nella sua crudezza gravitarono nelle orbite delle pupille dilatate, tanto da farle vomitare schizzi di bile nera, ogni deposito viscerale. Fino al baratro della prostrazione. Era la storia di un'orfana abbandonata che si ripeteva: un parossismo di dolore misto a sconforto. Inutilmente si aggirava, esausta, fra i vuoti di un mancato matrimonio che era stato voluto solo da lei, inciampando su dettagli inesorabili che la inoltravano su antichi sentieri. Un gioco subdolo. Un famelico complotto. Un passato accartocciato nel palmo della mano, un biglietto di invito elegante e curato in tutti i dettagli, il suo matrimonio, buttato via nel cestino, davanti a un altare vuoto.

Il cuore trafitto dall'odio, l'anima inondata dalla virulenza di un'infanzia tradita. Quanto ancora avrebbe dovuto pagare la colpa di essere nata?

Ragazza mia,

ti spiego gli uomini,

ti servirà quando li adopererai. Son tanto fragili, fragili,

tu maneggiali con cura.

Andrea aveva attraversato le tenebre della notte con lo spirito ondivago messo a nudo. Si era sentito schiacciato in una morsa. Prigioniero in una strettoia che si assottigliava sempre di più, fino a stritolarlo vivo. Camminava dentro di sé, il terreno si imputridiva, si incrinava ad ogni passo, poi la voragine. L'allucinazione di un mostro dalle proporzioni inesprimibili, dalle sembianze umane, Irene, un ansimante respiro che incombeva sulla gola serrata in procinto di esplodere. Aiuto, aiutatemi, qualcuno mi aiuti! Non voglio più sposarmi... Vacillante e spettrale la prospettiva. Un verme strisciante, un parassita. Un uomo senza spina dorsale?

Scritto nell'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora