Mezzanotte.
La luna illuminava il cielo come un faro in mezzo all’oceano più buio, una speranza nel terrore.
Azazel aveva le mani macchiate di sangue quando lasciò la discoteca, laddove uomini e donne se ne stavano attorno alla sua vittima ad osservare il liquido rosso macchiare la pista, fino a colorare le solette delle loro scarpe e le punte dei loro tacchi.
La polizia arrivò presto, ma Azazel si era già avviato verso casa nella speranza di risentire quell’adrenalina che lo lasciava in sospeso tra la vita e la morte, il cielo e la terra, la paura e la gioia. La sua mano girava al massimo l’acceleratore, ormai macchiato del dolce sangue della Signorina Rodriguez. Alta, dalle forme perfette e la carnagione scura come gli abissi, si era posata così elegantemente sul pavimento della discoteca da non creare alcun rumore. E quel poco che si sarebbe potuto udire, venne completamente nascosto dalla musica assordante.
“La figlia della Signora Penelope Rodriguez” ecco come l’avrebbero definita nei notiziari delle ore successive. E avrebbero segnalato l’arrivo di un nuovo killer in città, o magari avrebbero accusato qualche molestatore. O ancora meglio, avrebbero individuato nell’omicidio una minaccia da parte di qualcuno che odiasse la Signora Rodriguez. Ma mai e poi mai avrebbero sospettato di Azazel, che non aveva lasciato una singola traccia del suo passaggio. Ne tantomeno del Signor Atkins, conosciuto come un insignificante uomo d’affari e politico di poco calibro. In verità, era tutta opera sua. Il Signor Atkins aveva un piano ben preciso, un piano in cui lui aveva il ruolo del giocatore, il mondo era la scacchiera e la sua squadra le pedine più forti. Le altre, invece, erano tutti quei poliziotti e politici che aveva corrotto per rimanere nascosto dal resto del mondo. Dall’altra parte della partita, le pedine venivano eliminate dalla scacchiera quando, come e dove il Signor Atkins voleva. A quel punto, delle domande sorgevano spontanee: “Come faceva quell’uomo ad avere in pugno tutta quella gente? Come faceva a controllare anche le mosse dei suoi avversari?”.
La risposta era semplice: il Signor Atkins, in verità, non era un giocatore seduto su una sedia di pelle in attesa delle mosse del nemico che aveva di fronte… Lui era l’arbitro, il fondatore delle regole e il proclamatore delle leggi. Come? Azazel scoprì che il Signor Atkins avesse in pugno l’intero sistema dopo aver passato metà della sua vita a collezionare informazioni che lo rendessero intoccabile. L’FBI, la CIA e qualsiasi altra organizzazione investigativa non poteva lavorare sul suo caso perché quell’uomo era ormai “una bomba ad orologeria”. Il governo insabbiava il suo sporco lavoro per evitare che le informazioni venissero divulgate e il sistema crollasse del tutto. Sommando, si poteva dire che il Signor Atkins avesse l’intera America in pugno. E Azazel era la sua pedina più forte, il suo asso nella manica e colui che gli avrebbe spianato la strada per la vittoria.
Molte cose, però, non gli risultavano chiare, come il vero obiettivo di quel piano o il criterio con cui fossero stati scelti quei particolari membri della squadra. O ancora, il motivo per cui Eren fosse lì. E infine, cosa il Signor Atkins sapesse della sua vita.
