Capitolo 14

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𝙰𝚜𝚝𝚛𝚒𝚍

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𝙰𝚜𝚝𝚛𝚒𝚍

La carezza scivola con leggerezza lungo la mia guancia, lasciando dietro di sé i misteri delle sue intenzioni. La mia pelle si accappona invaghita, si fa ingannare dall'ardore che emana quel tocco e si fa portare via, lontano...

Destandomi dal sonno, con il primo pensiero che corre a una carezza che non sembra far parte di un sonno sereno, apro gli occhi sbattendo più volte le palpebre per mettere bene a fuoco la stanza.

Mi porto su col busto, appoggiandomi sui gomiti, mentre il mio petto si smarrisce gradualmente con un cuore agitato.

La stanza mi è subito estranea, e i miei ricordi confusi.

Corro con gli occhi attenti sulla porta chiusa, e nel frattempo le mura spoglie della camera, gli odori e i frammenti di ricordi vaghi mi fanno balzare, catapultare di colpo nell'assurdità del presente. Dove la ragazza sconsolata che vive in me si è lasciata trascinare dalla convinzione che accettare l'ospitalità del bastardo scagnozzo di Reed fosse stata un'idea saggia.

O forse sono troppo persa nel tranello di questa piega che ha preso la mia vita.

Il sentimento accresce a dismisura l'accaduto di ieri, sembra quasi che non ho più spazio per racimolare situazioni inconcepibili dentro la mia testa. Troppe cose a cui pensare, troppe cose che mi rallentano.

Eppure ho chiamato lui.

È stato lui il primo a cui ho pensato.

Non capisco.

Che parte di me ha preso questa decisione?

Sollevo la mano esitante e perplessa e mi sfioro la guancia destra con le dita fredde. Che strano, potrei giurare che qualcosa mi abbia davvero toccata in quel punto.

Rialzo nuovamente gli occhi sulla porta ancora chiusa, fissandola diffidente.

Che sogno strano...

Mi porto a sedere e trascino su le ginocchia per appoggiarci sopra il mento e pensare.

Eppure, quando ho quel secondo per prevedere i miei prossimi passi la mia mente tace. Non vedo nulla, la mia coscienza non ha alcuna parola in servo per me. Niente, solo un sottofondo di una marea di ciniche vocine che mi fanno la morale.

Sembra che ancora per qualche minuto dovrò muovermi e basta.

Afferro il cellulare dal comò e controllo l'ora.

Le sette e quarant'otto.

Vorrei andare a correre, spegnere il cervello e muovere le gambe più velocemente che posso fino a immedesimarmi nel nulla o forse nel tutto. Nel tutto quello che una volta era la mia quotidianità e invece, ho perso contro il tocco di un demone.

Scivolo fuori dalle coperte e mi porto riluttante verso la porta, dove raccolgo quella mia tenacia che custodisco...ma che ieri sembra avermi troncata, e la apro. L'odore fragrante, forte, vitale del caffè invade le mie narici ed è quello a portarmi fuori dalla mia tana, il posto che considero sicuro, fuori dalla portata di Viktor.

A Magnificent Nightmare //Spin-off di I Saved The Devil//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora