𝐋𝐚 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 è disponibile anche su Amazon, divisa in due volumi [A Magnificent Nightmare e A Vicious Dream]
||«Ce ne pentiremo entrambi di questa scelta.»
«L'unico tuo pentimento sarà quello di esserti negata a me troppo a lu...
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𝙰𝚜𝚝𝚛𝚒𝚍
Privata della possibilità di vedere, la paura muta in un sapore ancora più amaro, mi fa mancare il fiato ma non permetto a quel sentimento di affogarmi, non ancora.
Respiro profondamente, sento la pesantezza opprimente di ogni pensiero che occupa la mia testa e manda in loop le stesse parole più e più volte.
Yana è viva.
Quella bambina che io credevo morta, per cui mi sentivo in colpa, per cui volevo diventare più forte perché pativo l'impotenza di fronte alla sua morte e quella dei miei veri genitori, è viva.
Come è possibile?
Come se non fosse già abbastanza Viktor lo sapeva. Sapeva di Yana e non mi ha detto niente. Aveva persino un accordo con lei. Un accordo riguardo a me, ma perché?
Perché mi l'ha tenuto nascosto?
Perché ha dovuto farmi una cosa simile adesso che cominciavo a vederlo con la stessa importanza con cui guarderei una persona di cui mi fido profondamente?
Lo sbilanciamento dell'auto distrae i miei pensieri ancora in fuga dalla realtà. La macchina fa troppi sbalzi per trovarsi ancora su una strada di città.
Stiamo percuotendo una strada non asfaltata e a giudicare dal rumore quasi assente di altre macchine, presumibilmente anche non trafficata.
Mi stringo nelle spalle, ho il corpo scosso da tremori fuori controllo e respirare a fondo non mi aiuta più a restare calma.
Da quanto tempo sono qui? Quanto tempo non sono più al sicuro?
Dopo un altro po' di quella strada tortuosa, la macchina rallenta per poi fermarsi definitivamente. Il mio cuore accelera, assaporo quel timore che mi stordisce gradualmente e riconosco bene una parte di quel raggelo che provo, l'ho già vissuto quella volta in Florida.
Sento le portiere dell'auto aprirsi, uno spiacevole nodo allo stomaco mi congela il sangue, brividi freddi percorrono la mia pelle per tutto il tempo che resto in attesa. Le mie mani sono ancora libere, potrei alzarle, togliere quel panno dalla mia testa e capire dove mi trovo, tentare una via di fuga invece sono bloccata. Sono finita in un altro di quegli incubi dove i miei arti non mi danno retta, dove ogni emozione macabra sta in carica e non mi fa agire.
Delle dita estranee avvolgono il mio braccio, stringono la mia carne e mi trascinano con forza fuori dall'auto, mi trattano come se fossi insensibile al dolore.
Mi sfugge un affanno per il dolore che provo da quella presa, ma la mano continua a stringere e comincio a pensare che lo faccia di proposito, che voglia ferirmi. «Maledetta troia.» sussurra l'uomo, Alan, costringendomi a seguire il suo passo sopra quel terreno irregolare. Non comprendo il suo astio nei miei confronti ma quelle parole aumentano la mia ansia.