La trasmissione terminava alle ventitré. Alle ventitré e quarantacinque, Alex Forte parcheggiò sotto casa di Caterina, che lo attendeva con il borsone in mano. Aveva raccolto alla rinfusa le cose di primaria necessità per un soggiorno in Calabria improvviso e ina- spettato. Inutili dettagli. Le premeva arrivare prima possibile, e Alex si era messo a sua disposizione. Era lì, davanti a lei, con la sua auto, pronto a condurla a destinazione. L'ultima volta che l'aveva accompagnata a casa, dopo la festa al Piper e l'alba di Ostia, era stato un vero supplizio. Caterina non aveva visto l'ora di arrivare e di lasciare fuori per sempre dal suo spazio quell'essere ripugnante, che l'aveva irrimediabilmente delusa. Com'è strana la vita a volte! Il viaggio durò fino al mattino. Alex, nonostante la stanchezza della giornata di lavoro frenetico alle spalle, aveva organizzato in poche ore la partenza: aveva sistemato Lupin dalla signora Augusta, preventivato alla radio le registrazioni in caso di assenza prolungata e prelevato il contante necessario. Fu vigile alla guida; solo all'altezza di Sibari venne colto da un colpo di sonno e si vide costretto a fermarsi per una pausa, che fu comunque breve; il grosso era fatto, ormai erano in Calabria. Ma per Pizzo mancavano ancora un paio d'ore. Caterina era troppo stanca per dormire e troppo ansiosa per riposare, nonostante i ripetuti inviti di Alex, premuroso e tenero compagno di viaggio. Appena chiudeva gli occhi, li riapriva per guardarlo mentre, concentrato al volante, divorava i chilometri sulla A3.
Il viaggio, intervallato da musica e dialoghi diventati piuttosto confidenziali, era cadenzato dal vagare del pensiero in cerca di domande e di risposte. Caterina ripensò a quante volte aveva percorso quella strada; soprattutto nei primi viaggi in pullman, quando nell'impeto giovanile degli anni universitari si slanciava verso il fu- turo, spinta dall'ansia di cose nuove. Trepidante. I primi tempi, piuttosto avari, a volte ostili; in seguito, l'inanellarsi di eventi e circostanze che l'avevano portata a fare di Roma la sua città, sulle orme della poesia, dei suoi sogni. Durante alcuni silenzi, rivedeva tutti i diversi strati sovrapposti: piccoli orizzonti che avevano costituito il suolo su cui ormai poggiava la sua vita.
Era buio, e non si distingueva quasi nulla là fuori; ma lei conosceva bene la durezza di quel paesaggio a cui si alternava la dolcezza di alcuni tratti prima di sfumare di colpo quando le palpebre scivolavano giù.
La famiglia per lei era tutto: un microcosmo sociale e persona- le; ma era riuscita a rendersene indipendente e di questo si sentiva orgogliosa. La famiglia era la roccia madre, compatta, attraverso l'amore che circolava negli interstizi, fra le particelle che la anima- vano. Lei era lontana, ma ne faceva parte, eccome.
Immersi nell'aria limitata dell'abitacolo, Caterina e Alex, ogni tanto, si guardavano negli occhi e si prendevano per mano.
Lui le chiedeva:
«Come va, piccola?».
L'espressione di Caterina era eloquente; certo, era preoccupatissima, ma vuoi per la stanchezza, vuoi per le coccole di Alex, una parte di tensione si era stemperata.
Alex Forte riusciva a interpretare le emozioni di Caterina. La mente maschile, dal punto di vista scientifico, è programmata per capire istintivamente solo le emozioni degli altri uomini. Per quelle femminili, ha bisogno di ragionarci sopra. Alex, durante quel viaggio, provò a modularsi sull'umore di Caterina adeguandovi le proprie emozioni.
Caterina, ripensando alla telefonata di sua madre, si sentì un bersaglio nell'occhio del ciclone: le sembrò di essere nel centro di bassa pressione intorno al quale si muovono, veloci, le masse d'aria; poteva affermare di averlo incontrato, ma per fortuna non ne era stata travolta. Fra tutti, un pensiero ricorrente, un'immagine l'aveva accompagnata fino a casa: il ricordo, piuttosto lontano ma ancora nitido, della chiesa di Piedigrotta. Sua madre Carmela era devota alla Madonna; e dietro tale devozione c'era una storia, ben conosciuta in famiglia. Suo padre, nonno Salvatore, era scampato ad una sciagura in mare e, si sa, Piedigrotta è il posto giusto per chiedere protezione da questo genere di avversità.
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Scritto nell'acqua
Romansa"Scritto nell'acqua" è un romanzo d'amore il cui filo conduttore è la poesia di John Keats, che ci porta lungo la colonna sonora della vita, a Roma, nei luoghi simbolo di un percorso interiore o viaggio dell'anima: la scuola di danza del ventre, la...