Capitolo 57

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𝙰𝚜𝚝𝚛𝚒𝚍

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𝙰𝚜𝚝𝚛𝚒𝚍

Tra le infinite volte che ho sperimentato il tormento, tra le infinite volte che il vuoto ha occupato la profondità del mio essere, questa volta, questa nuova faccia della commiserazione è una vera tortura.

Ero sempre stata debole di fronte al cupo mondo in cui stavo pian piano annegando e ora non soltanto sono debole, ma sono anche tacita, nessuna voce interiore cerca salvezza, nessuna voce cerca di diminuire la distanza che c'è tra me e quello che ho dentro di me.

È come se la mia intera esistenza si limitasse a un senso di vuoto, si limitasse alla sua grandezza che assorbe nient'altro che un mondo posto a rovescio, un mondo fatto di cose ottenebrate, figure in bianco e in nero del tutto smarrite.

Eppure qualche volta mi convinco che io sono in grado di afferrare tutto quel mondo e buttarlo via, alzarmi in piedi, gridare e poi di colpo mi mancano le forze. Il buio che mi abbraccia, che mi sfiora con mani gelide mi sussurra certe volte, mi fa capire, che non appena sfiorerò quel mondo, tutto cadrà a pezzi. Perché è così che va, ogni cosa che tocco va a pezzi, si frantuma.

Perché ogni cosa che voglio proteggere è destinata a morire insieme a me, perché soltanto le mie scelte mi hanno portata a questo.

Il lupo, i suoi occhi sono di nuovo fissi sulla coniglietta. Non mi pare più curioso, la sua espressione è distante, tutto ciò che cerca non riesce più a trovare, perché la coniglietta, quell'essere che tanto ammirava, la sua innocenza che tanto lo affascinava, ha perso la sua gloria. È diventata lei stessa una di quelle tante ombre che il lupo porta nei suoi occhi.

Il mio corpo trasalisce sotto il tocco leggero che mi sfiora la spalla.

Incrocio di scatto un volto dipinto di un'espressione imbronciata e due occhi verdi ambrati mi puntano attoniti. «Scusa.» Un accenno di un sorriso da vita alla sua bocca. «Non volevo spaventarti.»

La mia mente processa velocemente il casino che occupa ancora la mia testa, lo smarrimento è ancora lì. L'estraneità a questa realtà mi sconvolge nuovamente.

Lei sta bene.

Guardala, sta bene, mi ripeto continuamente, eppure perché non credo fino in fondo a quelle parole?

E poi il disorientamento totale entra in ballo. Quanto tempo è passato? Ci penso su, cerco una cognizione di tempo ma il colpo di fulmine non accade. Non ne ho idea. La mia mente non me lo vuole dire...

Muovo la testa, la scuoto impercettibilmente e le sorrido. «No, scusami tu, non ti ho sentita arrivare.», abbasso gli occhi lungo la stampella che tiene sotto al braccio e poi sulla gamba destra appena piegata per non porre alcun peso su di essa. «Cosa ci fai qui? Dovresti essere a letto.» dico prontamente, vagamente cosciente che queste stesse parole le ho ripetute più di mille volte.

A Magnificent Nightmare //Spin-off di I Saved The Devil//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora