𝐋𝐚 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 è disponibile anche su Amazon, divisa in due volumi [A Magnificent Nightmare e A Vicious Dream]
||«Ce ne pentiremo entrambi di questa scelta.»
«L'unico tuo pentimento sarà quello di esserti negata a me troppo a lu...
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Eccomi qua con la seconda parte della storia di Astrid e Viktor! Per chi fosse interessat* la prima parte è disponibile su Amazon, date un'occhiata se volete e fatemi sapere che ne pensate! Buona lettura!❤
Prologo
𝚅𝚒𝚔𝚝𝚘𝚛
Sette anni prima.
Manhattan, NY, Stati Uniti.
Il mio nome è messo per l'ennesima volta su un libro paga di un americano corrotto, uno di quegli che ti guardano con occhi da martire, si fingono dei buoni solo perché fanno fare agli altri il lavoro che sulle loro mani peserebbe il doppio. Chi non sa danzare con i propri peccati, chi non sa vedere nel buio altro buio non può vivere senza rimorsi e gli uomini che mi pagano sono tutti dei finti santi, pieni rimorsi, si leccano la coscienza con innocenza fatta di buchi e cecità.
Il vuoto che sento quando il killer manovra i fili della mia percezione è come il gusto del veleno che bevo, quella dannata vodka che mi brucia le viscere ma che mi fa sentire vivo, mi fa sentire ancora tutto intero dentro questa vita fatta di ombre in mezzo a cui io faccio la belva.
Ombre fatte di sangue.
Sangue fatto di ricordi.
Sono tutti dei peccatori, anche colui che si crede innocente ha sangue di peccatore. A questo mondo sono le persone come me a estirpare la loro colpevolezza, sono le persone come me a far sì che la loro parodia continui.
Scruto tra la folla il mio obiettivo, la talpa di un procuratore del Mossad. La somma che mi hanno offerta per la sua morte accidentale farà gioire il mio conto in banca a Zurigo.
Non lo vedo teso, il party di beneficienza è ormai il terzo a cui partecipa questa settimana, di certo non sa che sarà anche l'ultimo.
«Si sta preparando ad uscire.» mi comunica Vanya in russo all'auricolare nascosto nell'orecchio. Vanya è un disertore. Ha lasciato l'esercito russo cinque anni fa, dopo che uno dei suoi ufficiali lo ha costretto ad abusare di una ragazzina durante una missione in Afghanistan. Non l'ha fatto, non c'ha pensato e ha conficcato una pallottola in testa a un suo superiore. Darsi alla fuga subito dopo è stato inevitabile, ma sotto falso nome e sotto il mio comando non sconterà ancora la sua pena.
«Sai cosa fare.» mormoro appoggiando il bicchiere della schifosissima vodka che ho chiesto al barman e lentamente, senza dare nell'occhio sto dietro al mio obiettivo da una distanza non troppo ravvicinata. Una dozzina di invitati separano lui e le sue due guardie da me, da colui che tiene il countdown della sua fine.
Una donna gli si avvicina quando è quasi all'uscita. Dev'essere la curatrice d'arte che ha procurato le opere esposte all'asta per questo evento. Accanto a lei, nascosta quasi per intero dalla donna, intravedo una ragazzina.
Faccio un passo di lato per scrutare meglio la loro conversazione anche se in quel momento sono più curioso di vedere quella figura nascosta e che mi sembra quasi che mi sfugga di proposito. La talpa tende la mano alla ragazzina e vedo la sua mano sottile e magra scomparire in quella stretta. L'uomo morto le sta dicendo qualcosa con quel suo falso portamento da uomo innocente e in quel momento la donna si sposta di lato, di pochi centimetri e finalmente riesco a vedere il viso sorridente della ragazza. Le sue labbra si piegano dietro la sua smagliante luce di innocenza pura, un grazioso volto la cui fronte è nascosta da una folta frangia che la fa sembrare più matura e una folta chioma ramata che le ricade dietre le spalle sottili. Avrà sui diciotto anni non di più e non di meno. Una sola fossetta spicca all'angolo di quel sorriso, un solo particolare che ha qualcosa di letale. Più giù il suo corpo tonico avvolto in un vestito nero, la fa sembrare una bambola di porcellana, fragile da rompere e preziosa da custodire. Un pezzo raro di tenere sotto i denti.
La talpa gli lascia andare la mano, il suo sorriso si fa piccolo, i suoi occhi sottili e attenti e di colpo qualcosa in quella strana aura mi stuzzica.
Qualcosa mi dice che devo averla, qualcosa mi dice che quel sorriso dev'essere rivolto solo a me, che quelli occhi mi devono guardare mentre lascio le mie impronte da belva sopra quella porcellana, mentre incido il mio passare.
Sono abituato ad avere tutto ma mai a volere qualcosa in questo modo. Stringo i denti, i miei muscoli sono rigidi, il mio respiro è denso simile agli attimi in cui so che sto per sporcarmi le mani.
L'altra donna le accarezza la guancia con quel dolce richiamo materno e io freno ogni impulso.
Non è tangibile.
È fatta per sfuggirmi, è obbligata a scappare per me.
Sono un killer non un amante e quel suo sguardo lo saprebbe. Saprebbe di che pasta sono fatto e farebbe di tutto per starmi alla larga, farebbe di tutto per sfuggire al piacere che potrei darle.
La talpa le saluta entrambe e io torno nel mio mondo, lontano dal suo.
Forse un giorno ci rincontreremo mia dolce zayka e allora ti farò mia.