Quei dubbi si fecero assordanti quando superò la soglia del cancello. Si fermò ad osservare quelle due vie, come se stesse cercando di scegliere tra il dubbio e la verità, la sottomissione e la scoperta. Scese dalla moto, tolse il casco… La sua curiosità prese il sopravvento, si impossessò del suo corpo per fargli raggiungere la casa in cui alloggiava la famiglia Atkins. I suoi piedi si mossero scaltri e silenziosi tra l’erba del prato e gli scalini, le sue mani aprirono agilmente la porta senza produrre alcun rumore. Il fruscio del vento entrò per qualche istante nell’atrio, poi venne bloccato dalla porta in vetro che richiuse alle sue spalle. Il buio e silenzio, adesso, danzavano impeccabilmente. Ad ogni piccolo passo tra un corridoio e un altro, Azazel poteva sentire i calmi respiri della famiglia Atkins, i cui componenti riposavano nei propri letti e nelle proprie camere. Udiva un respiro in meno, ma non prestò attenzione a quel particolare… Capitava spesso, infatti, che la figlia tardasse ad arrivare la notte. Dall’altra parte del corridoio, lo studio del capo si presentava come la più grande tra le stanze. Accanto alla finestra, la luce della luna entrava di soppiatto e si rifletteva sulle bottiglie di whisky che riposavano l’una accanto all’altra su un tavolino in legno pregiato. La puzza di sigaro sembrava essersi attaccata alle pareti e l’odore di quel whisky riempiva l’aria con eleganza. Nella parte opposta alla scrivania si espandeva una grande libreria piena di enciclopedie e documenti, libri di scienze e opere classiche. Azazel non ci pensò due volte ad avvicinarsi, aveva come la sensazione di poter trovare qualcosa in mezzo a quei libri impolverati, dove vecchie foto e quaderni rovinati riempivano gli spazi vuoti. Il padre del Signor Atkins era il protagonista di una di quelle foto ingiallite, e al suo fianco due uomini posavano con una mano sulle sue spalle. Le sue attenzioni caddero presto sul signore alla sua destra, le cui forme sottili venivano coperte dal grembiule bianco. Aveva i capelli di un biondo spento, gli occhi chiari ma dal colore indecifrabile per via del giallore dell’immagine. Non aveva un braccio e portava una bandana nera all’occhio destro, facendolo apparire come un mercenario oramai ritiratosi dalla guerra.
Poi portò le sue attenzioni verso l’altro, per metà ricoperto da una macchia scura. Azazel afferrò la cornice, si avvicinò alla finestra e lasciò che il poco bagliore della luna e delle stelle illuminasse la foto. Quasi gli cadde dalle mani quando riuscì a riconoscere quell’uomo… Barba folta, capelli castani come foglie appassite e occhi blu come la notte più oscura. Aveva visto spesso quel volto tra le foto attaccate alle pareti del vecchio studio di suo padre.
Rabbrividì quando comprese che si trattasse di suo nonno. Il corvino si gelò sul posto e sgranò gli occhi, come se stesse cercando qualcosa che lo distinguesse da lui. Ma più guardava l’immagine, più ne notava la raccapricciante somiglianza. Il neo sulla guancia destra, la cicatrice sul collo, il mignolo tagliato a metà. Una nube di domande lo mandò in confusione, non riusciva a darsi una spiegazione a tutto questo. Poi, però, qualcosa riaffiorò nella sua mente...
Azazel aveva vissuto gran parte della sua vita nel seminterrato. Lì, tra torri di polvere e attrezzi affollati sulle superfici dei mobili, passava le giornate a cercare di capire cosa fossero tutti quei numeri e quelle lettere sulla lavagna. "Formule"... Così le chiamavano suo padre e gli altri due scienziati. Non sapendo come trascorrere il tempo, il piccolo comprese pian piano di cosa si trattasse. Tra ciò che usciva dalle bocche dei tre uomini e le capacità cognitive potenziate dal siero, Azazel raccolse i pezzi di quel complesso puzzle. Aveva quasi tredici anni quando aprì per la prima volta quel diario. "A. D. D." erano le iniziali che amava sfiorare con le dita perché in rilievo sulla copertina in cuoio. La sua fervida immaginazione gli fece credere che si trattasse della sigla del progetto a cui aveva involontariamente preso parte.
Sfogliando il quaderno, trovò immense pagine di numeri, parole, indicazioni, controindicazioni, ingredienti...
Riconobbe immediatamente le formule, le stesse scritte su quella gigantesca lavagna. Arrivato all'ultima pagina, trovò una foto.
Era la stessa che stava tenendo in mano in quel momento.
Azazel maledisse il sé tredicenne per non aver mai controllato se nel retro della foto ci fossero scritti i nomi, forse avrebbe risparmiato tempo a cercare il presunto assassino di suo padre. Ma non poteva essere il padre del Signor Atkins, essendo morto prima dell'incidente... La risposta non poteva quindi essere che il terzo uomo presente nella foto. Azazel smontò la cornice della foto. Eccoli, i tre nomi.
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L'OCCHIO DEL DIAVOLO (LA MALEDIZIONE DELL'UNIVERSO #1)
RomanceGli occhi sono davvero lo specchio dell'anima? Nonostante non ci sia una vera e propria risposta a questa domanda, coloro che sono entrati in quell'occhio e hanno avuto la fortuna di uscirne vivi raccontano di aver visto l'anima del Diavolo al suo i...