- DI NUOVO ESSERE UMANO -

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Dentro quella camera dominava il silenzio di due note musicali perse tra le righe del pentagramma. Il foglio era oramai giunto alla conclusione e quella melodia stonava per la loro incompatibilità. L’udito del pianista percepiva quel suono sgradevole ma, per quanto cercasse di sistemarla, quelle note si sarebbero sempre cercate l’un l’altra tra quelle righe. Azazel puntò gli occhi su quella nota, ma Eren sembrò non volerlo cercare.
«Sto andando da Maya.» disse lui, spezzando quel silenzio così stonato. Pochi attimi prima, un’auto aveva fatto il suo ingresso all’interno della villa. E nonostante la pioggia avesse coperto il rumore delle ruote sull’asfalto, Azazel vide quel veicolo farsi sempre più vicino dalla finestra.
«Mh.» rispose il rosso, senza smettere di muovere la matita su quel vecchio e stropicciato foglio color crema. Da lontano, Azazel notò il protagonista di quel disegno: una figura nera dinanzi a una finestra… Era lui. Eppure, era strano. Non gli staccò gli occhi di dosso se non quando udì il cancello aprirsi; perciò, era sicuro che Eren non lo avesse guardato. E la posizione assunta da quella figura non era neanche uguale alla sua. Eren era arrabbiato, perciò stava disegnando per puro sfogo… E preferì immaginare piuttosto che guardare davvero. D’altro canto, non riusciva a togliersi Azazel dalla testa neanche nei momenti in cui le sue emozioni lo schiacciavano. Ma per non mostrare la sua rabbia all’altro, si limitò a dare sfogo alla sua immaginazione. Disegnava in maniera stranamente impassibile. E quella impassibilità mostrava una serenità che il suo viso non incontrava mai. Fronte corrugata dall’ira, occhi tristi e guance bagnate dalle lacrime, un sorriso che di sorriso non aveva niente. Eren aveva costantemente il viso contorto dalle sue emozioni. Ma quando disegnava, Azazel riusciva a vedere in quella impassibilità il suo vero volto.
«Non vuoi sapere il perché?» gli chiese, solo dopo attimi sfuggenti. Il rosso alzò le spalle, mostrando ancora una volta quella tranquillità che lasciava agli occhi la possibilità di mostrare le sue vere emozioni. Perciò si avvicinò, infine si sedette al suo fianco.
«Voglio spiegarle tutto.» aggiunse.
«Non dovresti spiegare a me prima?»
Finalmente, le iridi verdi di Eren si sollevarono con tutto il suo polverone di emozioni, incontrando il magnifico cielo nuvoloso di Azazel. Il corvino sospirò quasi impercettibilmente… In quel verde, aveva letto qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere su di lui.
«Quello che c’è stato tra te e Bryan, o tra te e Maya… Come posso fidarmi di te se non mi dici niente?»
Fiducia… I suoi occhi erano spenti per l’assenza di fiducia.
Ma Eren aveva decisamente usato una parola sbagliata.
Come poteva parlare proprio lui di fiducia?
Proprio lui che aveva preso il suo cuore e lo aveva osservato mentre le sue mani lo riducevano in cenere. E aveva dato il suo ad un uomo che non faceva altro che pugnalarlo per ottenere sempre più sangue. Il rumore che Azazel cercò in tutti i modi di soccombere tornò a galla nonostante il suo peso. D’un tratto, tutto quel dolore gli appesantì il petto a tal punto da non riuscire a parlare. Eren era calmo, ma quella illusa serenità non faceva altro che rendere tesa la corda del violino che il maggiore aveva dentro. Stava stridendo sotto le mani incapaci di un giovane musicista.
«Parlami.» sussurrò poi, abbassando lo sguardo sulle labbra del corvino.
«Voglio che tu mi dica la verità, Azazel.»
«Quale verità?» domandò il maggiore, e anche lui cascò nella trappola lussuriosa di Eren.
«Cosa è successo fra te e quei due?»
«Nulla di rilevante, questo lo sai già.» rispose lui, mentre i suoi occhi si alternavano tra iridi e labbra.
«Come posso assicurarmi che tu stia dicendo la verità?»
Silenzio. Azazel venne improvvisamente stravolto dall’immagine che si parò improvvisa davanti a sé. Ancora una volta, gli occhi di Eren si stavano bagnando a causa sua.
«Altrimenti non sarei qui con te, non credi?» sussurrò il maggiore, avvicinandosi al suo volto. Eren sospirò e distolse lo sguardo per non lasciarsi incatenare ancora una volta dall’oscurità dell’altro. Tirò su col naso e, infine, tornò a disegnare.
«Cosa dirai a Maya?» chiese, cambiando discorso. Lui non era fatto per la fiducia. Azazel deglutì, mandando via il nodo alla gola che gli impediva di respirare. Al suo fianco, non si sentiva più al sicuro. Ma al suo fianco, avrebbe sempre provato quella sensazione che tanto lo mandava fuori di testa.
«Che quello che c’è stato tra di noi è stato un errore.»
«E cosa c’è stato?»
Ancora una volta, Eren alzò gli occhi su quel ragazzo. Stavolta, però, la loro forma tagliente impedirono ad Azazel di comprendere quanto disperatamente volesse una risposta a quella domanda. E non rispose… O almeno, non ebbe il tempo di farlo.
Eren ghignò, ma quel suono echeggiò nella stanza con una tristezza infinita. E Azazel si chiese ancora una volta per quale motivo si ostinasse così tanto a mostrare emozioni che non gli appartenevano davvero. Era questione di fiducia o era una conseguenza del suo disturbo?
«Niente di che, immagino.» disse il minore, prima di alzarsi dal letto. L’attimo dopo, il rumore di carta strappata riempì l’aria. E infine, i frammenti di quel disegno caddero ai piedi del più grande.
«Dille di stare alla larga, Azazel. A meno che non voglia scoprire se sia più letale e rapida un’iniezione di veleno o una pugnalata al petto». Eren lasciò dietro di sé una scia di cattiveria, Azazel percepiva quell’odore quando il rosso si ritrovava ad uccidere in missione. Un leggero brivido di paura gli attraversò la schiena. Quel giorno, comprese che Eren fosse diventato un assassino per pura scelta.

L'OCCHIO DEL DIAVOLO (LA MALEDIZIONE DELL'UNIVERSO #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora