Più veloci di aquile, i miei sogni attraversano il mare...

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Virginia Santini era quella che si dice una gran bella donna.

La bellezza le veniva non tanto dalle fattezze perfette quanto dal fascino che emanava il suo insieme armonioso. Aveva folti capelli neri e labbra carnose. E un portamento da diva anni Sessanta: petto florido, vita piccola, fianchi morbidi.

Sua madre aveva voluto per lei il nome di Virginia, in onore della Woolf, la scrittrice inglese. Le sarebbe stato meglio Sofia, come la Loren. Glielo avevano detto in tanti. Chissà se mamma sapeva che la scrittrice era morta suicida in un lago.

Non aveva mai avuto il tempo di chiederglielo o, forse, Virginia non ne aveva mai avuto l'intenzione.

La madre soffriva di depressione, ma poi era morta per un tumore al cervello. Anche Fabio Ricci, suo marito, era morto di infarto ancora giovane. Solo suo padre Rodolfo sopravviveva. Ma a modo suo, e lontano. Virginia era viva, si sentiva nonostante tutte le vicissitudini trascorse ancora viva e sapeva dentro di sé quello che il suo cuore desiderava.

Con la morte si deve fare i conti tutti i giorni, le ripeteva il padre, e lei aveva imparato a farlo, fin da piccola, insieme ai compiti basilari cui i bambini vengono sottoposti: leggere, scrivere, fare di conto. Suo padre era stato maestro elementare e, a casa, a Palestrina, la sua guida personale.

A Virginia piaceva leggere; quando si trattava di fare i numeri e le letterine, si stancava subito, ma quando lo faceva con il papà, era tutt'un'altra cosa. Lo avrebbe ascoltato per giorni e notti interi, perché lui, alla fine, anche solo con la voce riusciva a rassicurarla.

Fabio Ricci possedeva una libreria; forse per questo Virginia lo aveva subito sposato, pur non provando per lui quell'amore che aveva sempre sognato. Romantico, simbiotico, passionale, smisurato. Che aveva conosciuto solo nei romanzi. La libreria si trovava sotto casa, era situata nella zona del Coppedè.

Ogni mese si teneva almeno un incontro con l'autore e questo contribuiva ad allargare la cerchia dei lettori. Di questo si era sempre occupata Virginia, ma da quando Fabio era deceduto improvvisamente, gestiva tutto lei, con l'aiuto di Sibilla, la loro unica figlia. Be', con questo nome si era presa una rivincita con sua madre. Dopo avere letto Una donna, non aveva avuto dubbi; giurò a se stessa e al cielo che, se mai avesse avuto una figlia, l'avrebbe chiamata Sibilla. E l'universo l'aveva ascoltata.

Sibilla era una splendida ragazza, senza tanti grilli per la testa, che studiava Scienze della comunicazione con ottimi risultati. Le lezioni all'università le consentivano una discreta libertà, e la possibilità di collaborare in libreria, sebbene con orario flessibile, le dava anche una piccola autonomia economica.

Per fortuna, Virginia poteva contare sempre sulla presenza del signor Giovanni, che da commesso era diventato il jolly della libre- ria Incontriamoci. Era lì da quando era nata la libreria, o meglio da quando Fabio l'aveva rilevata dal vecchio proprietario; allora era in pessime condizioni e anno dopo anno miracolosamente riprese vita. Virginia era di una precisione indescrivibile. Computer a parte, conosceva bene la collocazione di ogni libro.

I libri sono come i figli, ripeteva di tanto in tanto il vecchio Giovanni, eh, donna Virgi'?

Sì, sì, replicava lei, tali e quali.

Oltre all'incontro mensile che prevedeva la presentazione di un nuovo libro, Virginia organizzava l'Angolo del poeta. Sceglieva un autore, una raccolta di poesie e gli intervenuti potevano leggere, commentare, condividere. La poesia era il settore meno commerciale, ma a Virginia questo non importava e per questo spesso litigava con il marito. Cerca di dedicarti alle novità, ai libri di cucina che vanno forte; sei fissata cco 'sta poesia.

Scritto nell'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora